Nello specifico, si tratta di un tagliando recante il simbolo grafico della disabilità rilasciato dal Comune dopo le opportune verifiche mediche.
Il dato normativo di riferimento è l’art. 188 cod. str., il quale prevede che il sindaco autorizza le persone invalide ad utilizzare apposite strutture per la circolazione e la sosta dei veicoli a loro servizio nonché a non rispettare i limiti di tempo della sosta ove previsti. Inoltre, il comma 3 bis della norma citata prevede che “ai veicoli al servizio di persone con disabilità, titolari del contrassegno speciale ai sensi dell'articolo 381, comma 2, del regolamento, è consentito sostare gratuitamente nelle aree di sosta o parcheggio a pagamento, qualora risultino già occupati o indisponibili gli stalli a loro riservati”.
Tanto premesso, ci si chiede se il contrassegno disabili possa essere utilizzato dalla persona invalida anche fuori dal Comune di residenza e anche qualora egli sia trasportato in un veicolo diverso dal proprio.
Orbene, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8226 del 14 marzo 2022, si è pronunciata proprio su tale questione, rilevando
- che già in passato la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il contrassegno invalidi è rilasciato alla persona disabile in quanto tale, in modo che questa se ne possa servire esponendolo su qualsiasi veicolo adibito in quel momento al suo servizio e che, perciò, la sua validità non è limitata al territorio del Comune che abbia rilasciato tale contrassegno, ma è estesa a tutto il territorio nazionale (cfr. Cass. n. 719/2008; Cass. n. 21320/2017 e Cass. n.7630/2019);
- che la ratio sottesa alla concessione del contrassegno è quella di ridurre il più possibile gli impedimenti deambulatori, sicchè i Comuni di transito, diversi da quello di rilascio, non possono porre limitazioni non previste dalla legge.
Il caso di specie sul quale si è pronunciata la Suprema Corte, in particolare, riguardava un soggetto che, trasportando in automobile il padre disabile munito di apposito contrassegno, era stato registrato mentre transitava nella corsia riservata ai mezzi pubblici in un comune diverso da quello di rilascio dell’autorizzazione e senza previa comunicazione da parte del padre. La Polizia locale aveva dunque notificato a tale soggetto un verbale di contestazione e l’autista aveva presentato opposizione.
Quest’ultima era però stata rigettata dal Giudice di Pace e altresì dal Tribunale: i giudici del merito, infatti, avevano ritenuto che il transito del veicolo nell’area interdetta non fosse legittimo senza previa comunicazione, da parte del titolare del contrassegno, al comune di transito diverso da quello del rilascio.
L’automobilista, pertanto, aveva proposto ricorso per Cassazione, lamentandosi - per quanto di rilievo in questa sede - di come il Giudice d’appello avesse erroneamente imposto al titolare del contrassegno un onere di comunicazione non previsto dalla legge. Nel ritenere tale doglianza manifestamente fondata, i giudici di legittimità hanno dunque precisato il principio sopra riportato.