Cass. pen. n. 48397/2018
                                      Le attività di raggruppamento e abbruciamento in  piccoli  cumuli  dei  materiali  vegetali  di  cui  all'art.  185, comma  1,  lett.  f),  D.Lgs.  n.  152/2006  effettuate  con  le modalità ed alle condizioni indicate dall'art. 182, comma 6-bis,  non  rientrano  tra  le  attività  di  gestione  dei  rifiuti, non  costituendo  smaltimento,  e  non  integrano  alcun illecito. Al di fuori di tali modalità e condizioni non opera alcuna  deroga  e  divengono  applicabili  le  sanzioni previste  dall'art.  256  D.Lgs.  n.  152/2006  per  l'illecita gestione  di  rifiuti.  L'eventuale  applicazione  di  norme aventi  natura  eccezionale  e  derogatoria  rispetto  alla disciplina ordinaria in tema di rifiuti fa sì che l'onere della prova circa la sussistenza delle condizioni di legge debba essere  assolto  da  colui  che  ne  richiede  l'applicazione.
                                                        
                 
                            
                  Cons. Stato n. 924/2018
                                      In materia di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, in costanza di situazioni di urgenza e necessità, possono essere adottati provvedimenti ad hoc onde far fronte alla situazione  emergenziale,  purché  questi  abbiano un'efficacia limitata nel tempo stante la strumentalità dei rimedi  e  dei  poteri  concessi,  e  siano  congrui  alle disposizioni generali dell'ordinamento, così come anche la facoltà dell'Amministrazione di individuare gli impianti con  capacità  residua,  cercando  di  ottimizzare  gli interventi sia sotto il profilo tecnico che economico.
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 30625/2018
                                      Integra il reato di smaltimento non autorizzato di rifiuti  speciali non pericolosi, la combustione di residui vegetali  effettuata  senza  titolo  abilitativo  nel  luogo  di produzione  oppure  di  materiale  agricolo  o  forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato, se commessa  al  di  fuori  delle  condizioni  previste  dall'art. 182,  comma  6-bis,  primo  e  secondo  periodo,  D.Lgs.  n. 152/2006;  viceversa,  la  combustione  di  rifiuti  urbani vegetali, abbandonati o depositati in modo incontrollato, provenienti  da  aree  verdi,  quali  giardini,  parchi  e  aree cimiteriali, è punita esclusivamente in via amministrativa. L'onere della prova della liceità dell'operazione compete a  chi  invoca  l'applicazione  della  normativa  di  favore.  In tema di gestione dei rifiuti, integra il reato di smaltimento non autorizzato  di  rifiuti speciali  non  pericolosi,  di cui  al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 256, comma, lett. a), la combustione  di  residui  vegetali  effettuata  senza  titolo abilitativo  nel  luogo  di  produzione  oppure  di  materiale agricolo  o  forestale  naturale,  anche  derivato  da  verde pubblico  o  privato,  se  commessa  al  di  fuori  delle condizioni  previste  dall'art.  182,  comma  6-bis,  periodo primo  e  secondo;  viceversa  la  combustione  di  rifiuti urbani  vegetali,  abbandonati  o  depositati  in  modo incontrollato,  provenienti  da  aree  verdi,  quali  giardini, parchi  e  aree  cimiteriali,  è  punita  esclusivamente  in  via amministrativa, ai sensi  dell'art.  255  del citato  D.Lgs.  n. 152 (sez. III, n. 38658 del 15 giugno 2017 - dep. 2 agosto 2017,  Pizzo,  Rv.  27089701).  L'abbruciamento  di  piccoli cumuli  di  residui  vegetali  non  configura  il  reato  di gestione illecita di rifiuti solo se viene effettuato fuori dai periodi di divieto previsti dalle Regioni.
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 56277/2017
                                      Deve  ritenersi  integrata  la  contravvenzione  di gestione  non  autorizzata  di  rifiuti (art. 256,  D.Lgs.  n. 152/2006)  nel  caso  in  cui  il  materiale  vegetale  bruciato non sia prodotto sul terreno ove avviene la combustione e questa non sia finalizzata al reimpiego come concime o ammendante  dei  residui,  bensì  alla  mera  eliminazione del rifiuto.
                                                        
                 
                            
                  Cass. pen. n. 38658/2017
                                      In  tema  di  gestione  dei  rifiuti,  integra  il reato  di smaltimento  non  autorizzato  di  rifiuti  speciali non pericolosi,  di  cui  all'art.  256,  comma 1,  lett.  a),  D.Lgs.  3 aprile  2006  n.  152,  la  combustione  di  residui  vegetali effettuata senza titolo abilitativo nel luogo di produzione oppure  di materiale  agricolo  o forestale naturale,  anche derivato da verde pubblico o privato, se commessa al di fuori delle condizioni previste dall'articolo 182, comma 6-bis, primo e secondo periodo; viceversa la combustione di rifiuti urbani vegetali, abbandonati o depositati in modo incontrollato,  provenienti  da  aree  verdi,  quali  giardini, parchi  e  aree  cimiteriali,  è  punita  esclusivamente  in  via amministrativa,  ai  sensi  dell'art.  255  del  citato  D.Lgs. n. 152. (Rigetta, App. Palermo, 11 giugno 2015).
                                                        
                 
                            
                  Corte cost. n. 244/2016
                                      È  dichiarata  non fondata  la  questione  di  legittimità costituzionale - promossa  dalla  Regione  Lombardia  in riferimento  all'art.  120  Cost.  e  al  principio  di  leale collaborazione - dell'art.  35,  comma  11,  del decreto-legge  12 settembre  2014, n.  133  (c.d.  "Sblocca Italia), come convertito dalla legge n. 164 del 2014, che inserisce il comma 3-bis nell'art. 182 del D.Lgs. n. 152 del 2006.  La  disposizione  impugnata,  consentendo  alla Regione  nella  quale  sia  stato  dichiarato  lo  stato  di emergenza di  protezione  civile  per  calamità naturali  di smaltire  i  propri rifiuti  urbani  non  pericolosi in  altre Regioni, non  viola  il  principio  di  leale  collaborazione, perché  si  limita  a  rendere  legittima  per  lo  Stato  una decisione presa da una Regione diversa da quella in cui potrà avvenire lo smaltimento, senza escludere che tale decisione - nell'ambito dei rapporti orizzontali fra Regioni - possa essere oggetto di accordi o intese interregionali, da  concludersi  in  ogni  caso  seno  alla  Conferenza  dei Presidenti  delle  Regioni  e  non  in  sede  di  Conferenza Stato Regioni. Il principio di leale collaborazione attiene ai  rapporti - verticali - tra  lo  Stato  e  le  Regioni,  fermo restando che, per quelli orizzontali tra Regioni, è sempre possibile il raggiungimento di accordi o intese interregionali.
                                                        
                 
                            
                  Cons. Stato n. 900/2016
                                      L'art. 182, comma 4, D.Lgs. n. 152 del 2006 (Codice dell'ambiente), nell'attuale formulazione, prescrive che la realizzazione  e  la  gestione  di  nuovi  impianti  di incenerimento  di  rifiuti  possono  essere  autorizzate  solo se  il  relativo  processo  di  combustione  garantisca  un elevato livello di recupero energetico.
                                                        
                 
                            
                  Corte cost. n. 60/2015
                                      Non  è  fondata  la  questione  di  legittimità  costituzionale dell'art. 10, commi 2, 3, e 4, della legge della Regione  Basilicata  30  aprile  2014,  n.  7,  impugnato  dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all'art. 117, commi primo e secondo, lett. s), Cost., nella parte in cui, modificando gli artt. 7 e 8 della legge regionale n. 13 del  2005,  consente,  a  determinate  condizioni, l'eliminazione  mediante  abbruciamento  dei  residui vegetali, inclusi quelli provenienti dall'attuazione dei piani  di  forestazione  e  dalla  potatura  dei  complessi boscati. L'art.  182,  comma  6-bis, del  Codice dell'ambiente ha esplicitamente stabilito che le attività di raggruppamento  e  abbruciamento  in  piccoli  cumuli  e  in quantità  giornaliere  non  superiori  a  tre  metri  steri  per ettaro  dei  materiali  vegetali,  effettuate  nel  luogo  di produzione,  costituiscono  normali  pratiche  agricole consentite  per  il  reimpiego  dei  materiali  come  sostanze concimanti  o ammendanti, e  non attività di  gestione  dei rifiuti.  Peraltro,  anche  prima  del  citato  intervento legislativo, la giurisprudenza costituzionale e di legittimità ha riconosciuto che tanto l'art. 185, comma 1, lett. f), del codice dell'ambiente, quanto le corrispondenti disposizioni  della  direttiva  n.  2008/98/CE  già permettevano  di  annoverare  tra  le  attività  escluse dall'ambito  di  applicazione  della  normativa  sui  rifiuti l'abbruciamento  in  loco  dei  residui  vegetali,  in  quanto pratica ordinariamente applicata in agricoltura e nella selvicoltura.  Di  conseguenza,  il  legislatore  regionale  è legittimamente  intervenuto  in  tale  ambito,  trattandosi  di una  disciplina  che rientra  nella  materia  dell'agricoltura, riconducibile alle competenze di carattere residuale di cui all'art.  117,  quarto  comma, Cost.
                                                        
                 
                            
                  Cons. Stato n. 3215/2013
                                      Con  il  D.Lgs.  3  aprile  2006  n.  152  (v.  in  particolare l'art.  182,  comma  3,  di  detto  D.Lgs.),  è  stato  previsto  il principio  dell'autosufficienza  su  base  regionale dello smaltimento  dei  rifiuti  urbani;  pertanto, è  vietato smaltire  i  rifiuti  urbani  non  pericolosi  in  Regioni diverse  da  quelle  dove  gli  stessi sono  prodotti,  fatti salvi  eventuali  accordi  regionali  o  internazionali, qualora  gli  aspetti  territoriali  e l'opportunità  tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo  richiedano.  A  tale  scopo,  lo  smaltimento  dei  rifiuti urbani non pericolosi è attuato con il ricorso ad una rete integrata  ed  adeguata  di  impianti in modo  da  realizzare l'autosufficienza  nello  smaltimento  dei  rifiuti  urbani  non pericolosi  e  del  loro  trattamento  in  ambiti  territoriali ottimali (D.Lgs. n. 152/2006, art. 182-bis, comma 1), in attuazione del principio della prossimità territoriale, secondo il quale lo smaltimento  dei  rifiuti  urbani deve  avvenire  "in  uno  degli impianti  idonei  più  vicini  ai  luoghi  di  produzione  o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi" (art. 182-bis cit.).
                                          
                      –
                      
                                                          Il  principio  dell'autosufficienza  locale  nello smaltimento dei rifiuti (già previsto dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 - c.d. decreto Ronchi) per i rifiuti urbani non pericolosi  sussiste  ed  è  cogente  e non  può  essere esteso, naturalmente, a rifiuti diversi e, segnatamente,  a  quelli  speciali  o  pericolosi  in genere; infatti,  nei  confronti  dei  rifiuti  speciali  non pericolosi,  va  applicato  il  diverso  criterio,  pure  previsto dal  legislatore,  della  specializzazione  dell'impianto  di smaltimento  integrato  dal criterio  della  prossimità, considerato  il  contesto  geografico,  della  prossimità  al luogo di produzione, in modo da ridurre il più possibile la movimentazione dei rifiuti, secondo la previsione dell'art. 22, comma 3, lettera c), dello stesso decreto legislativo n. 22 del 1997.
                                          
                      –
                      
                                                          È da ritenere illegittimo il divieto di conferimento nelle  discariche  regionali  di  rifiuti  speciali provenienti  da  altre  Regioni,  in  quanto  tale  divieto, non  solo  può  pregiudicare  il  conseguimento  della finalità  di  consentire  lo  smaltimento  di tali  rifiuti  "in uno degli  impianti  appropriati  più  vicini" (art.  5, comma  3,  lettera  b),  del  decreto  legislativo  n.  22  del 1997), ma introduce addirittura, in contrasto con l'art. 120  della  Costituzione,  un  ostacolo  alla  libera circolazione  di  cose tra  le  regioni, senza  che sussistano  ragioni  giustificatrici,  neppure  di  ordine sanitario  o  ambientale.  Del  resto,  anche  alla  luce  della normativa comunitaria, il rifiuto è pur sempre considerato un "prodotto", in quanto tale fruente, in via di principio e salvo  specifiche  eccezioni,  della  generale  libertà  di circolazione  delle  merci.
                                                        
                 
                            
                  Cons. Stato n. 784/2012
                                      Il  principio  di  autosufficienza  dell'ambito  territoriale ottimale nello smaltimento di rifiuti urbani non pericolosi, stabilito dall'art. 182, comma 3, del D.Lgs. 152/2006, non si sostanzia nel divieto di smaltimento di rifiuti provenienti da  altri  ambiti  territoriali. L'autosufficienza,  infatti,  si atteggia  come  fine  dell'azione  amministrativa  e dunque come obiettivo da perseguire, non già come presupposto  di  legittimità  dell'autorizzazione  allo smaltimento  dei  rifiuti.