La controversia della capacità del rappresentante e del rappresentato sotto l'impero del vecchio codice civile. L'odierna risoluzione
Con questa norma la nuova legge risolve una delle questioni più dibattute sotto l'impero dell'abrogato codice: e, cioè, se per il contratto concluso dal rappresentante si dovesse aver riguardo alla capacità di costui, o a quella del rappresentato.
Occorre, anzitutto, qui distinguere i1 caso della rappresentanza legale, o necessaria, e quello della rappresentanza volontaria, o negoziale. Circa la prima, non può sorgere dubbio che il rappresentante della persona giuridica, o della persona fisica incapace, debba esser perfettamente capace di agire, perché un tal rappresentante non si sostituisce solo alla loro volontà, ma presta loro anche quella capacità di cui mancano. Perciò opportunamente la norma in esame pone in chiaro ch'essa non vuol riferirsi che alla rappresentanza volontaria, o negoziale. E proprio per questa, la questione della capacità nella rappresentanza era assai controversa nella dottrina. Si sosteneva dagli uni che, ammesso il principio che il rappresentante dichiara una propria volontaà, così che il negozio giuridico posto in essere e effetto dell'opera sua, non si potesse ricercare che in lui la capacità a compierlo; si opponeva dagli altri che, pur essendo incontroverso quel principio, in definitiva gli effetti giuridici del negozio si riversano sul patrimonio del rappresentato e, dunque, alla capacità di costui doveva aversi riguardo, bastando invece, per il rappresentante, ch'egli fosse naturalmente capace di formare e di manifestare una volontà, e potendo, dunque, essere legalmente un incapace.
La nuova norma aderisce completamente a quest'ultimo insegnamento, dichiarando che, ove ricorra rappresentanza volontaria, basti nel rappresentante la capacità d'intendere e di volere (differenziazione del rappresentante dal semplice nuncius, semplice strumento e organo di trasmissione della volontà altrui), sempre che sia legalmente capace il rappresentato. E si comprende che la naturale capacità d'intendere e di volere, appunto perché tale, debba commisurarsi alla natura ed al contenuto del negozio, potendo quel requisito venir meno di fronte ad un atto che esiga un discernimento ed una valutazione, non richiesti per atto di altra specie più semplice.
E’ ovvio, poi, il precetto finale della norma in esame; poiché il negozio è per il rappresentato, è necessario, per la validità del contratto concluso dal rappresentante che il negozio stesso non sia vietato al primo.