La garanzia dovuta dal cedente. Il nomen verum e la sua nozione ai fini della cessione. I limiti alla deroga convenzionale. La garanzia della cessione gratuita
I due articoli regolano l'obbligazione speciale di garanzia che incombe sull'alienante di questo particolare bene che e il credito. Il primo contempla la cosidetta garanzia del nomen verum, quella, cioè, che riguarda la verità, la sussistenza del credito nei suoi elementi costituitivi; l'altro quella del nomen bonum, vale a dire, della bontà, della utile realizzazione che si misura dalla consistenza patrimoniale del debitore. Per antica tradizione la naturale garanzia del cedente riguarda
primo elemento e non si estende al secondo.
L'art. 1266 apporta delle sostanziali innovazioni tanto al vecchio codice quanto al progetto del 1936; il quale ultimo nel corrispondente art. 236 riproduceva senz'altro la norma dell’art. #1542# sul contenuto della garanzia («esistenza del credito al tempo della cessione») aggiungendo peraltro un secondo comma per cui il cedente a titolo gratuito non era tenuto alla garanzia medesima.
Le novità del testo definitivo riguardano la possibilità e gli effetti della deroga convenzionale alla normale garanzia ed i limiti della garanzia stessa per la cessione a titolo gratuito.
Sotto il vecchio codice si dubitava fortemente se potesse validamente escludersi per patto la garanzia del nomen verum. Ora l'articolo 1266 nel secondo periodo del primo comma, risolve la questione in senso affermativo coerentemente alla analoga disposizione sulla vendita (art. 1487 del codice), aggiungendo appunto che il cedente rimane sempre obbligato, per il fatto proprio. Tale ipotesi sussiste non soltanto se il creditore cede arbitrariamente ad altri nelle condizioni previste dall'art. 1266, ma sempre che la evizione derivi da un fatto il quale risalga comunque alla sua volontà o si converta in suo vantaggio economico. E così, se il credito era simulato, se si rivela come estinto per pagamento ricevuto da esso cedente e via dicendo. Anche se il credito viene meno in seguito ad una inadempienza corrispettiva e risolutiva ad opera del cedente medesimo, si avrebbe il fatto proprio che implica la inderogabile garanzia; mentre il patto negativo può funzionare soltanto dove la persona o la attività del cedente sono estranei all’evento negativo o estintivo. Il che si verifica, ad esempio, per la nullità o per l'annullamento della obbligazione.
Non si riscontra in tema di cessione una norma espressa analoga a quella dell'art. #1488# per cui, in caso di evizione, il venditore è sempre tenuto alla restituzione del prezzo salvo che il contratto non abbia contenuto aleatorio; ma la evidente analogia del caso persuade a ritenere che tale minima garanzia sia applicabile anche qui, e che la esclusione convenzionale sia normalmente da limitare alla garanzia più ampia per i danni e per gli altri accessori contemplati nella analoga disposizione dell'articolo seguente. Senza questa limitazione al patto negativo, il cedente realizzerebbe un eventuale arricchimento indebito. Soltanto il contratto aleatorio, ove il rischio viene scontato sul prezzo di cessione, potrebbe, dunque, legittimare la esclusione totalitaria della garanzia.
Il secondo comma dell'art. 1266 colma una lacuna del vecchio codice in tema di cessione a titolo gratuito e riduce nei giusti limiti la cennata norma negativa espressa dal progetto 1936. Già il progetto medesimo aveva fatto un primo ragionevole passo inserendo in un successivo articolo (269) l'obbligo della garanzia per il fatto personale. Era uno dei casi in cui il vecchio art. #1077# del codice civile prevedeva la cauzionale garanzia a carico del donante (n. 2°). Il nuovo testo estende, razionalmente, la garanzia stessa a tutti gli altri tre casi espressi nell'art. 797 che è implicitamente richiamato. E così esso funziona: a) quando vi è il patto espresso; b) quando ricorra il dolo o il fatto personale del cedente; c) quando la cessione gratuita è a titolo di dote o di patrimonio familiare; d) quando essa impone degli oneri al cessionario o sia rimuneratoria, nei limiti di tali corrispettivi. Nei primi due casi la garanzia trova il suo fondamento nella volontà o nella responsabilità del cedente; negli altri due nella indiretta o parziale onerosità della cessione.
Garanzia della solvibilità (nomen bonum). La norma negativa; la eccezione in materia di cessione in pagamento e la regola contraria della girata cambiaria
Per antica tradizione, mantenutasi fino alle legislazioni moderne, la garanzia normale del cedente, come si è accennato, non si estende alla solvibilità del debitore. Quando il credito esista, è i1 cessionario che può e deve controllare la solvibilità di colui che egli accetta liberamente come proprio debitore. Una regola tutta contraria, giustificata dal meccanismo circolatorio cartolare, vige in tema di girata cambiaria, ove il regresso, pur limitato nel tempo e condizionato alle note forme, è una normale conseguenza che si può e si deve escludere soltanto con l'apposizione della clausola «senza garanzia». Ma altra indiretta eccezione la norma subisce nel cameo stesso della cessione quando la causa di quest'ultima risiede nel pagamento di un debito precedente. Già la dottrina, sotto il vecchio codice, riprendendo un antico insegnamento, distingueva la cessio in solutum, che produce la immediata e definitiva estinzione del debito, dalla cessio pro solvendo, in cui, pur verificandosi egualmente il trapasso definitivo del credito ceduto, la estinzione del debito rimaneva condizionata alla effettiva riscossione. La discriminazione precisa delle due ipotesi, però, dava luogo a delle difficoltà non bene superabili; mentre la stessa definitività del trasferimento era discussa nella cessio pro solvendo. Il nuovo codice (art. 1198), rimuovendo tali difficoltà, consacra la presunzione normale della cessio pro solvendo e richiede il patto espresso perchè la cessione in pagamento possa avere l'effetto estintivo immediato e definitivo del credito in ambedue i casi.
Il patto di tale garanzia e la radicale innovazione dei suoi effetti nel nuovo codice
Al difuori dei due cennati casi, dunque, la garanzia per la solvibilità doveva per il vecchio codice (art. #1544#), e deve per il nuovo (art. 1267) essere assunta dal cedente con apposito patto. Ma le modalità e gli effetti di tale pattuenda garanzia risultano ora profondamente modificati.
Anzitutto, nel vecchio art. #1543# erano rimasti oscuri tanto il contenuto normale quanto i limiti del pur previsto patto di garanzia. Già il progetto del 1936, rimuovendo una vecchia disputa sull'argomento aveva posto quella norma (art. 268) che è ora consacrata nel primo
comma dell'art. 1267; nonostante patto contrario, la garanzia convenzionale non si può estendere oltre il prezzo e gli accessori menzionati. Solo riguardo a questi ultimi si nota una divergenza col progetto cennato (comma 2°, art. cit.), il quale limitava i danni alle spese della cessione ed a quelle sopportate dal cessionario; mentre il nuovo testo vi aggiunge il risarcimento ordinario. Rimane, invece, la nuova norma per cui viene vietato il patto di garanzia per l'intero credito, ceduto eventualmente ad un prezzo di molto minore. Patto esoso ed usurario che non era escluso dalla equivoca formula dell'art. #1543#.
La più interessante novità si riscontra però nel secondo comma ove la regola del corrispondente art. #1544# del vecchio codice è completamente mutata. Nei due primi commi del vecchio articolo, infatti, la garanzia, nel silenzio delle parti, era misurata a termine fisso di un anno, computabile dalla data della cessione se il credito era già scaduto; o dalla scadenza in caso contrario. Parve a molti, ed era in verità, assai grave tenere impegnato il cedente per un anno quando la insolvibilità, dopo la cessione, poteva dipendere dall'arbitrario ed inevitabile ritardo del cessionario. Il progetto del 1936 volendo risolvere la situazione in favore del cedente, era caduto nell'eccesso opposto di riferire e limitare la garanzia allo stato del momento in cui si era stipulata la cessione, o a quello della scadenza ulteriore del credito non scaduto. In tal modo, il cessionario correva il rischio di ritrovarsi con una garanzia priva di valore pratico, se la insolvibilità si fosse verificata prima che egli avesse il tempo ed il modo di agire contro il debitore magari col sequestro conservativo. Il creditore, presentendo il dissesto del proprio debitore, avrebbe potuto anche agevolmente insidiare un cessionario di buona fede. La soluzione adottata dal nuovo codice prescinde da termini fissi, più o meno discutibili per un aspetto e per l'altro. Ceduto i1 credito, il cessionario è nella possibilità, ed è quindi in dovere, di non rendere più gravosa la posizione del garante. Se il debitore era solvibile al momento della cessione, il cedente ha già sostanzialmente adempiuto alla promessa garanzia. Ogni apprezzabile negligenza del cessionario, nell'iniziare o proseguire le istanze del caso contro il debitore, non può che ricadere a suo danno: la garanzia cessa. Nè, dopo aver lasciata all’apprezzamento del giudice la identificazione della colpevole negligenza, si può più fare distinzione tra credito scaduto e credito non scaduto al momento della cessione. Anche per il credito non scaduto il cessionario ha a propria disposizione i provvedimenti cautelari ora disciplinati nel capo III libro IV della nuova procedura civile. E se il creditore dimostra che il pericolo della insolvibilità era conosciuto, o conoscibile dal cessionario con la dovuta diligenza di un qualsiasi creditore, sorge la sanzione del comma in esame. Peraltro, dato il carattere dispositivo della norma, il cessionario potrà eventualmente garantirsi con un termine fisso come era quello presunto dal vecchio art. #1544# primo comma.