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Articolo 337 quater Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Affidamento a un solo genitore e opposizione all'affidamento condiviso

Dispositivo dell'art. 337 quater Codice Civile

(1)Il giudice può disporre l'affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l'affidamento all'altro sia contrario all'interesse del minore.

Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l'affidamento esclusivo quando sussistono le condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se accoglie la domanda, dispone l'affidamento esclusivo al genitore istante, facendo salvi, per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo comma dell'articolo 337 ter. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice può considerare il comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell'interesse dei figli, rimanendo ferma l'applicazione dell'articolo 96 del codice di procedura civile.

Il genitore cui sono affidati i figli in via esclusiva, salva diversa disposizione del giudice, ha l'esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice. Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non sono affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.

Note

(1) Articolo aggiunto dall'art. 55 del D. lgs. 28/12/2013 n. 154 il quale riporta, con modificazioni, il contenuto dell'art. 155 bis abrogato.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 337 quater Codice Civile

Cass. civ. n. 21425/2022

In tema di affidamento dei figli minori, la scelta dell'affidamento ad uno solo dei genitori, da effettuarsi in base all'interesse prevalente morale e materiale della prole, deve essere sostenuta non solo dalla verifica della idoneità o inidoneità genitoriale di entrambi i genitori, ma anche e, soprattutto, dalla considerazione delle ricadute che la decisione sull'affidamento avrà nei tempi brevi e medio lunghi, sulla vita dei figli. Ne consegue che non può essere disposto l'affidamento di due minori in via esclusiva ad uno dei genitori, sulla base di una generica valutazione d'idoneità fondata sulla sola base della buona qualità della rete familiare allargata di quest'ultimo collegata ad una valutazione di grave carenza genitoriale dell'altro, motivata esclusivamente sulla base della sua scelta, non concordata con il genitore non collocatario, di trasferirsi con i figli in un'altra città, senza valutare le ragioni di tale decisione né le conseguenze che avrebbe avuto sui figli l'improvviso allontanamento dalla figura genitoriale di primo riferimento, con la quale avevano sempre vissuto fino ad allora.

Cass. civ. n. 4796/2022

Il diritto del minore al mantenimento di rapporti equilibrati e continuativi con entrambi i genitori (art. 337 quater c.c.), che in via sistematica si colloca all'interno di quello al rispetto della vita familiare di rilievo convenzionale (art. 8 Cedu), là dove si verifichi la crisi della coppia va riconosciuto dal giudice del merito in composizione con l'interesse del genitore, collocatario e non, nella loro reciproca relazione in cui l'interesse primario del figlio deve porsi quale punto di "tenuta" o "caduta" della mediazione operata. Il giudice del merito chiamato ad autorizzare il trasferimento di residenza del genitore collocatario del minore deve pertanto valutare con l'interesse di quest'ultimo, nell'apprezzata sussistenza della sua residenza abituale quale centro di interessi e relazioni affettive, quello del genitore che abbia richiesto il trasferimento e, ancora, del genitore non collocatario su cui ricadono gli effetti del trasferimento autorizzato, per le diverse peggiorative modalità di frequentazione del figlio che gliene derivino.

Cass. civ. n. 29999/2020

L'istituto dell'affido può essere declinato dal giudice, secondo la modalità più pertinente, ai sensi dell'art. 337-quater c.c., e quindi anche nella forma dell'affidamento esclusivo rafforzato.

Cass. civ. n. 6535/2019

In tema di affidamento dei figli nati fuori del matrimonio, alla regola dell'affidamento condiviso dei figli può derogarsi solo ove la sua applicazione risulti "pregiudizievole per l'interesse del minore", con la duplice conseguenza che l'eventuale pronuncia di affidamento esclusivo dovrà essere sorretta da una motivazione non più solo in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa ovvero manifesta carenza dell'altro genitore, e che l'affidamento condiviso non può ragionevolmente ritenersi precluso dalla oggettiva distanza esistente tra i luoghi di residenza dei genitori, potendo detta distanza incidere soltanto sulla disciplina dei tempi e delle modalità della presenza del minore presso ciascun genitore.

La mera conflittualità riscontrata tra i genitori non coniugati, che vivono separati, non preclude il ricorso al regime preferenziale dell'affidamento condiviso dei figli ove si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole, mentre può assumere connotati ostativi alla relativa applicazione, ove si esprima in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l'equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli, e, dunque, tali da pregiudicare il loro interesse.

Cass. civ. n. 6249/2016

Il procedimento di cui all'art. 337 quater c.c. è devoluto alla competenza del tribunale ordinario del luogo di residenza abituale del minore, non potendo subire la "vis actractiva" del tribunale per i minorenni, che ha competenze tassativamente individuate dalla legge tra le quali non figura detto procedimento.

Cass. civ. n. 16593/2008

In tema di separazione personale dei coniugi, alla regola dell'affidamento condiviso dei figli può derogarsi solo ove la sua applicazione risulti «pregiudizievole per l'interesse del minore » con la duplice conseguenza che l'eventuale pronuncia di affidamento esclusivo dovrà essere sorretta da una motivazione non solo più in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa ovvero manifesta carenza dell'altro genitore, e che l'affidamento condiviso non può ragionevolmente ritenersi precluso dalla mera conflittualità esistente tra i coniugi, poiché avrebbe altrimenti una applicazione solo residuale, finendo di fatto con il coincidere con il vecchio affidamento congiunto.

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Consulenze legali
relative all'articolo 337 quater Codice Civile

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P. D. M. chiede
venerdì 03/11/2023
“Coppia separata.
Figli affido congiunto(al 50%) con residenza presso casa attribuita alla madre.
Le mattine in cui i figli hanno dormito con la madre, la stessa li deve accompagnare a scuola(bambino 8 anni) e all'asilo bambina di 4 anni. Usualmente la bambina viene lasciata da sola a casa (per 20 minuti) mentre la madre accompagna il fratellino a scuola in auto (provato con investigazione a seguito di racconto della bambina che si era lamentata di essersi svegliata da sola a casa): si può raffigurare abbandono di minore? Azione penale d'ufficio o a seguito di querela di parte?
Si può richiedere intervento assistenti sociali(che già seguono la vicenda della separazione)? Può essere causa di affido in via principale all'altro genitore? Grazie”
Consulenza legale i 09/11/2023
Esaminiamo in primo luogo il quesito di carattere penalistico.
Stando a quanto esposto, la fattispecie di cui all’articolo 591 c.p. può, almeno in astratto, ritenersi sussistente.
Dal punto di vista del soggetto agente, è dato certo che la madre sia soggetto che debba avere cura e custodia della minore che, avendo 4 anni, risulta indubbiamente incapace di badare a se stessa.
È un po’ più complesso comprendere cosa debba intendersi per abbandono.
In via generale è possibile affermare che l’abbandono sensibile ai fini dell’art. 591 c.p. è quello che, a prescindere dalla consistenza temporale dello stesso, sia in grado di creare una situazione di astratto pericolo a danno del minore o dell’incapace.
Proprio su questo profilo, la giurisprudenza, seppur abbastanza variegata sul “tempo” di abbandono, è conforme nell’affermare che l’elemento determinante ai fini della integrazione della fattispecie è proprio la situazione di pericolo che si configura a seguito dell’abbandono in questione.
Tornando al caso di specie, almeno in astratto è possibile affermare la sussistenza della fattispecie atteso che, per quanto si possano adottare tutte le cautele del caso, è davvero difficilmente ipotizzabile che non rappresenti un pericolo per il minore di anni 4 il fatto di essere lasciato da solo in casa.
Per quanto riguarda, invece, i profili di ordine civilistico e quindi i riflessi sulle condizioni della separazione, la valutazione circa l’opportunità dell’intervento degli assistenti sociali è piuttosto delicata e non può essere effettuata in astratto e “a distanza”, ma va compiuta insieme al legale che si occupa della separazione.
Nel quesito, peraltro, viene riferito che gli assistenti sociali “già seguono” la vicenda; non è chiaro, però, a quale titolo ciò avvenga, cioè se abbiano ricevuto un formale incarico dal giudice della separazione o se seguano il nucleo familiare anche per altri motivi.
In ogni caso, e passando alla seconda domanda di carattere civilistico, è difficile anche qui fornire una risposta teorica rispetto a un caso concreto, che va esaminato nelle sue molteplici sfaccettature (che certo questa redazione non conosce).
Occorre, tuttavia, tenere presente che ogni decisione riguardante i figli minori va assunta, come dispone il codice civile, “con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale” della prole (art. 337 ter c.c.).
Tale principio trova applicazione anche rispetto alla scelta del tipo di affidamento: infatti l’art. 337-quater c.c. stabilisce che l’affidamento esclusivo può essere disposto dal giudice quando questi ritenga che l'affidamento all'altro sia contrario all'interesse del minore; le motivazioni di tale scelta devono essere indicate espressamente nel provvedimento del giudice.
Quindi, nel nostro caso, il giudice dovrebbe tenere conto di tutte le circostanze - compreso naturalmente il comportamento imprudente della madre - e valutare se l’affidamento a quest’ultima sia contrario all’interesse dei bambini.
Sarà utile tenere presente che, sempre ai sensi dell’art. 337-quater c.c., la richiesta di affidamento esclusivo non deve essere compiuta a cuor leggero: infatti il secondo comma dell’articolo in esame prevede che, se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice può considerare il comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare nell'interesse dei figli, rimanendo ferma l'applicazione dell'articolo 96 c.p.c. (che disciplina la condanna per lite temeraria).
Certamente, al di là delle azioni da intraprendere nei confronti della madre, è bene salvaguardare in primo luogo la sicurezza dei minori, e quindi evitare che la situazione di pericolo per la figlia possa ripetersi.

C. S. chiede
lunedì 28/03/2022 - Lazio
“Mio figlio di 15 anni è affetto del disturbo dello spettro autistico ed è certificato 104 3 comma 3. Ho sempre problemi ad ottenere il consenso del padre per cure prescritte dalla psichiatra dell' ASL. Recentemente la neuropsichiatre ha prescritto la terapia cognitivo comportamentale ma non riesco ad ottenere il consenso chiaro. Il padre ostacola da anni le terapie. Abbiamo vissuti varie cause e anche una CTU ma purtroppo l'affidamento rimane condiviso. Vorrei fare un ricorso al giudice tutelare per sbloccare la terapia per mio figlio. Con l' occasione sto anche valutando di fare una richiesta per dare la responsabilità genitoriale su questioni di salute alla ASL/servizi sociali. Mi fido degli operatori che ho davanti. Agiscono sempre nelle interessi di mio figlio e non voglio più essere obbligata a chiedere consensi dal padre per terapie prescritte dal specialista e ovviamente necessarie nonché urgenti.”
Consulenza legale i 04/04/2022
Purtroppo, in regime di affidamento condiviso del figlio, qualora l’altro genitore non presta il consenso alla terapia è necessario rivolgersi al giudice tutelare.
Ciò è espressamente previsto anche dall’art. 3 della recente legge 22 dicembre 2017, n. 219 (“Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”). Tale norma stabilisce, al comma 2, che “il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità, e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità”.
Nel nostro caso, essendo congiunto l’esercizio della responsabilità genitoriale, troverà applicazione il comma 5 del medesimo articolo, ai sensi del quale, nel caso in cui il rappresentante legale del minore rifiuti le cure proposte e il medico ritenga invece che queste siano appropriate e necessarie, la decisione sarà rimessa al giudice tutelare.
Non appare del tutto chiaro, invece, cosa si intenda nel quesito per “dare la responsabilità genitoriale su questioni di salute alla ASL/servizi sociali”. Infatti un genitore (nel nostro caso, la madre) non può rinunciare alla responsabilità genitoriale; è possibile però, chiedere al Tribunale per i minorenni un provvedimento di decadenza (nei casi più gravi, previsti dall’art. 330 c.c., di violazione degli obblighi o abuso dei poteri connessi alla responsabilità genitoriale) o di sospensione o limitazione della responsabilità genitoriale (nei casi in cui il comportamento del genitore risulti pregiudizievole per il figlio: art. 333 c.c.).
Inoltre, è possibile valutare la possibilità di chiedere una modifica delle condizioni di separazione (o divorzio), chiedendo l’affidamento esclusivo alla madre: a tal fine, occorrerà dimostrare che l’affidamento al padre sia contrario all’interesse del minore, come disposto dall’art. 337 quater c.c.
Naturalmente, si tratta di questioni delicate, che vanno esaminate in accordo con il proprio legale, e tenendo presente che ogni decisione riguardante i minori deve essere presa dal giudice con esclusivo riferimento al loro interesse.