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Articolo 30 Legge equo canone

(L. 27 luglio 1978, n. 392)

[Aggiornato al 12/11/2014]

Procedura per il rilascio

Dispositivo dell'art. 30 Legge equo canone

Avvenuta la comunicazione di cui al terzo comma dell'articolo 29 e prima della data per la quale è richiesta la disponibilità ovvero quando tale data sia trascorsa senza che il conduttore abbia rilasciato l'immobile, il locatore può convenire in giudizio il conduttore, osservando le norme previste dall'articolo 447 bis del codice di procedura civile.

[La controversia è di competenza del conciliatore qualora il canone annuo non superi lire seicentomila; negli altri casi è di competenza del pretore.](1)

[Competente per territorio è il giudice nella cui circoscrizione è posto l'immobile. Sono nulle le clausole derogative dalla competenza per territorio.](2)

Alla prima udienza, se il convenuto compare e non si oppone, il giudice ad istanza del locatore, pronunzia ordinanza di rilascio per la scadenza di cui alla comunicazione prevista dall'articolo 29. L'ordinanza costituisce titolo esecutivo e definisce il giudizio. Nel caso di opposizione del convenuto il giudice esperisce il tentativo di conciliazione. Se il tentativo riesce viene redatto verbale che costituisce titolo esecutivo. In caso contrario o nella contumacia del convenuto si procede a norma dell'articolo 420 e seguenti del codice di procedura civile.

Il giudice, su istanza del ricorrente, alla prima udienza e comunque in ogni stato del giudizio, valutate le ragioni addotte dalle parti e le prove raccolte, può disporre il rilascio dell'immobile con ordinanza costituente titolo esecutivo.

Note

(1) Comma abrogato dalla L. 30 luglio 1984, n. 399.
(2) Comma abrogato dalla L. 26 novembre 1990, n. 353.

Spiegazione dell'art. 30 Legge equo canone

La competenza per territorio prevista dall’art. 447 bis del c.p.c. per la proposizione della domanda è inderogabile. Competente è il tribunale del luogo ove si trova l’immobile in questione.
Ci si è chiesti in giurisprudenza se la proposizione di una domanda di scioglimento del contratto di locazione a causa del diniego del rinnovo, proposta secondo le norme ordinarie dell’intimazione di sfratto, sia o meno affetta da nullità assoluta. A tal proposito la giurisprudenza si è espressa affermando che tale domanda proposta in forme alternative rispetto a quelle previste dalla Legge equo canone è affetta da mera irregolarità formale, che può essere sanata in virtù degli articoli 426 e 427 c.p.c.
Le ordinanze di rilascio previste dalla norma di cui all’art. 30 sono due.
  • La prima, prevista dall’ultimo comma della disposizione in commento, è un provvedimento meramente provvisorio, non idoneo a definire la controversia, emesso dal giudice su istanza del locatore, dopo aver valutato le prove e le ragioni delle parti. In quanto provvedimento provvisorio, non è suscettibile di immediata impugnazione, e sarà censurabile solo attraverso l’impugnazione della successiva sentenza. Nell’ipotesi in cui il giudice ometta di fissare la successiva udienza per proseguire il giudizio, tale condotta non varrebbe comunque a trasformare tale ordinanza di rilascio in un provvedimento definitivo, producendo solamente l’integrazione di cui all’art. 289 del c.p.c..

  • Viceversa, l’ordinanza di rilascio prevista dai commi 3 e 4 dell’art. 30 ha natura di vera e propria sentenza, e i vizi della stessa possono essere censurati attraverso l’appello. Tale ordinanza vale a definire il giudizio, e produce gli effetti del giudicato, proprio in virtù della sua natura decisoria. Il provvedimento in oggetto, emesso dal giudice durante la prima udienza nel caso in cui il convenuto che sia validamente comparso non si opponga, costituisce a tutti gli effetti titolo esecutivo, essendo suscettibile di passare in giudicato. La comparsa del convenuto in giudizio rappresenta un requisito necessario ed imprescindibile ai fini del rilascio di suddetta ordinanza. Infatti, se il convenuto rimane contumace, il giudice sarà costretto a proseguire col giudizio al fine di emettere sentenza. Può poi accadere che il conduttore convenuto si opponga; in tal caso, prima di tutto, sarà necessario esperire un tentativo di conciliazione, la mancanza del quale non impedisce comunque la regolare prosecuzione del giudizio. Le parti potrebbero riuscire ad accordarsi, e allora si redigerà un verbale di conciliazione. In caso contrario, invece, l’istruzione della causa procederà seguendo le regole del rito del lavoro.

Se il locatore intende ottenere la restituzione dell’immobile per ragioni che esulano da quelle previste dall’art. 29 della l. equo canone, non sarà possibile utilizzare lo strumento di cui all’ordinanza di rilascio in commento. La domanda proposta per motivi diversi dovrà essere dichiarata improcedibile.

Rel. ministeriale L. 392/1978

(Relazione ministeriale L. 392/1978)

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L’ultimo comma dell’articolo consente al giudice, nel corso del procedimento, valutate le ragioni delle parti e le prove raccolte, di disporre, su istanza del ricorrente, il rilascio dell’immobile con ordinanza costituente titolo esecutivo. Ci si è chiesti se tale provvedimento, una volta emesso, sia irrevocabile sino a che la sentenza di rigetto della pretesa attrice sia passata in cosa giudicata (come avviene in materia di sequestro, ai sensi dell’art. 683 del codice di procedura civile); o se sia consentito al giudice, in primo grado o in grado di appello, di riprendere in esame le ragioni delle parti e le prove raccolte e, alla luce anche degli ulteriori elementi di indagine e di giudizio acquisiti, revocare il provvedimento (quando ancora non sia stato eseguito).
Non avendo il legislatore espressamente sancito la non impugnabilità di queste ordinanze, esse appaiono revocabili in applicazione del principio generale sancito dall’art. 177 del codice di procedura civile.

Massime relative all'art. 30 Legge equo canone

Cass. civ. n. 12028/2000

La sospensione dei termini processuali di cui alla legge 7 ottobre 1969, n. 742 trova applicazione anche nelle controversie in tema di recesso del locatore per necessità e di determinazione del canone di locazione (artt. 30 e 45 della legge 27 luglio 1978, n. 392), atteso che l’applicabilità, ad esse, del rito del lavoro (ex art. 46 legge n. 392 citata) non comporta, di per sé, l’attrazione della disciplina dei termini processuali prevista per le controversie di cui all’art. 409 c.p.c., essendo l’esclusione della sospensione dei termini correlata non alla specialità del rito, bensì alla specifica natura delle controversie, e senza che possa, in contrario, legittimamente ritenersi che l’introduzione dell’art. 447 bis c.p.c. abbia introdotto modifiche al precedente sistema in subiecta materia.

Cass. civ. n. 9614/1999

Per la controversia che riguarda il rilascio di immobile ad uso non abitativo per finita locazione alla scadenza fissata dalle disposizioni transitorie della legge sull’equo canone, senza che siano posti in discussione i motivi di recesso previsti dagli artt. 73 e 29 stessa legge (dal locatore non invocati) e senza che il conduttore abbia richiesto in via riconvenzionale la determinazione dell’indennità eventualmente spettante per la perdita dell’avviamento commerciale, non va applicata la disciplina processuale di cui all’art. 30 della legge n. 392/1978 e la competenza va determinata secondo gli ordinari criteri di valore dettati dal codice di procedura civile.

Cass. civ. n. 9646/1996

Nel procedimento disciplinato dall'art. 30 legge 27 luglio 1978 n. 392 (procedura del rilascio di immobile locato ad uso non abitativo, dopo la comunicazione del diniego di rinnovazione della locazione alla prima scadenza contrattuale ex art. 29 legge citata), l’esperimento del tentativo di conciliazione previsto nel caso di opposizione del convenuto all’ordinanza di rilascio, pur costituendo un adempimento doveroso per il giudice di primo grado, non è prescritto né a pena di nullità, né a pena di improcedibilità e, quindi, la sua omissione non produce effetti invalidanti sullo svolgimento del rapporto processuale.

Cass. civ. n. 11465/1992

In tema di procedura di rilascio degli immobili locati, i vizi dell’ordinanza di rilascio di cui ai commi terzo e quarto dell’art. 30 della L. 27 luglio 1978, n. 392, possono essere fatti valere solo con l’appello atteso che in tal caso la predetta ordinanza, di per sè non impugnabile, in quanto emessa al di fuori delle condizioni previste dalla legge, assume natura di sentenza.

Cass. civ. n. 9526/1990

La controversia avente ad oggetto la domanda del locatore diretta al rilascio dell’immobile locato ad uso diverso da quello di abitazione, per diniego del rinnovo alla prima scadenza, ai sensi dell’art. 29 della L. 27 luglio 1978 n. 392, appartiene alla competenza del pretore ai sensi dell’art. 30 della L. 27 luglio 1978 n. 392, anche se il secondo comma del citato articolo, che prevedeva la competenza del conciliatore o del pretore (secondo il valore della causa) è stato abrogato dall’art. 6, comma sesto della L. 30 luglio 1984 n. 399, atteso che, pur in mancanza di una norma espressa, deve ritenersi tuttora esistente la competenza per materia del pretore ai sensi del citato art. 30, dal momento che nella citata legge abrogativa è espressamente previsto «l’appello contro le sentenze del pretore nei processi relativi alle controversie di cui all’art. 30».

Cass. civ. n. 6272/1988

A seguito dell’abrogazione del secondo comma dell’art. 30 della L. n. 392 del 1978 - avvenuta con l’art. 6, sesto comma, della L. n. 399 del 1984 - le controversie relative al diniego della rinnovazione del contratto di locazione di immobile adibito ad uso non abitativo alla prima scadenza in regime ordinario, sono devolute alla competenza per materia del solo pretore, atteso che per le modificazioni introdotte dall’ottavo e nono comma del citato art. 6 della L. n. 399 del 1984, l’art. 48 della L. n. 392 del 1978 non contiene più il riferimento al conciliatore come giudice di primo grado ed il successivo art. 51 indica esclusivamente il tribunale quale giudice d’appello.

Cass. civ. n. 566/1988

In tema di procedura di rilascio degli immobili locati, l’ordinanza prevista dal terzo e quarto comma dell'art. 30 della L. n. 392 del 1978, al pari dell’ordinanza di convalida ex art. 663 cod. proc. civ., è un provvedimento non impugnabile, ma qualora sia emesso al di fuori delle condizioni previste dalla legge, assume natura sostanziale di sentenza, impugnabile con appello e non con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111, comma secondo, Cost., che, se proposto, deve essere dichiarato inammissibile.

Cass. civ. n. 6752/1987

In tema di procedura di rilascio di immobili urbani, l’ordinanza di rilascio a definizione del giudizio è prevista dall’art. 30, quarto comma, della L. n. 392/1978, per la sola ipotesi in cui il convenuto compaia in udienza e dichiari di non opporsi alla domanda; pertanto, allorché il convenuto rimanga contumace, il giudice è tenuto a proseguire il giudizio, verificando la sussistenza della fondatezza della domanda e pronunciando sentenza, salva la possibilità di emettere, su istanza di parte e nell’esercizio del proprio potere discrezionale di valutazione dell’opportunità, ordinanza provvisoria in corso di causa, a norma dell’art. 30 ultimo comma della norma citata; (ordinanza per sua natura suscettibile di conferma o di revoca in occasione della pronuncia della sentenza).

Cass. civ. n. 4803/1986

In tema di recesso del locatore dal contratto di locazione, l’ordinanza di cui all’ultimo comma dell’art. 30 della legge n. 392 del 1978 - con la quale il giudice, su istanza del locatore, alla prima udienza e comunque in ogni stato del giudizio, valutate le ragioni addotte dalle parti e le prove raccolte, può disporre per il rilascio dell’immobile - ha natura di provvedimento provvisorio, soggetto a riscontro ed a conferma o revoca in occasione della pronunzia della successiva sentenza di merito, ancorché abbia determinato in via provvisoria l’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale spettante al conduttore (art. 34 legge n. 342 del 1978) e, pertanto, essendo priva dei caratteri della decisività e della definitività, non è suscettiva di appello, con la conseguenza che - salva l’accettazione senza riserva da parte del conduttore - tale provvedimento non è suscettivo di esecuzione immediata e potrà essere impugnato dal conduttore soltanto con la proposizione dell’appello avverso la successiva sentenza.

Cass. civ. n. 6595/1984

Poiché per la individuazione della natura di un provvedimento giurisdizionale è decisiva non la sua forma esteriore o la denominazione che il giudice gli abbia data, bensì il suo estrinseco contenuto, ha natura di sentenza ed è pertanto impugnabile con l’appello la pronuncia del giudice che - ancorché emanata ai sensi dell’art. 30, ultimo comma, della legge 27 luglio 1978 n. 392, per il quale, nel giudizio di recesso dal contratto di locazione di immobile urbano, il giudice può emettere alla prima udienza o comunque in ogni stato del giudizio ordinanza di rilascio - abbia definito conclusivamente il merito della causa.

Cass. civ. n. 913/1983

In tema di controversie locatizie, disciplinate dall’art. 30 L. 27 luglio 1978 n. 392 - applicabile anche a quelle di cui all’art. 45 della stessa legge - l’estensione del rito del lavoro per esse prevista dall’art. 46 non comporta anche l’applicabilità delle regole sulla determinazione della competenza per territorio di cui all’art. 413 c.p.c., sia per non essere stata tale norma richiamata, sia per l’autonomo criterio stabilito dal richiamato art. 30. Ne consegue che la competenza territoriale sulle controversie attinenti alla determinazione della misura del canone locatizio appartiene al giudice del luogo in cui è sito l’immobile.

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