Il caso riguardava un
minore che, in qualità di unico
erede della propria madre, aveva concluso con lo zio materno un
contratto con cui si impegnava a rinunciare ad ulteriori pretese successorie, ricevendo in cambio il pagamento di acconti e l'impegno a versare un'ulteriore somma forfettaria.
L’assenza dell’autorizzazione del giudice tutelare comporta l’
annullabilità del contratto concluso dal genitore, ai sensi dell’art.
322 c.c.; trattandosi dunque, in questo caso, di atti di straordinaria amministrazione, era stato richiesto l’annullamento del contratto. Alla luce di ciò, lo zio aveva proposto
domanda riconvenzionale di
ripetizione dell’indebito, volta alla restituzione degli acconti versati.
I giudici di merito avevano accolto la
domanda del
ricorrente, disponendo l’annullamento del contratto, ma avevano rigettato la domanda riconvenzionale. Lo zio aveva così proposto ricorso in Cassazione.
La
Corte di Cassazione si è espressa con la
sentenza n. 2460/2020, sottolineando che, ai sensi dell’art.
2039 c.c., la restituzione al
contraente capace di quanto eseguito nell’
adempimento della
prestazione è dovuta solo se si dimostra che l'incapace ha ricevuto un
indebito vantaggio e tale
prova va data da chi chiede la ripetizione. Quest’ultimo deve infatti provare che le somme da lui versate non corrispondono ad alcun diritto dell'incapace e che sono quindi state rivolte indebitamente a suo vantaggio.
Al contrario, il soggetto incapace, anche se in mala fede, non ha alcun onere di dimostrare che aveva comunque diritto alla prestazione ricevuta. Infatti, spiega la Corte, la giustificazione di questa regola sull'
onere della prova è data dalla presunzione che l’incapace si trovi sempre in condizioni di maggior debolezza rispetto alla controparte, la quale, perciò, si trova a dover sopportare le conseguenze dell'annullamento.
Il presupposto da cui parte il
legislatore è che un soggetto privo della
capacità giuridica, come il minore, non sia in grado di disporre nel modo più corretto del proprio patrimonio.
La Suprema Corte ha affermato che tale interpretazione, già affermatasi nel caso in cui il contratto sia stato concluso direttamente dal soggetto incapace, va applicata anche quando sia concluso per mezzo del rappresentante, ma in assenza della necessaria autorizzazione del giudice tutelare.