L'abuso del mandato. Effetti
Il mandatario agisce per conto di altri e deve quindi mantenersi nell'ambito dei poteri conferitigli. Se abusa del mandato, l'atto che compie resta a suo carico.
Era questa la soluzione espressamente indicata dall'art. 383 dell'abrogato codice di commercio. Essa è perfettamente logica, e aderente alla struttura del rapporto.
Il mandatario infatti quando contratta in nome proprio acquista diritti e assume obblighi per sé (art. 1705). Gli acquisti e gli obblighi passano nei modi indicati dall'art. 1706 nel patrimonio del mandante a causa dei rapporti interni esistenti tra mandante e mandatario in dipendenza del mandato. Se detti rapporti sono superati manca il tramite necessario e sufficiente, che è un presupposto della legge, per il trasferimento dei diritti e degli obblighi nel patrimonio del mandante. Nessun danno può derivare al terzo contraente poiché egli contratta col mandatario e sa che nei suoi confronti questo soltanto assume obblighi e acquista diritti. Sa che questo è il risultato della contrattazione anche se mentre contratta è a conoscenza dell'esistenza del mandato. Per la procura si verificano situazioni diverse con effetti diversi a norma degli articoli 1388 e 1398.
Si rinvia al commento di detti articoli, accennando che quando il procuratore abusa dei suoi poteri: a) non obbliga il rappresentato perché, come risulta dai termini dell'art. 1388, intanto il contratto concluso dal rappresentante produce direttamente effetto nei confronti del rappresentato in quanto il rappresentante agisce «nei limiti delle facoltà conferitegli»; b) risponde a norma dell'art. 1398 del danno che il terzo contraente ha sofferto per aver confidato senza sua colpa nella validità del contratto, prestandogli il cosiddetto interesse negativo.
Quantunque l'art. 1711 preveda espressamente solo il caso di eccesso nel mandato, la disposizione si applica anche nell'altro caso di difetto del mandato: il terzo e il falso mandatario rimangono ugualmente qualificati come i subietti del rapporto secondo la previsione legislativa.
La ratifica
L'eccesso nel mandato può essere sanato dalla ratifica del mandante. La stessa possibilità sussiste per la procura (art. 1399).
Però, l'ambito di azione della ratifica è diverso nei due casi. Nel mandato la ratifica opera nei rapporti interni tra mandante e mandatario: vi è un contratto perfetto concluso fra terzo e mandatario che passa nella sfera patrimoniale del mandante. Nella procura la ratifica opera anche nei rapporti del terzo contraente, in quanto deve essere portata a conoscenza del terzo perché gli effetti del negozio rappresentativo si producano direttamente nella persona del rappresentato: nella procura la ratifica è elemento costitutivo del negozio.
La retroattività della ratifica. La possibilità di sciogliere il contratto prima della ratifica. La trasmissibilità della facoltà di ratifica
Il principio della retroattività della ratifica, salvi i diritti acquistati medio tempore dai terzi, affermato dall'art. 1399 per la procura, vale anche per il mandato.
A proposito della procura lo stesso articolo, 3°comma, risolvendo una vecchia questione variamente intesa in relazione ai diversi modi di vedere circa la condizione del negozio rappresentativo prima della ratifica, dispone che il terzo e chi ha contrattato come rappresentante possono d'accordo sciogliere il contratto prima della ratifica.
La stessa possibilità sussiste anche per il mandato.
Il fondamento di tale possibilità per il mandato risiede nell'efficacia dell'accordo delle parti: come l'accordo vale a stringere un vincolo contrattuale così vale anche a scioglierlo dopo che si è costituito.
Si applica anche al mandato l'altra regola dell'art. 1399, 5°comma, che la facoltà di ratifica si trasmette agli eredi. Non si applica invece la norma del 4°comma, che autorizza il terzo contraente a invitare l'interessato a pronunciarsi sulla ratifica assegnandogli un termine, dopo la scadenza del quale la ratifica s'intende negata. Come si è visto, l'art. 1705 testualmente dispone che «i terzi non hanno alcun rapporto col mandante».
Quando il mandatario può discostarsi dalle istruzioni ricevute
Il secondo comma dell'art. 1711 pone indirettamente la norma della obbligatorietà per il mandatario delle istruzioni del mandante.
Sul presupposto di tale obbligatorietà aggiunge, uniformandosi a un'esigenza logica imposta dalla regolare esecuzione del mandato, che il mandatario può discostarsi dalle istruzioni ricevute qualora circostanze ignote al mandante, che non gli possono essere comunicate in tempo, facciano ragionevolmente ritenere che lo stesso mandante avrebbe data l'approvazione. Questo temperamento all'obbligo di eseguire le istruzioni del mandante, già ammesso dalla dottrina e dalla giurisprudenza sotto l'impero dei codici precedenti, si giustifica col principio che il mandatario è organo di volontà non già prestatore d'opera e con le finalità del rapporto, tra le quali primeggia la migliore realizzazione dell'interesse del mandante.
La ragionevolezza dell'opinione del mandatario dell'approvazione del mandante si determina caso per caso con riguardo alla diligenza del buon padre di famiglia che il mandatario deve prestare.