Con ordinanza del 7 marzo 2019, il Tribunale del capoluogo sabino affronta il tema della “brutta abitudine” di pubblicare su internet immagini di minori.
Nel caso oggetto del provvedimento, una donna aveva pubblicato a più riprese, sia sul proprio profilo Facebook che su altri social network, le foto dei figli del compagno, nati dal precedente matrimonio di quest'ultimo. La pubblicazione era avvenuta sia prima che dopo il divorzio del compagno dalla madre dei minori e, anzi, era proseguita nonostante l’espresso inserimento nelle condizioni del divorzio congiunto della seguente clausola: “la pubblicazione di fotografie dei figli minori sui social network sarà consentita esclusivamente ai genitori e non a terze persone, salvo consenso congiunto di entrambi”.
Da ultimo, fallite le ripetute diffide e le richieste di cessare la pubblicazione delle foto (peraltro, spesso accompagnate da commenti offensivi proprio nei confronti della madre dei minori), l’ex moglie si rivolgeva al Tribunale per ottenere un provvedimento cautelare che inibisse il comportamento, ritenuto pregiudizievole per i figli.
Il Giudice monocratico di Rieti accoglieva in toto il ricorso, ritenendo sussistenti entrambi i presupposti della tutela cautelare, cioè rispettivamente il fumus boni iuris (vale a dire la probabile sussistenza del diritto soggettivo di cui si chiede tutela) e il periculum in mora (un serio rischio che, durante i tempi lunghi di un giudizio ordinario, si produca un danno grave ed irreparabile).
in particolare, il Tribunale reatino osserva che tali requisiti, nel particolare ambito della pubblicazione e divulgazione, a mezzo social network, di immagini e dati riguardanti soggetti minori, devono essere valutati “tenendo conto di elementi quali l’a – territorialità della rete, che consente agli utenti di entrare in contatto ovunque, con chiunque, spesso anche attraverso immagini e conversazioni simultanee, nonché la possibilità, insita nello strumento, di condividere dati con un pubblico potenzialmente mondiale e globalizzato, per un tempo non circoscrivibile”.
Inoltre, l’ordinanza in esame passa in rassegna quelle che, nel nostro ordinamento, sono le fonti della tutela della vita privata e dell’immagine dei minori: l’art. 10 del c.c. (concernente la tutela dell’immagine); il combinato disposto degli artt. art. 4 del codice privacy, art. 8 del codice privacy, 8 e art. 145 del codice privacy del D. Lgs. n. 196/2003 (concernenti la tutela della riservatezza dei dati personali); gli artt. 1 e 16 I co. della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20.11.1989, ratificata dall’Italia con legge n. 176/1991.
Tale quadro normativo “tradizionale” si è recentemente arricchito per la necessità di far fronte all’evoluzione dei sistemi di diffusione delle immagini legate allo sviluppo della rete. Così, ad esempio, il Regolamento UE in materia di protezione dei dati personali n. 679/2016 (cosiddetto GDPR), prevede che: “i minori meritano una specifica protezione relativamente ai loro dati personali, in quanto possono essere meno consapevoli dei rischi, delle conseguenze e delle misure di salvaguardia interessate nonché dei loro diritti in relazione al trattamento dei dati personali”.
Inoltre, in tema di consenso, il medesimo GDPR stabilisce che il trattamento di dati personali del minore è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni; qualora, invece, il minore abbia un’età inferiore ai 16 anni, tale trattamento è lecito soltanto se e nella misura in cui il consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale, salva la facoltà per gli Stati membri di fissare con legge un’età inferiore (comunque non meno di 13 anni: in Italia tale limite è stato stabilito in 14 anni).
Inoltre, in tema di consenso, il medesimo GDPR stabilisce che il trattamento di dati personali del minore è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni; qualora, invece, il minore abbia un’età inferiore ai 16 anni, tale trattamento è lecito soltanto se e nella misura in cui il consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale, salva la facoltà per gli Stati membri di fissare con legge un’età inferiore (comunque non meno di 13 anni: in Italia tale limite è stato stabilito in 14 anni).
Nel caso oggetto della pronuncia, la fondatezza della domanda in punto di fumus boni iuris deve considerarsi rafforzata proprio dalla menzionata condizione contenuta nell’accordo di divorzio, volta a impedire anche a terzi la condivisione di immagini dei figli minori senza il consenso congiunto di entrambi i genitori.
Quanto al profilo del periculum in mora, il Tribunale di Rieti osserva: “l’inserimento di foto di minori sui social network deve considerarsi un’attività in sé pregiudizievole in ragione delle caratteristiche proprie della rete internet. Il web, infatti, consente la diffusione dati personali e di immagini ad alta rapidità, rendendo difficoltose ed inefficaci le forme di controllo dei flussi informativi ex post”.
La diffusione sui social network delle immagini dei minori, come sottolinea la più recente giurisprudenza, “determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non, le quali possono essere malintenzionate e avvicinarsi ai bambini dopo averli visti più volte in foto on-line”, oltre all’ulteriore pericolo rappresentato “dalla condotta di soggetti che “taggano” le foto on-line dei minori e, con procedimenti di fotomontaggio, ne traggono materiale pedopornografico da far circolare fra gli interessati, come ripetutamente evidenziato dagli organi di polizia”.
In altri termini il pregiudizio per il minore, secondo la giurisprudenza formatasi in materia, è insito nella stessa diffusione della sua immagine sui social networks.
Pertanto, in accoglimento del ricorso, il Tribunale ha condannato la responsabile delle condotte lesive alla rimozione dai propri profili social delle immagini relative ai minori, con il contestuale divieto della futura diffusione di tali immagini, in assenza del consenso di entrambi i genitori.
Inoltre, l’ordinanza ha fissato anche, ai sensi dell’art. 614 bis del c.p.c. una somma di denaro per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dell’ordine di rimozione nonché per ogni episodio di violazione dell’inibitoria, in favore dei minori in solido tra loro, da versarsi su conto corrente intestato ai minori stessi.