Ebbene, del caso si è occupata la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21142 del 3 maggio 2017, che si va di seguito ad esaminare.
Nel caso di specie, il Tribunale per i Minorenni aveva condannato il minore in questione per il reato di cui all’art. 582 cod. pen. (lesioni personali), aggravato dai “futili motivi” (art. 61, n. 1, c.p.), in quanto, come accennato, questi aveva aggredito un parroco, colpendolo con calci e pugni, solo perché questi l’aveva invitato ad allontanarsi dal giardino di fronte alla parrocchia, dal momento che, insieme ad altri ragazzi, stava infastidendo i passanti.
La sentenza era stata confermata dalla Corte d’appello, con la conseguenza che il giovane imputato aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Secondo il ricorrente, infatti, “la ritenuta sproporzione tra la reazione dell'autore dell'aggressione e le motivazioni che ne sarebbero alla base (invito avanzato del sacerdote di allontanarsi)” era stata fondata solamente sulle dichiarazioni della persona offesa.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione all’imputato, rigettando il relativo ricorso, in quanto “manifestamente infondato”.
Secondo la Cassazione, infatti, la Corte d’appello aveva del tutto correttamente condannato il ragazzino, riconoscendo, altresì, l’aggravante dei “futili motivi”, sulla base delle dichiarazioni della persona offesa, che non potevano considerarsi inattendibili.
L’imputato, infatti, aveva aggredito il parroco per, appunto, un motivo “futile”, rappresentato dall’invito del sacerdote ad allontanarsi dal giardino antistante la parrocchia, poichè infastidiva i passanti.
In proposito, la Cassazione osservava che la circostanza aggravante in questione sussiste quando, come nel caso di specie, la determinazione di commettere la condotta criminosa sia stata indotta da un fattore esterno di lieve entità e banale rispetto alla gravità del fatto, tanto “da apparire, secondo il comune modo di sentire, assolutamente insufficiente a provocare l'azione criminosa e da potersi considerare, più che una causa determinante dell'evento, un mero pretesto per lo sfogo di un impulso violento”.
Ciò considerato, la Corte di Cassazione riteneva di dover rigettare il ricorso proposto dall’imputato, confermando integralmente la sentenza di condanna emessa dalla Corte d’appello, compreso il riconoscimento dell’aggravante dei “futili motivi”.