Cass. pen. n. 6278/2015
La concessione dell'estradizione sul presupposto dell'irrogabilità di una pena detentiva temporanea per reati astrattamente punibili con l'ergastolo da uno Stato che non ammette la detenzione perpetua, comporta che la pena detentiva eseguibile non può superare la durata indicata nella richiesta di estradizione; ne consegue che la successiva irrogazione dell'ergastolo da parte del giudice della cognizione costituisce applicazione di pena illegale la quale deve essere corretta attraverso il rimedio dell'incidente di esecuzione ai sensi dell'art. 670 cod.proc.pen.
Cass. pen. n. 40073/2008
La misura cautelare precedentemente disposta produce effetti immediati nei confronti dell'estradato al momento del suo ingresso in Italia, anche qualora egli abbia ottenuto la concessione della libertà provvisoria nello Stato estero. Infatti il provvedimento di estradizione è autonomo e necessariamente successivo rispetto alla ordinanza custodiale, che, anzi, ne costituisce il presupposto ; conseguentemente l'efficacia dell'ordinanza coercitiva non è influenzata dalle vicende del procedimento estradizionale.
Cass. pen. n. 24627/2004
Sussiste l'interesse all'impugnazione anche da parte del soggetto nei cui confronti sia stata emessa ordinanza applicativa della misura cautelare in carcere non eseguibile in mancanza del provvedimento di estradizione, risultando giuridicamente apprezzabile l'interesse dello stesso all'immediato controllo ed alla eventuale rimozione di un provvedimento cautelare, influente significativamente sulla procedura di estradizione suppletiva ed in ogni caso incidente negativamente sulla persona, sotto il profilo del pregiudizio, non solo morale o psicologico, ma spesso anche di natura patrimoniale, che la sola emissione del provvedimento cautelare comporta. (In applicazione di tale principio la Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza del giudice del riesame che, accogliendo parzialmente il ricorso dell'indagato sotto il profilo della violazione del principio di specialità, aveva sospeso l'esecuzione della misura cautelare in carcere, senza entrare però nel merito del provvedimento impugnato).
Cass. pen. n. 49384/2003
In tema di estradizione attiva, la competenza a decidere in ordine all'accettazione delle condizioni per la consegna, eventualmente poste dallo Stato estero, appartiene esclusivamente al Ministro della giustizia, ai sensi dell'art.720, comma quarto, c.p.p. Ne consegue che l'Autorità giudiziaria non può essere vincolata all'osservanza di condizioni ulteriori rispetto a quelle accettate dal Ministro della giustizia. (Fattispecie in cui la Corte ha rigettato il ricorso proposto da un imputato latitante estradato dalla Spagna in Italia in vista dell'esecuzione di quattro sentenze di condanna definitive, oggetto di provvedimento di unificazione di pene concorrenti — avverso l'ordinanza con cui il giudice dell'esecuzione aveva rigettato l'istanza di scarcerazione per mancato perfezionamento della procedura di estradizione ex art. 720, comma quarto, c.p.p., ritenendo che la condizione accettata dallo Stato italiano di assicurare, «mediante un nuovo processo, i mezzi di impugnazione sufficienti a salvaguardare i diritti di difesa» ben potesse essere soddisfatta dall'istituto della revisione e non implicasse il nuovo svolgimento dei processi celebrati nella contumacia dell'imputato).
Cass. pen. n. 21035/2003
L'arresto dell'imputato all'estero nell'ambito di una procedura estradizionale o per altra causa comporta la cessazione dello stato di latitanza.
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La detenzione dell'imputato all'estero, conseguente a domanda di estradizione presentata dallo Stato italiano, costituisce legittimo impedimento a comparire nel procedimento pendente in Italia nei suoi confronti e preclude, pertanto, la celebrazione del giudizio in contumacia, a nulla rilevando che egli non abbia prestato il consenso all'estradizione, in quanto dall'esercizio del relativo diritto non può derivargli, nel predetto procedimento, alcun pregiudizio.
Cass. pen. n. 914/2000
Come anche emerge dall'art. 720 c.p.p., il provvedimento di estradizione è autonomo e necessariamente successivo rispetto alla ordinanza custodiale che, anzi, ne costituisce il presupposto. Conseguentemente, i documenti comprovanti l'estradizione — essendo questa destinata ad incidere non sulla validità ma sull'esecuzione della ordinanza cautelare — non sono ricompresi nel novero degli “elementi su cui la richiesta si fonda” da trasmettere a norma dell'art. 309 comma 5 c.p.p., e possono, pertanto, essere prodotti in qualsiasi momento dal P.M. fino alla decisione del tribunale del riesame.
Cass. pen. n. 1968/1998
Stante l'autonomia del provvedimento coercitivo rispetto alla procedura di estradizione della quale è posto a fondamento, la circostanza che avverso tale provvedimento possano proporsi censure di legittimità e di merito in sede estradizionale non esclude che le stesse possano farsi valere nell'ambito della giurisdizione italiana, in cui l'ordinanza cautelare si inserisce, con i rimedi previsti dalla legge nazionale regolatrice di tale giurisdizione. (In applicazione di tale principio la Corte ha rigettato il ricorso con il quale il pubblico ministero, sul presupposto che gli atti e i provvedimenti sui quali si fonda la richiesta di estradizione non possono essere impugnati in via giurisdizionale ordinaria, aveva dedotto l'inammissibilità del ricorso avverso un'ordinanza cautelare posta alla base di una instaurata procedura di estradizione dall'estero).
Cass. pen. n. 5176/1998
In materia di estradizione dall'estero, il termine di cinque giorni per procedere all'interrogatorio dell'arrestato, finalizzato alla verifica da parte del giudice italiano della permanenza delle condizioni di applicabilità della misura e delle esigenze cautelari, va calcolato dal momento di consegna dell'estradato alle autorità nazionali; qualora l'imputato sia già stato interrogato per rogatoria all'estero è comunque indispensabile che entro il termine suddetto il giudice italiano prenda cognizione dell'interrogatorio al fine di effettuare la detta verifica.
Cass. pen. n. 5582/1997
Qualora nei confronti di soggetto estradato dall'estero venga disposta, per fatti diversi da quelli per i quali l'estradizione è stata concessa, l'applicazione di una misura cautelare di cui, con il medesimo provvedimento, venga sospesa l'esecuzione fino all'eventuale concessione di estradizione suppletiva, è da ritenere comunque sussistente un interesse giuridicamente apprezzabile dell'imputato o indagato a promuovere procedura di riesame avverso l'ordinanza applicativa della misura anzidetta, se non altro in considerazione del fatto che la stessa, ai sensi dell'art. 720, comma 1, c.p.p. e dell'art. 12 della Convenzione europea di estradizione, resa esecutiva in Italia con L. 30 gennaio 1963 n. 300, costituisce il presupposto indefettibile per l'instaurazione e la prosecuzione della procedura estradizionale suppletiva, dal cui esito positivo deriverebbe poi l'effettiva eseguibilità dell'ordinanza medesima.
Cass. pen. n. 4475/1996
In tema di estradizione deve escludersi, sulla base dell'esame congiunto degli artt. 12 e 16 della Convenzione Europea di Parigi del 13 dicembre 1963, resa esecutiva con L. 30 gennaio 1963, n. 300, e 720 c.p.p., la sussistenza di un obbligo dello Stato richiedente l'estradizione di comunicare immediatamente a quello richiesto l'eventuale sopravvenuta inefficacia del titolo posto a base della richiesta di arresto provvisorio, nella specie ordinanza di custodia cautelare in carcere), qualora tale titolo sia sostituito da un altro, sopravvenuto nel corso della detenzione provvisoria, egualmente idoneo ai sensi del predetto art. 12 Conv. Eur. ai fini dell'arresto provvisorio finalizzato all'estradizione.