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Articolo 56 Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)

(D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917)

[Aggiornato al 09/10/2024]

Determinazione del reddito d'impresa

Dispositivo dell'art. 56 TUIR

1. Il reddito d'impresa è determinato secondo le disposizioni della sezione I del capo II del titolo II, salvo quanto stabilito nel presente capo. Le disposizioni della predetta sezione I e del capo VI del titolo II, relative alle società e agli enti di cui all'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), valgono anche per le società in nome collettivo e in accomandita semplice.

2. Se dall'applicazione del comma 1 risulta una perdita, questa, al netto dei proventi esenti dall'imposta per la parte del loro ammontare che eccede i componenti negativi non dedotti ai sensi degli articoli 61 e 109, comma 5, è computata in diminuzione del reddito a norma dell'articolo 8. Per le perdite derivanti dalla partecipazione in società in nome collettivo e in accomandita semplice si applicano le disposizioni del comma 2 dell'articolo 8(1).

3. Oltre ai proventi di cui alle lettere a) e b) dell'articolo 91, non concorrono alla formazione del reddito:

  1. a) le indennità per la cessazione di rapporti di agenzia delle persone fisiche e delle società di persone;
  2. b) le plusvalenze, le indennità e gli altri redditi indicati alle lettere da g) a n) del comma 1 dell'articolo 17, quando ne è richiesta la tassazione separata a norma del comma 2 dello stesso articolo.

4. Ai fini dell'applicazione del comma 2 non rileva la quota esente dei proventi di cui all'articolo 87, determinata secondo quanto previsto nel presente capo.

5. Nei confronti dei soggetti che esercitano attività di allevamento di animali oltre il limite di cui alla lettera b) del comma 2 dell'articolo 32 il reddito relativo alla parte eccedente concorre a formare il reddito d'impresa nell'ammontare determinato attribuendo a ciascun capo un reddito pari al valore medio del reddito agrario riferibile a ciascun capo allevato entro il limite medesimo, moltiplicato per un coefficiente idoneo a tener conto delle diverse incidenze dei costi. Le relative spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione. Il valore medio e il coefficiente di cui al primo periodo sono stabiliti ogni due anni con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali. Le disposizioni del presente comma non si applicano nei confronti dei redditi di cui all'articolo 55, comma 2, lettera c). Il coefficiente moltiplicatore non si applica agli allevatori che si avvalgono esclusivamente dell'opera di propri familiari quando, per la natura del rapporto, non si configuri l'impresa familiare. Il contribuente ha facoltà, in sede di dichiarazione dei redditi, di non avvalersi delle disposizioni del presente comma. Ai fini del rapporto di cui all'articolo 96, i proventi dell'allevamento di animali di cui al presente comma, si computano nell'ammontare ivi stabilito. Se il periodo d'imposta è superiore o inferiore a dodici mesi, i redditi di cui al presente comma sono ragguagliati alla durata di esso.

Note

(1) La L. 30 dicembre 2018, n. 145 ha disposto, con l'art. 1, comma 24 che, in deroga all'articolo 3, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, la presente modifica si applica a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017.

Massime relative all'art. 56 TUIR

Comm. Trib. Reg. Piemonte n. 1827/2017

In materia di reddito di impresa, il principio di inerenza va inteso quale relazione tra il costo e l’attività di impresa; il costo assume rilevanza ai fini della qualificazione della base imponibile non tanto per la sua esplicita e diretta connessione a una precisa componente di reddito, ma in virtù della sua correlazione con una attività potenzialmente idonea a produrre utili. Pertanto, ai fini della deducibilità dal reddito di impresa di un costo, non rileva il risultato concretamente ottenuto, ma la sua connessione con l’attività di impresa svolta.

Cass. civ. n. 22131/2017

In tema di reddito d'impresa, ai sensi dell'art. 56, comma 3, del D.P.R. n. 917 del 1986 (nella formulazione vigente "ratione temporis") gli interessi attivi (nella specie maturati sul finanziamento fruttifero concesso ad una società controllata) sono computabili come reddito nell'esercizio in cui sono maturati, cosicché la dilazione di pagamento intervenuta successivamente a tale momento è un atto rilevante ai fini civilistici ma non idoneo ad estinguere l'obbligazione tributaria.

Comm. Trib. Prov. Torino n. 1104/2017

La causa del contratto di consorzio fa leva su finalità non lucrative, differenziandosi dalle società commerciali ex art. 2247 c.c. Il meccanismo tipico è il ribaltamento dei costi, per cui le imprese consorziate forniscono al consorzio le risorse necessarie per il suo funzionamento e per la produzione dei servizi per i quali esse sono state create, ma a favore pressoché esclusivo dei soggetti consorziati. L’eventuale avanzo che può generarsi in capo al consorzio non costituisce utile e deriva dal fatto che le imprese consorziate hanno fornito al consorzio risorse in eccesso rispetto a quelle effettivamente utilizzate. Tale surplus è redistribuito ai consorziati a titolo di rimborso di quanto in eccesso pagato, considerato che, tendenzialmente, il consorzio deve avere un bilancio in pareggio. Tali ristorni sono totalmente diversi dalla distribuzione di utili.

Comm. Trib. Reg. Toscana n. 1741/2017

L’inerenza e la competenza di un costo all’attività dell’impresa sussistono qualora il costo sia stato sostenuto nell’interesse economico dell’impresa stessa.
(Nel caso di specie, la spesa riguardava le spese legali sostenute dall’azienda per un processo riguardante un suo dipendente con una posizione importante all’interno dell’azienda stessa. L’azienda giustificava la spesa a carico dell’azienda con il fatto che, al momento dell’assunzione, era stato concordato verbalmente che a dette spese legali avrebbe provveduto l’azienda. Mancava, quindi, un accordo scritto, ma anche se vi fosse stato, si è ritenuto che, comunque, mancasse l’interesse economico e aziendale dell’impresa contribuente a sostenerla).

Cass. civ. n. 7636/2017

In tema di determinazione del reddito d'impresa, secondo la disciplina dettata dall'art. 55 (oggi art. 88), comma 4, del D.P.R. n. 917 del 1986, nella formulazione, vigente "ratione temporis", come introdotta dal D.L. n. 557 del 1993, conv., con modif., dalla L. n. 133 del 1994, a partire dall'esercizio 1993, la rinuncia, da parte del socio, ai crediti nei confronti della società non va considerata sopravvenienza attiva ove sia operata in conto capitale, atteso che, in tale ipotesi, esprime la volontà di patrimonializzare la società e non può, pertanto, essere equiparata alla rimessione del debito da parte di un soggetto estraneo alla compagine sociale.

Cass. civ. n. 11154/2010

Gli interessi moratori conseguiti nell'ambito dell'impresa sono compresi nella previsione dell'art. 56 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (numerazione anteriore a quella introdotta dal D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344) e debbono essere specificamente conteggiati, in virtù dei principi di trasparenza codificati nell'art. 2423 cod. civ., senza che assuma alcun rilievo il fatto che i rapporti di credito e debito, fonte degli interessi in questione, intercorrano fra società del medesimo gruppo. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Roma, 14/04/2006).

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