La scelta del legislatore di delineare la disciplina del procedimento innanzi al
giudice di pace nelle disposizioni di cui agli artt. 316, 322, manifesta la volontà di attuare un processo diverso da quello che si svolge dinnanzi al tribunale.
L'individuazione per mezzo di questa norma delle disposizioni applicabili davanti al giudice di pace viene effettuata attraverso la tecnica del triplice rinvio.
Infatti, ai giudizi davanti al giudice di pace sono applicabili:
-
le norme proprie del giudice di pace (artt. da 312 a 322) contenute nel Titolo II del Libro II;
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le altre disposizioni in parte dislocate nel codice di rito e in parte contenute nelle leggi speciali riguardanti la disciplina del giudice di pace
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le disposizioni relative al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica (artt. 281 bis ss.), in quanto applicabili.
A tal fine è necessario effettuare una doppia indagine, ossia verificare che non esistano apposite regole nel Titolo II, Libro II del codice di rito o in altre disposizioni processuali, e che le regole relative al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica non siano incompatibili con la struttura e la funzione tipica del procedimento davanti al giudice di pace.
Parte della dottrina ritiene che il procedimento davanti al giudice di pace sia speciale ed autonomo rispetto al procedimento ordinario; altra parte, invece, è dell’idea che il procedimento non ha natura speciale, ma ordinaria.
In forza del rinvio contenuto nella norma in esame, si ritiene che siano applicabili al procedimento davanti al giudice di pace tutte le disposizioni generali contenuti nel Libro I del codice di procedura civile.
In particolare, norme contenute nel Libro primo ed applicabili nel procedimento davanti al giudice di pace sono:
l'
art. 7 del c.p.c. (competenza del giudice di pace), l'
art. 38 del c.p.c. (eccezione di incompetenza), l'
art. 40 del c.p.c., commi 6 e 7 (
connessione tra cause), l'
art. 46 del c.p.c. (inammissibilità del
regolamento di competenza), l'
art. 51 del c.p.c. (
astensione del giudice), l'
art. 52 del c.p.c. (
ricusazione del giudice), l'
art. 82 del c.p.c. (patrocinio), l’
art. 113 del c.p.c. (giudizio di equità) e l’
art. 125 del c.p.c. (sottoscrizione degli atti di parte).
Anche nel procedimento davanti al giudice di pace vanno rispettati il principio del
contraddittorio, quello della ragionevole durata del processo e quello della terzietà del giudice.
Tra le disposizioni applicabili nel procedimento davanti al giudice di pace la giurisprudenza annovera l'
art. 83 ter delle disp. att. c.p.c., in forza del rinvio operato dall'art. 311, per tutto quanto non appositamente regolato, alle norme relative al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica.
Non è applicabile l'
art. 163 del c.p.c., relativo al contenuto dell'
atto di citazione, in quanto nel procedimento davanti al giudice di pace vige la disposizione speciale dell'
art. 318 del c.p.c., che a differenza del combinato disposto degli artt. 163 e 164 c.p.c. non impone a pena di nullità l'indicazione dei dati anagrafici e della residenza degli attori.
In virtù della natura semplificata del processo davanti al giudice di pace, la dottrina ritiene che non siano applicabili le preclusioni previste negli artt. 167, 183 e 184 c.p.c.
Con la riforma del codice di procedura civile, in vigore dal 1° marzo 2006, l'inappellabilità delle sentenze del giudice di pace è venuta meno; infatti, il D.Lgs. 2.2.2006, n. 40 ha sostituito il terzo comma dell’
art. 339 del c.p.c., prevedendo l'appellabilità delle sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità solo per motivi specifici.
Scopo di tale riforma è stato quello di ridurre il carico di lavoro della Suprema Corte relativo all'esame di legittimità delle sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità.
La dottrina ritiene applicabili al procedimento dinnanzi al giudice di pace l'
art. 307 del c.p.c. comma 4° e l'
art. 308 del c.p.c. in tema di
estinzione del processo, con la sola particolarità che, quando viene dichiarata l'estinzione del processo, la pronuncia deve essere data con
sentenza.