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Articolo 1389 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Capacità del rappresentante e del rappresentato

Dispositivo dell'art. 1389 Codice Civile

Quando la rappresentanza è conferita dall'interessato(1), per la validità del contratto concluso dal rappresentante basta che questi abbia la capacità di intendere e di volere, avuto riguardo alla natura e al contenuto del contratto stesso, sempre che sia legalmente capace il rappresentato.

In ogni caso, per la validità del contratto concluso dal rappresentante è necessario che il contratto non sia vietato al rappresentato [1261](2).

Note

(1) Cioè in caso di rappresentanza volontaria (1387 c.c.).
(2) Come, ad esempio, nei casi di divieti speciali di comprare (v. 1471 c.c.).

Ratio Legis

Il primo comma si spiega considerando che con la rappresentanza le conseguenze giuridiche dell'atto del rappresentante si producono in capo al rappresentato: quindi, è necessaria la sua capacità legale, laddove il rappresentante può anche essere legalmente incapace, purchè abbia quel minimum dato dalla capacità di comprendere e volere l'atto che sta compiendo.
Il secondo comma è previsto al fine di evitare che il rappresentato possa servirsi di un rappresentante per aggirare la legge.

Spiegazione dell'art. 1389 Codice Civile

La controversia della capacità del rappresentante e del rappresentato sotto l'impero del vecchio codice civile. L'odierna risoluzione

Con questa norma la nuova legge risolve una delle questioni più dibattute sotto l'impero dell'abrogato codice: e, cioè, se per il contratto concluso dal rappresentante si dovesse aver riguardo alla capacità di costui, o a quella del rappresentato.

Occorre, anzitutto, qui distinguere i1 caso della rappresentanza legale, o necessaria, e quello della rappresentanza volontaria, o negoziale. Circa la prima, non può sorgere dubbio che il rappresentante della persona giuridica, o della persona fisica incapace, debba esser perfettamente capace di agire, perché un tal rappresentante non si sostituisce solo alla loro volontà, ma presta loro anche quella capacità di cui mancano. Perciò opportunamente la norma in esame pone in chiaro ch'essa non vuol riferirsi che alla rappresentanza volontaria, o negoziale. E proprio per questa, la questione della capacità nella rappresentanza era assai controversa nella dottrina. Si sosteneva dagli uni che, ammesso il principio che il rappresentante dichiara una propria volontaà, così che il negozio giuridico posto in essere e effetto dell'opera sua, non si potesse ricercare che in lui la capacità a compierlo; si opponeva dagli altri che, pur essendo incontroverso quel principio, in definitiva gli effetti giuridici del negozio si riversano sul patrimonio del rappresentato e, dunque, alla capacità di costui doveva aversi riguardo, bastando invece, per il rappresentante, ch'egli fosse naturalmente capace di formare e di manifestare una volontà, e potendo, dunque, essere legalmente un incapace.

La nuova norma aderisce completamente a quest'ultimo insegnamento, dichiarando che, ove ricorra rappresentanza volontaria, basti nel rappresentante la capacità d'intendere e di volere (differenziazione del rappresentante dal semplice nuncius, semplice strumento e organo di trasmissione della volontà altrui), sempre che sia legalmente capace il rappresentato. E si comprende che la naturale capacità d'intendere e di volere, appunto perché tale, debba commisurarsi alla natura ed al contenuto del negozio, potendo quel requisito venir meno di fronte ad un atto che esiga un discernimento ed una valutazione, non richiesti per atto di altra specie più semplice.

E’ ovvio, poi, il precetto finale della norma in esame; poiché il negozio è per il rappresentato, è necessario, per la validità del contratto concluso dal rappresentante che il negozio stesso non sia vietato al primo.

Relazione al Libro delle Obbligazioni

(Relazione del Guardasigilli al Progetto Ministeriale - Libro delle Obbligazioni 1941)

255 La Commissione reale aveva ritenuto che il rappresentante non dovesse avere la capacità di obbligarsi; aveva richiesto la capacità di rappresentare altri in conformità della legge (art. 31).
In realtà, però, non esistono norme che stabiliscono capacità speciale per rappresentare validamente; perciò la formula della Commissione reale andava precisata.
Ho chiarito che basta la capacità d'intendere e di volere ma deve sempre trattarsi di una capacità in concreto, e cioè rispetto al singolo contratto (art. 275); in modo che deve, caso per caso, indagarsi se il rappresentante poteva discernere la natura e l'entità precisa dell'effetto giuridico prodotto dall'atto da lui compiuto.
Ho aggiunto che, in ogni ipotesi, nella rappresentanza volontaria, deve essere legalmente capace il rappresentato: il rappresentante contrae per un interesse altrui, ed è quindi il rappresentato che dispone dell'interesse oggetto del contratto concluso dal rappresentante.
In coerenza deve considerarsi rilevante anche il vizio della volontà del rappresentato, oltre al vizio che inficia la volontà del rappresentante. L'art. 31 ult. cpv. del progetto del 1936 riteneva efficiente il difetto di volere del rappresentato solo quando il rappresentante non avesse fatto che esprimere la volontà del rappresentato: la formula, però, non distingueva il rappresentante dal nuncio; e l'ho modificata, riferendomi al vizio che cada su elementi predeterminati dal rappresentato.

Massime relative all'art. 1389 Codice Civile

Cass. civ. n. 35466/2022

In tema di annullamento di procura a vendere e del successivo contratto di compravendita per incapacità naturale del rappresentato all'atto del conferimento della procura, la presunzione di incapacità intermedia conseguente alla dimostrazione della stessa con riguardo ad un momento successivo e precedente postula in ogni caso il carattere rigoroso della valutazione della prova da parte del giudice con riferimento all'incapacità naturale successiva e precedente l'atto oggetto di impugnazione, senza che, del resto, possa ritenersi a tal fine sufficiente l'esistenza di un giudicato penale con cui sia stata dichiarata l'incapacità naturale del rappresentato giacché, in applicazione del principio di autonomia e separazione dei giudizi penale e civile, il giudice civile deve procedere ad un autonomo accertamento dei fatti e della responsabilità con pienezza di cognizione, non essendo vincolato alle soluzioni e qualificazioni del giudice penale.

Cass. civ. n. 3787/2012

Il contratto stipulato dal rappresentante, in forza di procura a vendere che sia stata annullata per incapacità d'intendere e di volere del rappresentato, ai sensi dell'art. 428, primo comma, c.c., deve ritenersi concluso da rappresentante senza potere, rimanendo estraneo alla disposizione di cui all'art. 1389 c.c., la quale disciplina la diversa ipotesi del contratto stipulato dal rappresentante in forza di procura validamente conferitagli dal rappresentato.

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Consulenze legali
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M. D. chiede
mercoledì 24/01/2024
“Spett.le Brocardi
sono in possesso di una delega su cc rilasciatami da mio fratello nel 2022 che recita che posso effettuare tutte le operazioni necessarie per la gestione del suddetto rapporto anche in deroga al disposto di cui all'art.1395 anche nel proprio interesse eccettuata l'estinzione dello stesso.........
quindi elenca a titolo esemplificativo anche quelli di seguito indicati:
e fra questi (versamenti, negoziare, girare, quietanzare ............) indica anche
-impartire disposizioni di bonifico a favore anche proprio.
La salute di mio fratello si è di molto peggiorata (Alzheimer), ricoverato in una RSA diciamo che ora è incapace di intendere e di volere ma non è nè interdetto nè inabilitato
Volevo sapere se con questo peggioramento la delega è ancora valida al 100% o se io sono sottoposto a limitazioni.
Spero di essere stato chiaro e esauriente.”
Consulenza legale i 31/01/2024
Per dare risposta al quesito è necessario analizzare le norme applicabili: considerando la documentazione allegata, consistente in una delega ad operare sul conto corrente dell’intestatario, dobbiamo fare riferimento alla disciplina della “rappresentanza”, contenuta nel codice civile, ossia del potere, attribuito a un soggetto (detto rappresentante), di compiere atti giuridici in nome e per conto di un altro soggetto (il rappresentato). La particolarità sta nel fatto che gli effetti di tali atti si producono direttamente nella sfera giuridica dell’interessato.
In particolare, il primo comma dell’art. 1389 c.c. stabilisce quanto segue: “Quando la rappresentanza è conferita dall'interessato, per la validità del contratto concluso dal rappresentante basta che questi abbia la capacità di intendere e di volere, avuto riguardo alla natura e al contenuto del contratto stesso, sempre che sia legalmente capace il rappresentato”.
Ora, la norma non specifica se per “legalmente capace” debba intendersi “non interdetto (o non inabilitato)”; tuttavia, sappiamo anche che sempre la legge, all’art. 428 c.c., prevede l’annullabilità degli atti compiuti in stato di incapacità naturale, vale a dire da persona che, sebbene non interdetta, risulti essere stata incapace di intendere e di volere al momento del compimento dell’atto medesimo.
Chiaramente, se il rappresentato non ha più la piena capacità di intendere e di volere, non potrà essere in grado di controllare l'operato del rappresentante, revocare la procura già conferita, e così via.
Non si può quindi escludere che la delega, o procura che dir si voglia, divenga quanto meno inefficace laddove sopravvenga una incapacità del soggetto, sia pure non ancora “formalizzata” con una pronuncia di interdizione o di altra misura a tutela dei soggetti non pienamente capaci.
In ogni caso, considerata la patologia di cui, nel nostro caso, soffre il soggetto rappresentato, è inevitabile sollecitare la nomina di un amministratore di sostegno (non occorre, infatti, necessariamente arrivare a una pronuncia radicale come l’interdizione), in modo da regolamentare anche la gestione del patrimonio del fratello e scongiurare eventuali successivi problemi.