Finite sotto processo l'amministratrice di sostegno dell'uomo nonché due badanti. Per chi non lo sapesse, l'amministratore di sostegno è il soggetto che, ai sensi dell'art. 404 del Codice Civile, viene nominato dal giudice tutelare in favore della persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi.
La figura dell'amministratore di sostegno è stata pensata per quei soggetti che non sono totalmente incapaci di agire o di provvedere ai propri interessi, come invece i soggetti interdetti, a causa di una condizione di abituale infermità mentale. Quando interviene l'interdizione della persona, e viene nominato un tutore che ha il compito di rappresentarla e gestire i suoi interessi.
L'amministratore di sostegno, invece, ha un ruolo meno invasivo, in quanto dovranno essere da lui compiuti esclusivamente quegli atti che vengono individuati con decreto dal Giudice Tutelare, restando il beneficiario, che non si trova nella totale incapacità di provvedere a se stesso, libero di agire per tutto ciò su cui il giudice non ha disposto.
Tornando alla vicenda su cui si è pronunciato il Tribunale di Padova, la Procura aveva ritenuto configurabile in capo alle tre donne, in concorso tra loro, il reato di circonvenzione di incapace, previsto e punito dall'art. 643 del Codice Penale, che dispone che chiunque, "per procurare a sé o ad altri un profitto, abusando dei bisogni, delle passioni o della inesperienza di una persona minore, ovvero abusando dello stato d'infermità o deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, la induce a compiere un atto che importi qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 206 a euro 2.065."
Essenzialmente, la Procura accusava le due badanti e l'amministratrice di sostegno di aver indotto l'ingegnere, dal 2014 al 2020 (anno della morte dell'uomo) a effettuare donazioni e a redigere testamento in loro favore. In particolare, l'uomo avrebbe redatto, negli anni, testamenti in favore dell'amministratrice di sostegno, nonché un lascito testamentario in favore di una delle due badanti e dell'amministratrice, rilasciando altresì all'amministratrice di sostegno una procura generale nel febbraio 2019, in presenza delle altre due donne.
Ma non solo! Infatti, secondo l'accusa, l'ingegnere, sempre perché raggirato dalle imputate, avrebbe effettuato decine di versamenti di denaro e titoli di credito, nonché donazioni di pellicce e gioielli. Tutto ciò non solo in favore delle donne, ma anche dei compagni delle stesse. In favore delle due badanti sarebbero state versati dall'ingegnere oltre 526 mila euro in favore dell'una ed oltre 476 mila euro in favore dell'altra.
L'indagine era partita dopo che una parente dell'anziano, possibile erede, si era accorta degli importanti ammanchi nei conti del pensionato. La Polizia giudiziaria e la Procura, quindi, avevano poi acquisito varia documentazione utile, anche relativa alle cartelle cliniche del defunto, procedendo altresì a perquisizioni e sequestri nelle abitazioni delle imputate. Analizzando la movimentazione bancaria del novantanovenne, inoltre, erano stati riscontrati bonifici, assegni e prelievi di rilevanti importi, tutti in favore delle due badanti, per oltre un milione di euro sborsati dall'ingegnere negli ultimi tre anni.
Ebbene, il Tribunale di Padova, tuttavia, ha assolto le tre donne, aderendo alla tesi della difesa delle imputate, che sono riuscite a dimostrare che l'uomo, pur anziano, era lucido e sempre capace di intendere e di volere e aveva, in mancanza di eredi diretti, deciso di lasciare i suoi averi alle donne, che si erano prese cura di lui.
Come sappiamo, difatti, è possibile redigere testamento anche in favore di persone che non sono parenti, in quanto va tutelata la volontà del soggetto, libero di disporre come preferisce del proprio patrimonio. La legge, tuttavia, prevede che vi sia una quota non disponibile da parte del de cuius, la cosiddetta quota di legittima, ossia la quota di eredità che la legge riserva ai legittimari e della quale l'autore del testamento non può liberamente disporre. Tra i legittimari, individuati ai sensi degli artt. 536 e seguenti del Codice Civile, rientrano i parenti più stretti del de cuius, a cui la legge riserva, indipendentemente dalle disposizioni del testatore, una quota di eredità. Nel caso un legittimariosia stato leso, ossia abbia ricevuto meno del dovuto, o pretermesso, ossia sia stato del tutto escluso, ha il diritto di impugnare il testamento ed esercitare l'azione di riduzione, disciplinata dagli artt. 553 e seguenti del Codice Civile, al fine di ottenere una dichiarazione di inefficacia di ogni disposizione testamentaria e donazione che gli arrechi pregiudizio, così da vedere reintegrata la sua quota di legittima.
Esperita vittoriosamente l'azione di riduzione, il legittimario può poi agire con l'azione di restituzione, disciplinata dagli artt. 561 e seguenti del Codice Civile, con il quale il soggetto leso va concretamente a recuperare i beni dai soggetti a cui il de cuius li ha trasmessi con disposizione testamentaria o donazione. Tale azione può, nei limiti di quanto previsto dall'art. 563 del Codice Civile, essere esperita anche nei confronti dei terzi aventi causa.
Un testamento in favore delle badanti è quindi del tutto valido, sempre che, dal punto di vista civile, non siano lesi i legittimari, e sempre che non si configuri, dal punto di vista penale, il reato di circonvenzione di incapace, che non è stato ravvisato nel caso deciso dal Tribunale di Padova.