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Articolo 1711 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 06/02/2025]

Limiti del mandato

Dispositivo dell'art. 1711 Codice Civile

Il mandatario non può eccedere i limiti fissati nel mandato(1). L'atto che esorbita dal mandato(2) resta a carico del mandatario 1717, se il mandante non lo ratifica [1712 comma 2](3).

Il mandatario può discostarsi dalle istruzioni ricevute qualora circostanze ignote al mandante, e tali che non possano essergli comunicate in tempo, facciano ragionevolmente ritenere che lo stesso mandante avrebbe dato la sua approvazione.

Note

(1) Se il mandatario eccede i limiti dell'incarico o persegue scopi diversi da quelli che gli sono stati affidati si parla di eccesso di mandato.
(2) Si deve distinguere a seconda che il mandato sia con rappresentanza (1704 c.c.) o meno (1705 c.c.). Se vi è la rappresentanza è necessario, ulteriormente, verificare se vengono anche superati i limiti alla procura: se è così, vi è rappresentanza senza potere (1388, 1389 c.c.); se non si eccede la procura, nei rapporti tra mandante e mandatario c'è solo inadempimento al mandato (1218 c.c.) mentre verso i terzi risponde il mandante, salvo poter agire in regresso verso il mandatario.
In caso di mandato senza rappresentanza, se il mandatario agisce oltre l'incarico conferito ciò rileva solo nei suoi rapporti con il mandante, non nei confronti dei terzi, i quali hanno solo rapporti con il primo.
(3) La ratifica è atto unilaterale soggetto alla forma del contratto da ratificare, se si tratta di contratto formale (1399 c.c.).

Ratio Legis

Se il mandatario agisce oltre i limiti dell'incarico conferito, l'attività ulteriore è posta in essere in carenza di potere e, pertanto, è imputabile solo al mandatario stesso.
Nel secondo comma il legislatore consente al mandatario di discostarsi dalle istruzioni formali quando è presumibile che ciò rispetti la effettiva volontà del mandante.

Brocardi

Ratihabitio
Ratihabitio mandato comparatur

Spiegazione dell'art. 1711 Codice Civile

L'abuso del mandato. Effetti

Il mandatario agisce per conto di altri e deve quindi mantenersi nell'ambito dei poteri conferitigli. Se abusa del mandato, l'atto che compie resta a suo carico.
Era questa la soluzione espressamente indicata dall'art. 383 dell'abrogato codice di commercio. Essa è perfettamente logica, e aderente alla struttura del rapporto.
Il mandatario infatti quando contratta in nome proprio acquista diritti e assume obblighi per sé (art. 1705). Gli acquisti e gli obblighi passano nei modi indicati dall'art. 1706 nel patrimonio del mandante a causa dei rapporti interni esistenti tra mandante e mandatario in dipendenza del mandato. Se detti rapporti sono superati manca il tramite necessario e sufficiente, che è un presupposto della legge, per il trasferimento dei diritti e degli obblighi nel patrimonio del mandante. Nessun danno può derivare al terzo contraente poiché egli contratta col mandatario e sa che nei suoi confronti questo soltanto assume obblighi e acquista diritti. Sa che questo è il risultato della contrattazione anche se mentre contratta è a conoscenza dell'esistenza del mandato. Per la procura si verificano situazioni diverse con effetti diversi a norma degli articoli 1388 e 1398.
Si rinvia al commento di detti articoli, accennando che quando il procuratore abusa dei suoi poteri: a) non obbliga il rappresentato perché, come risulta dai termini dell'art. 1388, intanto il contratto concluso dal rappresentante produce direttamente effetto nei confronti del rappresentato in quanto il rappresentante agisce «nei limiti delle facoltà conferitegli»; b) risponde a norma dell'art. 1398 del danno che il terzo contraente ha sofferto per aver confidato senza sua colpa nella validità del contratto, prestandogli il cosiddetto interesse negativo.

Quantunque l'art. 1711 preveda espressamente solo il caso di eccesso nel mandato, la disposizione si applica anche nell'altro caso di difetto del mandato: il terzo e il falso mandatario rimangono ugualmente qualificati come i subietti del rapporto secondo la previsione legislativa.


La ratifica

L'eccesso nel mandato può essere sanato dalla ratifica del mandante. La stessa possibilità sussiste per la procura (art. 1399).
Però, l'ambito di azione della ratifica è diverso nei due casi. Nel mandato la ratifica opera nei rapporti interni tra mandante e mandatario: vi è un contratto perfetto concluso fra terzo e mandatario che passa nella sfera patrimoniale del mandante. Nella procura la ratifica opera anche nei rapporti del terzo contraente, in quanto deve essere portata a conoscenza del terzo perché gli effetti del negozio rappresentativo si producano direttamente nella persona del rappresentato: nella procura la ratifica è elemento costitutivo del negozio.


La retroattività della ratifica. La possibilità di sciogliere il contratto prima della ratifica. La trasmissibilità della facoltà di ratifica

Il principio della retroattività della ratifica, salvi i diritti acquistati medio tempore dai terzi, affermato dall'art. 1399 per la procura, vale anche per il mandato.
A proposito della procura lo stesso articolo, 3°comma, risolvendo una vecchia questione variamente intesa in relazione ai diversi modi di vedere circa la condizione del negozio rappresentativo prima della ratifica, dispone che il terzo e chi ha contrattato come rappresentante possono d'accordo sciogliere il contratto prima della ratifica.
La stessa possibilità sussiste anche per il mandato.
Il fondamento di tale possibilità per il mandato risiede nell'efficacia dell'accordo delle parti: come l'accordo vale a stringere un vincolo contrattuale così vale anche a scioglierlo dopo che si è costituito.

Si applica anche al mandato l'altra regola dell'art. 1399, 5°comma, che la facoltà di ratifica si trasmette agli eredi. Non si applica invece la norma del 4°comma, che autorizza il terzo contraente a invitare l'interessato a pronunciarsi sulla ratifica assegnandogli un termine, dopo la scadenza del quale la ratifica s'intende negata. Come si è visto, l'art. 1705 testualmente dispone che «i terzi non hanno alcun rapporto col mandante».


Quando il mandatario può discostarsi dalle istruzioni ricevute

Il secondo comma dell'art. 1711 pone indirettamente la norma della obbligatorietà per il mandatario delle istruzioni del mandante.
Sul presupposto di tale obbligatorietà aggiunge, uniformandosi a un'esigenza logica imposta dalla regolare esecuzione del mandato, che il mandatario può discostarsi dalle istruzioni ricevute qualora circostanze ignote al mandante, che non gli possono essere comunicate in tempo, facciano ragionevolmente ritenere che lo stesso mandante avrebbe data l'approvazione. Questo temperamento all'obbligo di eseguire le istruzioni del mandante, già ammesso dalla dottrina e dalla giurisprudenza sotto l'impero dei codici precedenti, si giustifica col principio che il mandatario è organo di volontà non già prestatore d'opera e con le finalità del rapporto, tra le quali primeggia la migliore realizzazione dell'interesse del mandante.
La ragionevolezza dell'opinione del mandatario dell'approvazione del mandante si determina caso per caso con riguardo alla diligenza del buon padre di famiglia che il mandatario deve prestare.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

519 L'obbligo di comunicare al mandante le circostanze sopravvenute anticipa la disciplina, data dal successivo articolo 598, dell'eccesso dai limiti del mandato. Solo infatti la impossibilità di comunicare tempestivamente al mandante le circostanze stesse, unita alla ragionevole opinione che il mandante avrebbe dato la sua approvazione, autorizzano il mandatario a discostarsi dalle istruzioni ricevute.
Questo eccesso, trattato dall'art. 562 del progetto del 1936, è stato da me disciplinato con innovazioni sostanziali.
Infatti aggiungendo che l'opinione del mandatario sulla impossibilità di una cornunicazione tempestiva delle circostanze sopravvenute deve essere ragionevole, ho inteso dire che così deve fondarsi sull'arbitrium boni viri, e non deve essere semplicemente soggettiva e insindacabile dal giudice. Quando non ricorra tale ipotesi, l'atto compiuto dal mandatario oltre i limiti del mandato rimane a suo carico, salva sempre la facoltà di ratifica.

Massime relative all'art. 1711 Codice Civile

Cass. civ. n. 9472/2004

Il mandatario che esegua un pagamento ad un terzo per conto del mandante, non osservando le condizioni stabilite, non è assimilabile al terzo che adempie per il debitore ai sensi dell'art. 1180 c.c., poiché, vigendo tra le parti del rapporto di mandato la regola secondo cui il mandatario non può, nell'esecuzione dell'incarico, discostarsi dalle istruzioni ricevute dal mandante, l'atto giuridico compiuto dal mandatario medesimo oltre i limiti del mandato resta a carico dello stesso a norma dell'art. 1711, primo comma c.c., né rileva che il mandante sia tenuto ad anticipare i mezzi necessari per l'esecuzione del mandato, poiché la disciplina di cui all'art. 1719 c.c. è derogabile mediante patto che, pur senza escludere l'obbligo del mandante di fornire al mandatario i mezzi necessari per l'esecuzione del mandato, ne disciplini diversamente i tempi di attuazione. (Fattispecie relativa a rapporto trilaterale nell'ambito di contratto di produzione cinematografica: la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso l'inadempimento della mandante, poiché i pagamenti erano stati eseguiti senza rispettare lo stato di avanzamento del cortometraggio).

Cass. civ. n. 2387/1997

In tema di esecuzione del mandato, quando il mandatario si discosti dalle specifiche e rigide istruzioni ricevute è superflua la verifica della conformità dell'atto allo scopo e agli interessi del mandante, attesane la contrarietà all'espressa volontà di questi. In tale ipotesi quando la difformità riguardi una clausola del contratto concluso dal mandatario con rappresentanza, alla quale, secondo l'incensurabile apprezzamento del giudice di merito, debba riconoscersi carattere essenziale, l'inefficacia nei confronti del mandante non è limitata alla sola clausola difforme ma riguarda il contratto nella sua globalità.

Cass. civ. n. 12647/1995

L'obbligo del mandatario di discostarsi dalle istruzioni ricevute, nella situazione prevista dall'art. 1711, secondo comma, c.c., non sorge nel caso in cui l'impossibilità di comunicare tempestivamente con il mandante o comunque di provocare un eventuale mutamento delle istruzioni ad opera del mandante medesimo sia imputabile ad un colposo comportamento di quest'ultimo, contrario ai doveri di cooperazione cui egli è tenuto. 

Cass. civ. n. 2802/1995

Il negozio stipulato dal mandatario eccedente i limiti del mandato non è annullabile, ma unicamente inefficace nei confronti del mandante, come resta confermato dal rilievo che esso è suscettibile di ratifica (art. 1711 c.c.). Ne consegue che, in mancanza di ratifica, il negozio compiuto dal mandatario eccedente dai poteri ricevuti dal mandante non è né nullo, né annullabile, ma solo inopponibile nei confronti del mandante ed i suoi effetti si producono nel patrimonio del mandatario, che li assume a suo carico ed ha l'obbligo di tenere indenne il mandante da qualsiasi pregiudizio che possa derivare per il suo patrimonio dalla stipulazione e dalla esecuzione di quel negozio.

Cass. civ. n. 1262/1980

Nel rapporto tra mandante e mandatario, gli effetti e le conseguenze ulteriori dell'atto giuridico compiuto dal mandatario eccedendo i limiti del mandato non ricadono (direttamente o indirettamente, a seconda che si tratti di mandato con o senza rappresentanza) sul patrimonio del mandante, ma, salvo il caso di ratifica, si producono nel patrimonio del mandatario, il quale li assume a suo carico e ha l'obbligo di tenere indenne il patrimonio del mandante da qualsiasi pregiudizio in esso verificatosi a causa di quell'atto giuridico e della sua esecuzione.

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R. V. chiede
venerdì 07/03/2025
“L'amministratore del mio condominio, in una assemblea, non ha accettato che, per un punto all'ordine del giorno in votazione, un condomino esprimesse due voti differenti di cui uno per sé e uno per un altro condomino che lo aveva delegato.
Anche di fronte alle mie rimostranze, l'amministratore ha pervicacemente sostenuto la sua posizione: il voto deve essere il medesimo per il condomino presente in assemblea e per gli eventuali altri condomini che lo hanno delegato.
Da tutto quanto ho letto in materia, la posizione dell'amministratore è palesemente sbagliata (non ho trovato un solo testo che sposasse la tesi dell'amministratore).
Desidererei avere la Vs. opinione con le norme di riferimento, l'iter logico-giuridico seguito ed eventuali sentenze a riguardo (possibilmente di cassazione).”
Consulenza legale i 13/03/2025
In effetti, nel caso specifico, l’amministratore è andato ben oltre le sue prerogative, tra l’altro errando clamorosamente nell'applicazione delle norme di legge. In verità non vi sono sentenze da citare, in quanto il quesito è piuttosto semplice e, per districarlo, è sufficiente applicare le norme di legge e i principi che qualsiasi giurista apprende sui manuali di diritto durante i suoi studi universitari.

Con il rilascio della delega prevista dall’art. 67 delle disp. att. del c.c., il condomino delegante non fa altro che conferire al suo delegato un mandato, il quale trova la sua disciplina, oltre che nell’art. 67 medesimo, anche negli artt. 1703 e ss. del c.c. disciplinanti, appunto, il contratto di mandato.
In particolare, è una assoluta prerogativa del mandante quella di fornire al suo mandatario ogni istruzione su come trattare l’affare oggetto di delega: questo è un principio scontato, ma che trova anche una sua precisa disciplina nell’art. 1711 del c.c., il quale ci dice espressamente che il mandatario non può eccedere i limiti del mandato ricevuto e non può discostarsi dalle istruzioni ricevute, salva l’eccezione prevista dal secondo comma della medesima norma, che però certamente non rileva nel caso specifico.

In base alle norme citate è assolutamente lecito, per il condomino delegante, dare precise istruzioni al suo delegato su come esercitare il diritto di voto in assemblea; l’amministratore, col suo comportamento, non ha fatto altro che intromettersi indebitamente nel rapporto “mandante – mandatario” a cui certamente era estraneo. Questa affermazione, tra l’altro, trova maggiore forza oggi, con l’introduzione - sempre nell’art. 67 disp. att. del c.c. . del divieto, per l’amministratore, di essere destinatario di deleghe.

Inoltre, vi è da dire che, a stretto rigore, applicando i principi generali inerenti le assemblee e gli organi collegiali, non è compito dell’amministratore di condominio quello di sollevare una qualche obiezione in merito alle modalità di esercizio del voto: prerogativa, invero, che è propria del presidente dell'assemblea, nominato all'inizio dell'adunanza.
Se è stato dato atto nel verbale di quanto fatto dall’amministratore durante la riunione, si potrebbe valutare l’opportunità di una eventualeimpugnazione, a patto che si sia ancora nei termini indicati dall’art. 1137 del c.c. e i voti coinvolti siano stati determinanti per la decisione assunta dall'assemblea.