Cass. civ. n. 33719/2022
In tema di finanziamenti bancari, qualora la volontà dei contraenti - incontestata o comunque accertata dal giudice a seguito di contestazione - sia stata diretta alla stipula di un finanziamento corrispondente al modello legale del mutuo fondiario, non è consentito al giudice riqualificare d'ufficio il contratto per neutralizzarne gli effetti legali propri del tipo negoziale prescelto, riconducendolo a quello generale del mutuo ordinario o a tipi contrattuali diversi, pure in presenza di una contestazione della validità del negozio sotto il profilo del superamento del limite di finanziabilità che, implicitamente, postula proprio la corretta qualificazione del contratto in termini di mutuo fondiario.
Cass. civ. n. 28972/2020
La pattuizione avente ad oggetto l'attribuzione del cd. "diritto reale di uso esclusivo" su una porzione di cortile condominiale, costituente, come tale, parte comune dell'edificio, mirando alla creazione di una figura atipica di diritto reale limitato, idoneo ad incidere, privandolo di concreto contenuto, sul nucleo essenziale del diritto dei condomini di uso paritario della cosa comune, sancito dall'art. 1102 c.c., è preclusa dal principio, insito nel sistema codicistico, del "numerus clausus" dei diritti reali e della tipicità di essi. Ne consegue che il titolo negoziale che siffatta attribuzione abbia contemplato implica di verificare, nel rispetto dei criteri di ermeneutica applicabili, se, al momento di costituzione del condominio, le parti non abbiano voluto trasferire la proprietà ovvero, sussistendone i presupposti normativi previsti e, se del caso, attraverso l'applicazione dell'art. 1419 c.c., costituire un diritto reale d'uso ex art. 1021 c.c. ovvero, ancora se sussistano i presupposti, ex art. 1424 c.c., per la conversione del contratto volto alla creazione del diritto reale di uso esclusivo in contratto avente ad oggetto la concessione di un uso esclusivo e perpetuo (ovviamente "inter partes") di natura obbligatoria. (Dichiara estinto il processo, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 23/07/2015).
Cass. civ. n. 22466/2018
In tema di nullità contrattuale, il potere del giudice di rilevarla d'ufficio non può estendersi fino alla conversione del contratto nullo, ostandovi la previsione di cui all'art. 1424 c.c.; è tuttavia ammissibile l'istanza di conversione avanzata dalla parte nella prima difesa utile successiva al rilievo della nullità del titolo posto a fondamento della domanda, essendo detta istanza strettamente consequenziale all'esercizio del potere officioso del giudice. (Nella specie la S.C. ha ritenuto ammissibile l'istanza di conversione in mutuo ipotecario, proposta da una banca per la prima volta in seno all'opposizione allo stato passivo, dopo che il giudice delegato aveva rilevato in sede di verifica la nullità del mutuo fondiario ex art. 38 del d.l.vo n. 385 del 1993).
Cass. civ. n. 23644/2017
Nel caso in cui il giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullità parziale del contratto ne rilevi di ufficio la nullità totale, le parti, all'esito di tale dichiarazione, devono proporre appello per violazione dell' art. 101 c.p.c.; in mancanza, l'accertamento contenuto nella sentenza di nullità totale del contratto è idoneo a produrre l'effetto di un giudicato preclusivo anche con riguardo alla nullità parziale.
Cass. civ. n. 26242/2014
I poteri officiosi di rilevazione di una nullità negoziale non possono estendersi alla rilevazione di una possibile conversione del contratto, ostandovi il dettato dell'art. 1424 cod. civ., - secondo il quale il contratto nullo può, non deve, produrre gli effetti di un contratto diverso - atteso che, altrimenti, si determinerebbe un'inammissibile rilevazione di una diversa efficacia, sia pur ridotta, di quella convenzione negoziale.
Cass. civ. n. 6633/2012
In tema di conversione del contratto nullo, l'accertamento dell'ipotetica volontà dei contraenti deve essere sollecitato dall'una o dall'altra parte, non potendo essere operato di ufficio dal giudice; inoltre, implicando un'indagine di fatto riservata al giudice di merito, non può essere compiuto in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 6004/2008
Per decidere se ricorra la possibilità di conversione del contratto nullo, ai sensi dell'articolo 1424 c.c., deve procedersi ad una duplice indagine, l'una rivolta ad accertare la obiettiva sussistenza di un rapporto di continenza tra il negozio nullo e quello che dovrebbe sostituirlo e l'altra implicante un apprezzamento di fatto sull'intento negoziale dei contraenti, riservato al giudice di merito, diretta a stabilire se la volontà che indusse le parti a stipulare il contratto nullo possa ritenersi orientata anche verso gli effetti del contratto diverso. (Nella fattispecie, riguardante la cessione in uso perpetuo di posti auto all'interno di un condominio, convenuta tra due società di capitali, la S.C. ha ritenuto difettare di motivazione la sentenza di appello, per avere affermato che la durata del diritto d'uso andava ricondotta a quella massima di trent'anni dell'usufrutto a favore di persona giuridica, senza porsi il problema se le parti avessero o meno voluto tale diverso contratto).
Cass. civ. n. 23145/2006
In tema di conversione del negozio, il contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso soltanto quando, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che esse lo avrebbero voluto se avessero conosciuto la nullità, sicché il principio sancito dall'art. 1424 c.c. non può operare quando sia stata esclusa l'esistenza di siffatto intento pratico secondario. (Nella specie, è stata esclusa l'applicabilità dell'art. 1424 c.c.sul rilievo che le parti, avendo verbalmente raggiunto l'accordo per la costituzione della servitù di passaggio, non avevano inteso creare un diritto di natura personale a favore dei soli stipulanti).
Cass. civ. n. 13641/2004
L'art. 1424 c.c. sulla conversione dei contratti nulli si applica, in virtù del richiamo operato dall'art. 1324 c.c., anche ai negozi unilaterali, a condizione che l'atto contenga i requisiti di sostanza e di forma dell'atto diverso e che l'atto convertito risponda allo scopo perseguito con quello nullo. Ne consegue che il diniego di rinnovazione della locazione
ex art. 29 legge n. 392. del 1978, nullo in relazione alla prima scadenza, ben può convertirsi in una disdetta cosiddetta «semplice» o a regime «libero» (non essendo richiesto che sia motivata) valida per la seconda scadenza contrattuale, recando il contenuto inequivocabile della manifestazione di volontà contraria alla prosecuzione e alla rinnovazione del rapporto.
Cass. civ. n. 8263/1990
La legge, nello stabilire che il contratto nullo possa produrre gli effetti di un contratto diverso, non intende vincolare la volontà delle parti, né comunque presumere che esse vogliano il negozio diverso per il solo fatto che gli effetti di questo non si discostano sostanzialmente da quelli specificamente perseguiti, ma vuole offrire la possibilità di argomentare dalle circostanze del caso e soprattutto dalle finalità perseguite dai contraenti che, se avessero conosciuto la nullità del negozio concluso, avrebbero voluto il diverso negozio; consegue che l'identità dei requisiti di sostanza e di forma tra negozio nullo e quello al quale lo si voglia convertire non esaurisce i requisiti in presenza dei quali la conversione può essere attuata, essendo necessario anche che risulti la manifestazione di volontà delle parti propria del negozio diverso.
Cass. civ. n. 4827/1983
L'applicabilità dell'art. 1424 ,c.c., sulla conversione dei contratti nulli, anche ai negozi unilaterali, in virtù del richiamo di cui al precedente art. 1324, comporta solo la convertibilità di un negozio unilaterale nullo in un altro negozio unilaterale, ma non già quella di un contratto nullo in un negozio unilaterale, esclusa dall'espressa previsione nell'art. 1424 citato della possibilità di conversione del contratto nullo soltanto in un contratto diverso.
Cass. civ. n. 3443/1973
Il giudice non è tenuto ad esaminare d'ufficio la questione della conversione del negozio giuridico nullo.
Cass. civ. n. 923/1972
La norma dell'art. 1424 c.c. contempla la conversione del negozio nullo sul presupposto implicito della ignoranza di tale nullità, al momento della conclusione del contratto, in quanto prevede che, ove le parti l'avessero in tal momento conosciuta, avrebbero voluto, nel regolamento degli interessi, da esse perseguito, un negozio diverso.