Questo principio va sotto il nome di "divieto di patti successori" sancito dal Codice civile.
In particolare, l’art. 485 del c.c. determina la nullità di tutti gli accordi che riguardano il patrimonio ereditario stipulati prima della morte del de cuius. Bisogna ricordare che il testamento può sempre essere modificato o revocato, perciò l’ammissione dei patti successori sarebbe in contrasto con questa libertà.
Fatta questa precisazione, immagina ora di avere un figlio che sta affrontando un periodo di difficoltà finanziarie. Tu, come genitore premuroso, vorresti aiutarlo, ma non vuoi aspettare la tua morte per lasciargli la tua eredità o parte di essa. Esistono dei modi per farlo legalmente?
La risposta è che nel nostro ordinamento esiste uno strumento che permette di anticipare parte dell'eredità ad un erede: la donazione.
Attenzione però, non è un vero e proprio anticipo di eredità, perché l'eredità vera e propria spetta solo alla morte del de cuius. La donazione è un atto tra vivi, avviene cioè quando il donante è ancora in vita.
Cosa significa questo in parole semplici?
Significa, per restare all’esempio fatto prima, che, come genitore, puoi donare a tuo figlio una parte del tuo patrimonio (denaro, beni mobili o immobili) mentre sei ancora in vita; questo anticipo, però, potrebbe avere delle conseguenze sull'eredità futura. Vediamo perché.
La legge italiana tutela tutti gli eredi legittimari (coniuge, figli, etc.), che hanno diritto ad una quota minima del tuo patrimonio quando non ci sarai più; questa quota minima è chiamata "legittima".
Se la donazione che farai in vita al figlio in difficoltà va a ledere la quota minima (la legittima) spettante agli altri eredi (ad un fratello per esempio), questi ultimi possono impugnare la donazione e chiedere la cosiddetta "azione di riduzione" art. 554 del c.c..
In altre parole, possono chiedere che la donazione venga ridotta fino a raggiungere la quota di legittima che gli spetta.
È necessario che la donazione che si intende fare in vita al figlio in difficoltà non vada, quindi, ad intaccare la quota minima (legittima) spettante agli altri eredi. Ad esempio, altri figli o anche il coniuge.
Spesso il donante inserisce nell’atto di donazione la dispensa dalla collazione (art. 737 del c.c.), pensando di evitare così problemi futuri.
La dispensa della collazione esenta il donatario dall’obbligo di conferire il bene donato nella massa ereditaria, al momento della successione; tuttavia, non esclude la riduzione della donazione, se questa eccede la quota disponibile del donante.
Viste le limitazioni imposte dalle leggi successorie, l’anticipo dell’eredità tramite donazione spetta soltanto agli eredi legittimari in misura delle quote di legittima.
Questo perché la donazione non può essere contestata da nessun altro chiamato all’eredità e, per il funzionamento stesso della donazione, viene calcolata nella divisione ereditaria, proprio come se gli eredi avessero già ricevuto tutta o una parte della propria quota.
Resta possibile effettuare donazioni a mo’ di anticipo ereditario anche verso altri soggetti, ma anche in questo caso è bene assicurarsi di non ledere le quote di legittima per evitare possibili impugnazioni. Così come sono vietati i patti successori, infatti, non è ammessa la rinuncia alla rivendicazione della legittima quando il testatore è ancora in vita.
Per evitare problemi, quando si decide di effettuare una donazione, è sempre consigliabile farsi assistere da un notaio. Il notaio saprà come tutelare i diritti di tutte le parti coinvolte.