Nel caso in esame, la Corte d’appello di Bari aveva confermato la condanna del tribunale per i minorenni nei confronti di due minori per il reato continuato di danneggiamento aggravato e imbrattamento, ai sensi dell’art. 635 c.p., per avere questi forzato un cancello di accesso ad un box/garage e manomesso il bene.
L’art. 635 c.p., al comma 2, n. 1, punisce, con la reclusione da sei mesi a tre anni, la condotta di chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili alcune determinate tipologie di edifici, o altre delle cose indicate nel numero 7) dell'articolo 625 c.p.
L’art. 625 c.p., che contempla le circostanze aggravanti del furto, al comma 1, n. 7 prevede un aumento di pena per il caso in cui il fatto sia “commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o a pignoramento o esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza”.
A seguito della confermata condanna da parte dei giudici d’appello, veniva proposto ricorso in Cassazione, contestando che la previsione di cui all’art. 625, comma 1, n. 7 era stata erroneamente applicata, in quanto la stessa parte offesa aveva dichiarato ai carabinieri di essersi trovata in casa nel momento in cui aveva sentito la rottura del vetro, e quindi quando il reato era stato consumato.
La Suprema Corte si è pronunciata con la sentenza n. 6384/2020, richiamando la giurisprudenza consolidata e smentendo la tesi della difesa.
Secondo quanto già affermato dalla Cassazione, si ha il requisito dell’esposizione alla pubblica fede anche quando il bene si trovi in luoghi privati ma aperti al pubblico e sia soggetto a sorveglianza saltuaria.
La ragione per cui vi è una maggior tutela nei confronti dei beni esposti alla pubblica fede è che essi sono, di norma, privi di custodia o vigilanza da parte del proprietario, con la conseguenza che la loro particolare situazione li pone in condizioni di minorata possibilità di difesa e, pertanto, sono interamente affidati all’altrui senso di onestà e rispetto.
A tal proposito, in passato la Suprema Corte ha rinvenuto ipotesi di danneggiamento aggravato nel caso di forzatura di un cancello di accesso ad un box/garage al cui interno non era presente il proprietario (Cass. Pen. sez. II, n. 51438/2017), oltre che in quello di forzatura della porta d’ingresso di un'abitazione affacciata sulla pubblica via, a nulla rilevando che fosse presente il proprietario al suo interno (Cass. Pen. sez. I, n. 8215/2019; Cass. Pen. sez. I, n. 8634/2018).
Nel caso in esame, la Corte di Cassazione ha, pertanto, ribadito che la forzatura del cancello di accesso ad un box/garage integra il reato di danneggiamento aggravato, perché commesso su beni esposti alla pubblica fede, in quanto al suo interno non è presente il titolare. In particolare, la persona offesa, al momento dei fatti, si trovava all'interno della propria abitazione e, proprio per tale motivo, non poteva essere contemporaneamente dentro il box: essendo quest'ultimo incustodito, poteva dirsi sicuramente esposto alla pubblica fede.
Per tali motivi, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.