Il d.l. n. 92 del 2024 convertito in L. n. 112 del 2024 ha introdotto, nel codice penale, l’art. 314-
bis c.p., il quale prevede e punisce l’
indebita destinazione di denaro o cose mobili.
L’introduzione dell’art. 314-
bis c.p. va letta alla luce dell’
abrogazione dell’abuso d’ufficio
ex art. 323 del c.p.. Con l’art. 314-
bis c.p. si salva la rilevanza penale di quelle condotte distrattive che non sono sussumibili nella figura di peculato ai sensi dell’
art. 314 del c.p., ma che erano riconducibili all’abrogato reato di abuso d’ufficio.
Questa figura di
reato tutela il
regolare funzionamento della pubblica amministrazione dal punto di vista della corretta gestione beni mobili che devono essere destinati al perseguimento del fine pubblico prestabilito da specifiche norme.
In forza della clausola che rende applicabile l’art. 314-
bis c.p. “
fuori dei casi previsti dall’art. 314 c.p.”, il
delitto in esame ha
carattere sussidiario rispetto alla fattispecie di reato di cui all’art. 314 c.p..
Da un punto di vista
oggettivo, il delitto in esame riprende, per un verso, il reato di
peculato ex art. 314 c.p. (quando richiama “
il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, che, avendo per ragioni del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui”) e, per altro verso, l’abrogato
abuso d’ufficio di cui all’art. 323 c.p. (quando si riferisce a “
specifiche disposizioni di legge” o di “
atti aventi forza di legge dai quali non residuano margini di discrezionalità”, all’evento dell’ingiusto
vantaggio patrimoniale o del
danno ingiusto).
Si tratta di un
reato proprio che può essere realizzato solo dal
pubblico ufficiale (
art. 357 del c.p.) o dall’
incaricato di pubblico servizio (
art. 358 del c.p.).
Soggetto passivo può essere la
pubblica amministrazione (se, con l’indebita destinazione del bene, il pubblico agente procura a se stesso o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale) e il
privato cittadino (se, con l’indebita destinazione del bene, il pubblico agente procura ad altri un danno ingiusto).
Ai sensi del comma 1, la condotta incriminata consiste nell’
imprimere al denaro o alla cosa mobile altrui una
destinazione diversa da quella predeterminata da specifiche disposizioni di legge o da atti aventi forza di legge e dai quali non residuino margini di discrezionalità. Tuttavia, il cambiamento di destinazione deve comunque rientrare nell’ambito del perseguimento dei fini pubblici, anche se diversi da quelli stabiliti da specifiche norme. Di conseguenza, la condotta in esame non deve avere un carattere strettamente appropriativo: ossia, non deve consistere in quel comportamento
uti dominus del funzionario pubblico diretto a dare al bene una destinazione del tutto incompatibile con le finalità pubbliche.
Il
presupposto della condotta è
il possesso o la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui. Il possesso di cui all’art. 314-
bis c.p. deve essere inteso come categoria autonoma e più ampia rispetto al
possesso civilistico
ex art. 1140 del c.c.. Peraltro, l’ampiezza dei casi riconducibili al reato in esame è confermata dal richiamo alla “disponibilità”: è possibile riferirsi sia alla
disponibilità materiale, sia alla
disponibilità giuridica della cosa.
Altro requisito è la
ragione d’ufficio o servizio del possesso o disponibilità del bene oggetto del reato. Per la tesi prevalente in Cassazione, ci si riferisce ad un
rapporto che permetta al pubblico agente di avere il possesso o la disponibilità del bene, mentre la pubblica funzione o il servizio svolti sono solo l’occasione per tale comportamento (invece, per autorevole dottrina, serve un
rapporto di dipendenza funzionale tra possesso o disponibilità ed esercizio della pubblica funzione o servizio).
Inoltre, si richiede l’
altruità della cosa oggetto del reato. Per la dottrina, questo concetto indica non la proprietà altrui, ma la destinazione del denaro o delle cose mobili a finalità pubbliche.
Oggetto del delitto sono il
denaro e le
cose mobili altrui (cioè, ogni entità materiale idonea ad essere trasportata da un luogo ad un altro secondo la sua ordinaria funzione).
Ancora, la condotta deve essere caratterizzata dalla
violazione di specifiche disposizioni di legge o da atti aventi forza di legge dai quali non residuano margini di discrezionalità.
Il richiamo è a specifiche norme soltanto previste da
fonti primarie del diritto, con esclusione di fonti secondarie (regolamenti, decreti ministeriali, circolari e delibere di enti pubblici).
Ci si riferisce a quelle
regole vincolanti che regolano la destinazione pubblica data al bene e per il cui espletamento non residuino margini di discrezionalità.
Il delitto in esame si presenta come
reato di evento: occorre l’effettiva produzione di un
ingiusto vantaggio patrimoniale o, in alternativa, di un
danno ingiusto. Nello specifico:
Il vantaggio e il danno devono essere
ingiusti: cioè, devono essere prodotti
non iure (senza fondamento giuridico e per mezzo di un atto illegittimo) e
contra ius (contrari all’ordinamento giuridico).
Ancora, occorre dimostrare il
nesso causale tra la condotta e l’evento prodotto.
Circa l’
elemento soggettivo, tenendo conto dell’uso dell’avverbio “
intenzionalmente”, il reato richiede il
dolo intenzionale (non è sufficiente né il dolo eventuale, né il dolo diretto).
La condotta è punita con la
reclusione da tre mesi a tre anni.
Tuttavia, ai sensi del comma 2, se il fatto offende gli interessi finanziari dell’
Unione Europea e l’ingiusto vantaggio o il danno ingiusto sono superiori a 100 mila euro, si applica la pena della
reclusione da sei mesi a quattro anni.
Peraltro, sempre ad opera del d.l. n. 92 del 2024 convertito in L. n. 112 del 2024, il riferimento all’art. 314-bis c.p. è stato aggiunto nell’
art. 322 bis del c.p., il quale punisce alcuni
delitti contro la pubblica amministrazione anche se commessi da pubblici ufficiali dell’Unione Europea.
Infine, quanto agli aspetti processuali, si precisa quanto segue: