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Articolo 825 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Deposito del lodo

Dispositivo dell'art. 825 Codice di procedura civile

La parte che intende far eseguire il lodo nel territorio della Repubblica ne propone istanza depositando il lodo in originale o in copia conforme, insieme con l'atto contenente la convenzione d'arbitrato, in originale o in copia conforme, nella cancelleria del tribunale nel cui circondario è la sede dell'arbitrato [810, 816]. Il tribunale, accertata la regolarità formale del lodo(1) , lo dichiara esecutivo con decreto. Il lodo reso esecutivo è soggetto a trascrizione o annotazione, in tutti i casi nei quali sarebbe soggetta a trascrizione la sentenza avente il medesimo contenuto.

Del deposito e del provvedimento del tribunale (2) è data notizia dalla cancelleria alle parti nei modi stabiliti nell'articolo 133, secondo comma.

Contro il decreto che nega o concede l'esecutorietà del lodo, è ammesso reclamo mediante ricorso alla corte d'appello, entro trenta giorni dalla comunicazione; la corte, sentite le parti, sentite le parti, provvede in camera di consiglio con ordinanza.

Note

(1) La valutazione del lodo che compete al tribunale deve limitarsi all'esame della legittimità formale della decisione arbitrale, restando escluse da tale verifica qualsiasi riferimento al merito della decisione assunta dal collegio arbitrale.
(2) La norma in esame trova applicazione solamente nelle ipotesi dell'arbitrato rituale e non anche in caso di arbitrato irrituale dal momento che quest'ultimo sfocia in una decisione non avente natura di sentenza bensì di un vero e proprio contratto.

Brocardi

Stari debet sententiae arbitri, quam de re dixerit

Spiegazione dell'art. 825 Codice di procedura civile

La previsione del deposito del lodo al fine di conferire allo stesso il predicato dell'esecutività, non fa altro che confermare indirettamente la distinzione tra la sentenza giudiziaria ed il lodo, in quanto quest'ultimo, se non omologato, può assimilarsi alla sentenza giudiziaria, soltanto per ciò che concerne gli effetti di accertamento e costitutivi.

Il lodo deve essere depositato in originale o in copia conforme nella cancelleria del tribunale nel cui circondario si trova la sede dell'arbitrato; il deposito non è un dovere, ma costituisce un onere (non soggetto a prescrizioni temporali) per la parte che intenda farlo eseguire nel territorio della Repubblica, ovvero che intenda trascriverlo nei pubblici registri o iscrivere ipoteca giudiziale (unitamente al lodo, deve essere depositata, con le medesime formalità, la convenzione di arbitrato).

I lodi parziali di merito possono essere immediatamente depositati in quanto anch’essi idonei ad acquistare efficacia esecutiva o di titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale o per la trascrizione in pubblici registri.

Il nuovo testo della norma in esame dispone espressamente che il deposito avvenga con istanza volta ad ottenere l'exequatur (si ammette che l’istanza possa essere implicita nel deposito del lodo presso la cancelleria).
A differenza di ciò che prevedeva il vecchio testo, adesso è espressamente prevista la reclamabilità del decreto con cui si concede l'exequatur, reclamo che va fatto dinanzi alla corte d'appello, la quale provvede con ordinanza in camera di consiglio (non sempre tutte le parti del giudizio arbitrale sono litisconsorti necessari nel procedimento di reclamo).

Discussa è l’ammissibilità di un patto di non deposito, ritenuto da alcuni valido per il lodo rituale in forza del principio dell'autonomia contrattuale delle parti, mentre per altri sarebbe incompatibile con l'arbitrato rituale.

Massime relative all'art. 825 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 21739/2016

In tema di arbitrato, è inammissibile il ricorso per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. avverso il provvedimento della corte d'appello che, in sede di reclamo, abbia negato l'esecutorietà del lodo; invero, anche se la decisione incide sul diritto della parte vittoriosa nel procedimento arbitrale al conseguimento del titolo esecutivo, per il rifiuto dell'atto che conferisce al lodo tale efficacia, essa non le preclude definitivamente l'esercizio della facoltà di procedere ad esecuzione forzata, ben potendo agire in via ordinaria per fare accertare, in un giudizio a cognizione piena, la sussistenza dei requisiti cui è subordinata l'efficacia esecutiva del lodo, ovvero, in alternativa, provvedere nuovamente al deposito dello stesso, corredato eventualmente della documentazione della quale sia stata precedentemente rilevata la mancanza o l'irregolarità.

Cass. civ. n. 10450/2014

In tema di arbitrato, è inammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di rigetto del reclamo nei confronti del decreto di dichiarazione di esecutorietà del lodo; invero, avendo il lodo efficacia vincolante fra le parti dalla data della sua ultima sottoscrizione, deve escludersi che il decreto di esecutorietà sia in alcun modo assistito dal requisito della decisorietà, che è propria della sentenza arbitrale, né da quello della definitività, esistendo diversi modi per rimuoverne l'efficacia, con conseguente esclusione dell'attitudine di tale decreto a pregiudicare i diritti soggettivi derivanti dal rapporto definito con il lodo arbitrale, avendo rilevanza limitata alla sola possibilità di mettere in esecuzione il lodo.

Cass. civ. n. 21894/2011

In tema di arbitrato, è inammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di rigetto del reclamo nei confronti del decreto di dichiarazione di esecutorietà del lodo, opposta nella specie con decreto di un giudice onorario del tribunale ex art. 825 c.p.c., nella vigenza dell'art. 824 bis c.p.c. conseguente alla novella del d.l.vo 2 febbraio 2006, n. 40; invero, avendo il lodo efficacia vincolante fra le parti dalla data della sua ultima sottoscrizione, deve escludersi che il decreto di esecutorietà sia in alcun modo assistito dal requisito della decisorietà, questa pertinendo alla sentenza arbitrale, nè da quello della definitività, esistendo diversi modi per rimuoverne l'efficacia, con conseguente esclusione dell'attitudine di tale decreto a pregiudicare i diritti soggettivi scaturibili dal rapporto definito con il lodo arbitrale, avendo rilevanza limitata alla sola possibilità di mettere in esecuzione il lodo.

Cass. civ. n. 11842/2003

Il lodo arbitrale, dichiarato esecutivo ai sensi dell'art. 825, comma quinto (nel testo vigente prima dell'introduzione della legge n. 25/1994), perdendo la natura e l'efficacia di atto negoziale, assume il valore di sentenza, idonea a produrre gli effetti del giudicato nel caso in cui non siano stati tempestivamente esperiti i mezzi di impugnazione o siano stati infruttuosamente consumati. Ne consegue che, ove la Corte di cassazione cassando con rinvio la pronuncia della Corte di appello dichiarativa della nullità del lodo, l'eventuale estinzione del procedimento, ex art. 393 c.p.c., per mancata riassunzione, dinanzi al giudice di rinvio, comportando l'efficacia prevista dall'art. 310 c.p. della sentenza di nullità del lodo dichiarata dalla Corte di appello travolge la decisione degli arbitri, che — quale provvedimento ormai di natura esclusivamente giurisdizionale — non conserva alcuna validità.

Cass. civ. n. 890/2001

Il provvedimento con il quale un collegio arbitrale (nella specie, per arbitrato rituale) dichiari «non luogo a provvedere» rilevando la decorrenza del termine prefissato per il deposito del lodo a causa della totale inerzia delle parti non si limita ad evidenziare il mero decorso del termine per il deposito del lodo, ma contiene, in realtà, una valutazione sostanziale dei termini della lite, sia pure di segno negativo, con la conseguenza che la competenza a conoscere della relativa controversia non può ritenersi attribuita, in via successiva ed automatica, al giudice ordinario, poiché, diversamente opinando, alla parte intenzionata a sottrarsi all'operatività della clausola compromissoria sarebbe sufficiente promuovere il giudizio arbitrale per rimanere, poi, del tutto inerte in ordine alla determinazione della domanda ed alla formulazione delle prove (onde precludere al collegio arbitrale la possibilità di decidere), realizzando, così, il proprio intento di devolvere la controversia al giudice ordinario. Ne consegue che l'esaurimento del potere decisorio del collegio arbitrale in ordine alla definizione della lite deve, in tal caso, ritenersi preclusivo di ogni possibilità di trasferire la controversia dinanzi al giudice ordinario, essendosi il procedimento arbitrale svolto (e concluso) con un provvedimento esaustivo della funzione decisoria degli arbitri.

Cass. civ. n. 5280/1998

Qualora sia stato conferito l'incarico di emettere un arbitrato irrituale, il deposito del provvedimento arbitrale, effettuato ex art. 825 c.p.c. per tuziorismo o per altra ragione, ed il decreto di esecutorietà emesso dal pretore non valgono a dar vita ad una sentenza arbitrale, con la conseguenza che avverso tale provvedimento non è ammissibile l'impugnazione per nullità ex art. 828 c.p.c., ma solo un'azione per eventuali vizi del negozio, da proporre con l'osservanza delle norme ordinarie sulla competenza e del doppio grado di giurisdizione.

Cass. civ. n. 1341/1988

L'obbligo del deposito del lodo sussiste soltanto nel caso di arbitrato rituale, cui si riferisce la norma dell'art. 825 c.p.c., e non anche nel caso di arbitrato libero o irrituale, il quale sfocia in un lodo che non ha natura di sentenza e non può assumerne l'efficacia, così configurando l'espressa dispensa da tale obbligo rilevante elemento per qualificare come irrituale l'arbitrato previsto dalle parti.

Cass. civ. n. 4834/1984

Per qualificare la natura di un arbitrato occorre riferirsi ai poteri attribuiti dalle parti all'arbitro quali risultano dal compromesso e non alla forma di cui sia stato rivestito l'atto finale del provvedimento. Pertanto, ove sia stato conferito l'incarico di emettere un arbitrato irrituale od una perizia contrattuale, il deposito del provvedimento arbitrale, effettuato ex art. 825 c.p.c., per tuziorismo (o per altra ragione), ed il decreto di esecutorietà emesso dal pretore non valgono a dar vita ad una sentenza arbitrale, con la conseguenza che avverso tale provvedimento arbitrale non è ammissibile l'impugnazione di nullità ex art. 828 c.p.c., ma solo un'azione per eventuali vizi del negozio da proporre con l'osservanza delle norme ordinarie sulla competenza, con rispetto del doppio grado di giurisdizione.

Cass. civ. n. 1869/1982

Il difetto di deposito ed omologazione del lodo comporta la preclusione della sua impugnazione, esimendo anche il giudice dalla necessità di accertare la natura rituale dell'arbitrato conclusosi con tale atto, senza che ne resti pregiudicata la possibilità che l'interesse alla decisione sul merito della lite sia soddisfatto mediante il ricorso al giudice competente a conoscerne in primo grado, secondo le regole ordinarie.

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