Tale delibera deve ritenersi valida o potremmo validamente impugnarla?
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4726 del 10 marzo 2016 si è trovata proprio a risolvere un caso di questo tipo, fornendo alcune interessanti precisazioni in proposito.
Nel caso esaminato dalla Corte, una condomina aveva impugnato la delibera assembleare che aveva disposto l’installazione di un ascensore esterno la cui gabbia “avrebbe senz’altro pregiudicato la visuale da alcune delle finestre di taluni degli appartamenti di cui era comproprietaria”, chiedendo al giudice di ordinare la demolizione della gabbia e il risarcimento dei danni subiti.
Il giudice di primo e di secondo grado accoglievano la domanda della condomina, con la conseguenza che il condominio proponeva ricorso per Cassazione, il quale, tuttavia, veniva rigettato.
Ebbene, la Corte di Cassazione ritiene di dover aderire alle argomentazioni svolte dalla condomina, confermando la sentenza della Corte d’Appello che aveva accolto la domanda di demolizione e di risarcimento del danno, in quanto, dagli accertamenti effettuati, era emerso come, in effetti, la gabbia avrebbe limitato la visuale dalle finestre degli appartamenti di proprietà della stessa.
Osserva la Corte, infatti, come “in tema di condominio di edifici, i poteri dell’assemblea, i quali sono fissati tassativamente dal codice (art. 1135 codice civile), non possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni che a quelle esclusive, tranne che una siffatta invasione sia stata da loro specificamente accettata o nei singoli atti di acquisto o mediante approvazione del regolamento di condominio che la preveda”, con la conseguenza che, nel caso di specie, la delibera assembleare doveva ritenersi viziata.
In proposito, la Cassazione ricorda come, già in una pronuncia del 1981 sia stato affermato che “il provvedimento con cui l’amministratore del condominio, esorbitando dai suoi poteri, leda i diritti dei singoli condomini sulle cose comuni, in quanto affetto da radicale nullità, è impugnabile davanti all’autorità giudiziaria”.
Nel caso di specie, inoltre, la Corte rileva anche come l’installazione della gabbia abbia determinato una illegittima occupazione del suolo comune (v. art. 1117 c.c.), costituito dalla base della gabbia.
Pertanto, secondo la medesima, la Corte d’Appello avrebbe del tutto correttamente “ritenuto che fosse stato travalicato il limite entro il quale unicamente ciascun partecipante alla comunione può ai sensi dell’art. 1102 c.c., servirsi della cosa comune”.
Infatti, già con la sentenza n. 4372 del 4 marzo 2015, la Cassazione ha precisato come “l’uso della cosa comune, in quanto sottoposto dall’art. 1102 c.c. ai limiti consistenti nel divieto di ciascun partecipante di alterare la destinazione della stessa e di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto, non può estendersi all’occupazione di una parte del bene tale da portare, nel concorso degli altri requisiti di legge, all’usucapione della porzione attratta nella propria esclusiva disponibilità”.
Dunque, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso promossa dal condominio e conferma la sentenza della Corte d’Appello che, ritenendo fondate le lamentele sollevate dalla condomina, aveva accolto la sua domanda di demolizione della gabbia che limitava la possibilità di visuale dalle finestre degli appartamenti di sua proprietà, con conseguente diritto al risarcimento del danno.