Cass. civ. n. 3865/2020
Per la configurabilità di atti di concorrenza sleale contrari ai principi della correttezza professionale, commessi per mezzo dello storno di dipendenti e/o collaboratori, è necessario che l'attività distrattiva delle risorse di personale dell'imprenditore sia stata posta in essere dal concorrente con modalità tali da non potersi giustificare, in rapporto ai principi di correttezza professionale, se non supponendo nell'autore l'intento di recare pregiudizio all'organizzazione ed alla struttura produttiva del concorrente, disgregando in modo traumatico l'efficienza dell'organizzazione aziendale del competitore e procurandosi un vantaggio competitivo indebito; a tal fine assumono rilievo innanzitutto le modalità del passaggio dei dipendenti e collaboratori dall'una all'altra impresa, che non può che essere diretto, ancorché eventualmente dissimulato, per potersi configurare un'attività di storno, la quantità e la qualità del personale stornato, la sua posizione nell'ambito dell'organigramma dell'impresa concorrente, le difficoltà ricollegabili alla sua sostituzione e i metodi adottati per indurre i dipendenti e/o collaboratori a passare all'impresa concorrente.
Cass. civ. n. 10715/2016
Il divieto di concorrenza, previsto dall'art. 2301 c.c. con riguardo ai soci di società in nome collettivo, è applicabile nei confronti dei soli soci accomandatari di società in accomandita semplice, che, per il combinato disposto degli artt. 2315 e 2318 c.c., hanno i diritti e gli obblighi dei soci della società in nome collettivo, e non anche per i soci accomandanti, salvo che per questi ultimi non sia pattiziamente previsto con una disposizione contenuta nel contratto sociale.
Cass. civ. n. 1301/1990
Il consenso degli altri soci all'attività concorrenziale del singolo socio, ai sensi ed agli effetti dell'art. 2301 c.c., integrando rinuncia ad un diritto disponibile, opera a prescindere dalle ragioni che lo abbiano determinato, resta fermo nonostante eventuali ripensamenti successivi e può essere espresso anche tacitamente, per
facta concludentia. (Nella specie, collaborazione professionale prestata per il buon esito dell'iniziativa imprenditoriale del socio).
Cass. civ. n. 2176/1977
Qualora il socio di una società in nome collettivo incorra in violazione del divieto di concorrenza, previsto dall'art. 2301 primo comma c.c., la legittimazione ad agire per il risarcimento dei danni, ai sensi del terzo comma della norma medesima, spetta esclusivamente alla società, e non, quindi, al singolo socio. Questo principio opera anche nel caso di società formata da due soli soci, ovvero di società messa in liquidazione, in quanto pure in tali ipotesi non viene meno l'autonomia della società stessa, quale entità distinta dai soci, con un proprio patrimonio e con una propria capacità di agire a tutela del medesimo, a mezzo dei legali rappresentanti (nel caso di liquidazione, a mezzo dei liquidatori ai sensi dell'art. 2310 c.c.).
Cass. civ. n. 1977/1973
L'attività concorrenziale del socio di una società in nome collettivo può costituire violazione del divieto di concorrenza di cui all'art. 2301 c.c. anche quando si concreta nella costituzione, da parte del socio stesso, di una società a responsabilità limitata con identico oggetto, della quale egli assuma la titolarità esclusiva del capitale e la qualità di amministratore.
Cass. civ. n. 3869/1968
Legittimata a proporre l'azione prevista dall'art. 2301 c.c. (risarcimento di danni per illecita concorrenza) è unicamente la società.