Comm. Trib. Prov. Cuneo n. 95/2018
I ricavi derivanti dalla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, realizzati da un imprenditore agricolo, vengono tassati come reddito d’impresa se non sono rispettati i seguenti requisiti:
• la produzione di energia fotovoltaica deve derivare da impianti con integrazione architettonica o con parziale integrazione su strutture aziendali preesistenti;
• il volume d’affari derivante dall’attività agricola deve essere superiore al volume d’affari derivante dalla produzione di energia fotovoltaica;
• l’imprenditore agricolo deve detenere, per ogni 10 KW di potenza installata eccedente il limite dei 200 KW (limite entro il quale l’attività viene considerata in ogni caso connessa a quella agricola), almeno un ettaro di terreno utilizzato per l’attività agricola.
Un imprenditore agricolo che svolge attività di allevamento in esecuzione di un contratto di soccida monetizzata, in base al quale percepisce la quota di accrescimenti spettante in denaro e realizza pertanto un’operazione non soggetta ad IVA, non può considerare tali ricavi nel volume d’affari prodotto dall’attività agricola principale da confrontare con quello derivante dall’attività di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili al fine di considerare quest’ultima quale attività connessa e dunque produttiva di reddito agrario.
Comm. Trib. Prov. Cuneo n. 23/2018
Le attività per essere considerate “connesse” all’impresa agricola, debbono essere realizzate mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda, normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata. L’attività di locazione degli immobili in cui viene svolta l’attività agricola e l’attività consistente nella realizzazione di eventi quali banchetti nuziali e ricevimenti non possono, quindi, essere considerate come attività connesse a quella agricola, con tassazione ai sensi dell’art. 71, comma 2-bis del TUIR.
Cass. civ. n. 18071/2017
In tema di reddito agrario, l'applicabilità dell'art. 29, comma 2, del D.P.R. n. 917 del 1986, che definisce quali attività agricole quelle dirette alla manipolazione, trasformazione ed alienazione dei prodotti agricoli, è condizionata dalla ricorrenza di due requisiti, ovvero che detti prodotti abbiano avuto origine dal terreno, rispetto al quale viene determinato il reddito (presupposto qualitativo), e che costituiscano almeno la metà di quelli lavorati (presupposto quantitativo); pertanto, il valore economico dei prodotti non rileva sotto il profilo qualitativo, definito con esclusivo riguardo alla provenienza e non anche alla qualità, né sotto il profilo quantitativo, atteso che il riferimento alla "metà" non consente un'interpretazione diversa da quella riferibile al calcolo quantitativo, in assenza di criteri normativi ulteriori e differenti come il valore. (In applicazione di detto principio, la S.C. ha riformato la pronuncia impugnata che aveva annullato l'accertamento ritenendo che il riferimento alla metà delle uve acquistate andasse inteso in senso economico e non quantitativo).
Comm. Trib. Reg. Puglia n. 2357/2017
Una azienda agricola, che esercita attività strumentale nei confronti di una società industriale, il cui processo di produzione si avvale, per la sua ottimizzazione, in modo connesso e continuo dei suoi servizi - senza che venga alterata la specificità della natura economico-giuridica delle due imprese, né minata, nonostante il rapporto sinergico tra le due imprese, l’integrale autonomia dei rispettivi processi produttivi - non soggiace alla disciplina dell’imprenditore commerciale (art. 2195 c.c.), ma a quella dell’imprenditore agricolo (art. 2135 c.c.).
Cass. civ. n. 21965/2015
In tema d'IVA, secondo la disciplina di cui agli artt. 34 e 36 del D.P.R. n. 633 del 1972, la facoltà di optare per l'applicazione separata dell'imposta spetta anche ai soggetti che esercitano più attività nell'ambito della stessa impresa agricola con possibilità, quindi, di applicazione del regime speciale per i produttori agricoli ad una (o più) attività e di quello ordinario alle restanti. Ne consegue che, in presenza di una valida opzione per il regime ordinario, le attività agrituristiche restano distinte da quelle agricole svolte in regime forfettario e le spese sostenute per la ristrutturazione e la manutenzione di immobili destinati a tale attività debbono godere dell'ordinario regime di detrazione IVA. (Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Umbria, 10/12/2009).
Cass. civ. n. 9760/2003
In materia di classamento catastale, va sempre riconosciuta natura rurale ai fini fiscali ai fabbricati strumentali alle attività agricole di cui all'art. 29 del t.u.i.r. del 1986, secondo quanto stabilito dall'art. 9, comma terzo - bis - aggiunto dal D.P.R. 23 marzo 1998, n. 139 -, del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, convertito in L. 26 febbraio 1994, n. 133, mentre la causa di esclusione della ruralità prevista dall'art. 9, comma terzo, lettera e), dello stesso D.L. per i fabbricati aventi caratteristiche di lusso ai sensi del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1968 opera soltanto per i fabbricati aventi uso abitativo. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. L'Aquila, 30 aprile 1999).
Cass. civ. n. 5781/2002
In tema di IRPEF, l'attività di rivendita dei prodotti della terra, derivante dalla coltivazione in serra da parte della stessa persona che abbia a tal uopo adibito quasi tutto il fondo nella sua disponibilità, costituisce attività connessa a quella agricola, ai sensi dell'art. 29, comma secondo, lett. c), del D.P.R. n. 917 del 1986, e come tale produttiva di reddito agrario, non commerciale. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Toscana, 3 luglio 1997).
Corte cost. n. 377/1995
Non è fondata, in riferimento agli artt.
3 e
53 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 24 e 30 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 (Istituzione e disciplina dell'IRPEF), in relazione all'art. 38 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), nella parte in cui dispongono che in presenza di solo reddito da terreni non può trovare applicazione l'accertamento sintetico, sollevata sotto il profilo della disparità di trattamento rispetto ai contribuenti che non traggono il proprio reddito dalla sola coltivazione di terreni, e della configurazione di un presupposto di imposta non corrispondente alla effettiva capacita' contributiva. Invero, i redditi fondiari (ai sensi dell'art. 41, terzo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973 e dall'art. 31, primo comma, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917) sono in ogni caso determinati sulla base delle risultanze catastali, secondo una scelta discrezionale e non irragionevole del legislatore, il quale ha adottato un criterio realistico e molto utile alla semplificazione ed alla rapidità dei procedimenti di accertamento dei redditi, nonché a prevenire un notevole contenzioso. Pertanto, quando sussistono elementi e circostanze di fatto certi che fondatamente attribuiscono al contribuente un reddito superiore a quello dichiarato, il quale però è, come quest'ultimo, esclusivamente di natura agraria, non può trovare applicazione l'istituto dell'accertamento sintetico, poiché il reddito fondiario rappresenta il reddito medio ordinario ritraibile dal terreno attraverso l'esercizio di attività agricole, che copre sia le annualità di maggiore produttività e redditività, sia quelle di crisi o di parziale infecondità. Ne deriva che il tenore di vita del contribuente sproporzionato rispetto al reddito dichiarato non può dar luogo ad ulteriori accertamenti, ove si tratti di reddito esclusivamente fondiario inerente a terreni (reddito dominicale e/o agrario) e questo sia stato correttamente quantificato (anche per le deduzioni) e non vi sia alcun elemento di prova dell'esistenza di altre o diverse fonti reddituali. L'accertamento sintetico diventa quindi legittimo quando la capacita' di spesa del contribuente manifesti invece il possesso di un reddito superiore a quello«effettivo»realmente conseguito nell'esercizio delle attività agricole e pertanto di un reddito diverso da quello denunciato.