- l’art. 110 c.p.c., secondo cui quando la parte viene meno per morte, il processo è proseguito dal successore universale o nei confronti di questo;
- l’art. 300 c.p.c., il quale prevede che, nell’eventualità del decesso di una parte costituita prima della chiusura della fase della discussione, la sorte del processo sia quella dell’interruzione. Questa, in particolare, avviene nel momento in cui l’avvocato del defunto dà notizia del decesso in udienza o mediante notifica alle altre parti (oppure istantaneamente, se il defunto era costituito personalmente). Il processo, tuttavia, prosegue qualora a) i soggetti ai quali spetta proseguire il processo si costituiscano volontariamente; b) l’altra citi in riassunzione tali soggetti.
Tanto premesso in via generale, ci si può interrogare circa il concreto operare di tali norme nel caso di morte di una parte nel corso del giudizio di revisione dell’assegno divorzile. Esso, cioè, deve chiudersi per cessata materia del contendere oppure deve essere proseguito dagli eredi della parte deceduta che mirava alla revoca o riduzione dell’assegno?
Ebbene, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha di recente fornito risposta a tale quesito.
Con sentenza n. 20495 del 24 giugno 2022, infatti, il Supremo Collegio ha chiarito che “il venir meno di un coniuge – sia egli l’obbligato, sia l’avente titolo all’assegno – non comporta la improseguibilità del giudizio di revisione”.
Le Sezioni Unite, segnatamente, premesso che la sentenza sull’assegno è sempre rivedibile in ragione del mutamento delle condizioni economiche a differenza di quella sullo status, che è invece immutabile, precisa che in caso di morte gli eredi subentrano nella posizione del coniuge che aveva interesse alla revisione dell’assegno.
Essi, infatti, qualora sia accertata la non debenza di alcuni emolumenti, possono subentrare nell’azione di ripetizione dell’indebito ai sensi dell’art. 2033 per la restituzione delle somme non dovute versate all’ex coniuge dalla data della domanda di revisione fino al decesso.
Il caso di specie, in particolare, riguardava la vicenda di un uomo tenuto al pagamento nei confronti dell’ex moglie di un assegno mensile di € 2.240,00. Essendo peggiorate le sue condizioni economiche, quest’ultimo aveva proposto ricorso per la revoca dell’assegno.
Il Tribunale, tuttavia, aveva rigettato la domanda del ricorrente.
In sede di reclamo, poi, la Corte d’appello aveva ridotto l’assegno di € 500,00.
Avverso tale pronuncia era stato allora proposto ricorso per Cassazione dall’ex marito avverso la beneficiaria dell’assegno, la quale a sua volta aveva proposto controricorso. Mentre pendeva il terzo grado di giudizio, però, il ricorrente era deceduto e l’ex moglie aveva proposto istanza di interruzione del processo.
La causa è dunque stata rimessa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite sulla questione se il decesso del coniuge obbligato al pagamento dell’assegno divorzile determini la cessazione della materia del contendere o se il giudizio di revisione debba esser proseguito da parte dei suoi eredi. Decidendo tale questione, quindi, le Sezioni Unite hanno pronunciato l’importante principio di diritto sopra riportato.