La norma distingue i presupposti per la
revoca della facoltà di amministrare in relazione alle modalità con le quali la stessa è stata attribuita al socio.
Qualora il socio sia stato nominato amministratore dal
contratto sociale, la revoca dovrà essere decisa all’
unanimità dei consensi dei soci e dovrà in ogni caso fondarsi sulla sussistenza di una
giusta causa di revoca.
Nel caso in cui la nomina sia stata disposta con
atto separato rispetto al contratto sociale, alla revoca dovranno applicarsi le norme dettate dalla disciplina del
mandato. Se ne deduce che in quest’ultima ipotesi, la revoca sarà efficace anche in assenza di giusta causa, pur dovendo la società risarcire i danni patiti dall’amministratore, qualora fosse stata pattuita l’irrevocabilità del mandato (art.
1723).
Il terzo comma della disposizione prescrive infine che, al di là delle modalità di conferimento della facoltà di amministrare, ogni socio possa richiedere la
revoca giudiziale dell’amministratore, dimostrando l’esistenza di una
giusta causa di revoca. La giurisprudenza ritiene che i soci possano agire in sede cautelare ex art.
700 c.p.c. per richiedere l’anticipazione degli effetti della revoca.
La
giusta causa deve essere intesa come evento che rende impossibile il normale proseguimento del rapporto di amministrazione; evento che può coincidere con la violazione dei doveri che gravano sull’amministratore oppure consistere in fatti ad egli non imputabili.
Mentre la deliberazione che abbia ad oggetto l’
esclusione del socio comporta l’inevitabile revoca della facoltà di amministrare, la revoca dell’amministratore non incide sulla qualità di socio.