Cons. Stato n. 3031/2019
La procedura dettata dall'art. 129 D.Lgs. n. 104/2010 per i giudizi avverso gli atti di esclusione dal procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali è incompatibile, in ragione delle esigenze di certezza e di celerità da essa coltivate, con qualsiasi tipo di fase incidentale che possa comportare il differimento dell'udienza o la sospensione del giudizio, quale la rimessione di una questione di legittimità costituzionale, con la conseguenza che la fruizione delle garanzie connesse ad eventuali fasi incidentali resta riservata alle impugnazioni dei risultati delle competizioni, secondo il rito disciplinato dagli artt. 130 ss. dello stesso D.Lgs. n. 104/2010.
Cons. Stato n. 2621/2019
L'art. 129, comma 5, D.Lgs. n. 104/2010 (applicabile anche in appello ai sensi dell'art. 129, comma 9, D.Lgs. n. 104/2010), nel prevedere che nel giudizio, avente ad oggetto gli atti di esclusione dal procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali e per il rinnovo dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, l'udienza di discussione si celebra nel termine di tre giorni dal deposito del ricorso, non vieta la fissazione dell'udienza pubblica, senza avvisi, anche il giorno stesso del deposito dell'appello, quando esigenze di celerità lo impongano, come nel caso di specie, per lo spedito svolgimento delle operazioni elettorali. Tanto non viola il diritto di difesa, avendo la parte ricorrente - e, con essa, anche le altre parti del giudizio - l'onere di verificare la fissazione dell'udienza in seguito alla proposizione del ricorso debitamente pubblicizzato ai sensi dell'art. 129, comma 8, lett. c), D.Lgs. n. 104/2010, anche ad horas, e di attivarsi per presenziare all'udienza, ove lo ritengano opportuno, per tutelare i propri interessi.
Corte cost. n. 164/2018
È dichiarato inammissibile - per assenza del requisito soggettivo - il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto da (Omissis), nella qualità di cittadino elettore e soggetto politico, in relazione alle leggi e norme in materia elettorale (n. 270 del 2005, n. 52 del 2015, n. 165 del 2017; artt. 1, 11, primo comma, 12, commi dal primo al quinto, 13, primo e secondo comma, 15, primo comma, 18, primo comma, n. 1, 20, primo comma, n. 2, 21, commi primo, nn. 1, 1 bis, 2, 3, e secondo, e 22, primo comma, della legge n. 18 del 1979; 1, primo comma, 18 bis, commi primo e terzo, 22, terzo comma, 83, commi 3, 4 e 5, 92, primo comma, n. 2, primo periodo, del d.P.R. n. 361 del 1957; 1, comma 2, 9, commi 2, primo periodo, 3, 4 e 5, 16, 19, 20, comma 1, lett. a), primo periodo, e b), primo e quarto periodo, e 27 del D.Lgs. n. 533 del 1993; 8, commi 1, lett. c), e 3, della legge n. 459 del 2001; 4, comma 2, lett. b), della legge n. 28 del 2000; nonché degli artt. 11, 52, comma 5, 54, commi 1, 2 e 3, 95, comma 6, 126, comma 1, 128, 129, commi 1, 2 e 10, 130, 132, comma 1, e 135, comma 1, del codice del processo amministrativo), per asserita lesione delle prerogative del corpo elettorale, nonché del proprio "diritto elettorale attivo, attraverso il voto" e del proprio diritto elettorale "passivo, attraverso la candidatura", quali "espressioni del potere del popolo". È palese l'assenza del requisito soggettivo, essendo il conflitto proposto da un singolo cittadino, che si qualifica "Potere dello Stato appartenente al Corpo Elettorale", e ciò a prescindere dall'altrettanto palese assenza dell'elemento oggettivo del conflitto, lamentando il ricorrente la lesione di plurimi parametri costituzionali senza motivare la ridondanza delle asserite lesioni sulla propria sfera di attribuzioni costituzionali. Per costante giurisprudenza costituzionale, il singolo cittadino, seppure vanti la qualità di elettore, non è investito di funzioni tali da legittimarlo a sollevare conflitto di attribuzione, non essendogli conferita, in quanto singolo, alcuna attribuzione costituzionalmente rilevante.
Cons. Stato n. 999/2018
Ai sensi del combinato disposto degli artt. 126 e 129 del codice del processo amministrativo, il giudice amministrativo ha giurisdizione in materia di operazioni elettorali relative al rinnovo degli organi elettivi dei comuni, delle province, delle regioni e all'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, ma non anche in materia di elezioni "politiche" nazionali e, nello specifico, sulle controversie concernenti l'esclusione delle liste dalle elezioni politiche e, dunque, riferite al procedimento elettorale preparatorio per le elezioni politiche alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica, rispetto alle quali vi è un difetto assoluto di giurisdizione.
Cass. civ. n. 13403/2017
Le controversie aventi ad oggetto i diritti di elettorato attivo e passivo appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, la quale non viene meno per il fatto che la questione relativa alla sussistenza, o non, dei diritti suddetti sia stata introdotta mediante l'impugnazione del provvedimento di proclamazione o di convalida degli eletti, perché anche in tali ipotesi la decisione non verte sull'annullamento dell'atto amministrativo impugnato, bensì direttamente sul diritto soggettivo perfetto inerente all'elettorato suddetto. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto la giurisdizione del giudice ordinario nelle controversie riunite in cui si chiedeva la declaratoria di esclusione dal procedimento elettorale delle liste collegate al candidato sindaco di un comune e la proclamazione di altro candidato sindaco, nonché la decadenza dalla carica di un consigliere provinciale per avere illegittimamente autenticato le firme delle liste collegate al medesimo candidato sindaco). (Regola giurisdizione).
Corte cost. n. 96/2017
È ordinata la restituzione degli atti al TAR Lombardia perché rivaluti, alla stregua dello ius superveniens, la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale - sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 114 Cost. - degli artt. 126, 128, 129 e 130 del D.Lgs. n. 104 del 2010, nella parte in cui riferiscono il nuovo rito speciale elettorale alla elezione dei soli organi di Comuni, Province e Regioni e non anche di quelli delle Città metropolitane. Il sopravvenuto D.L. n. 168 del 2016 - applicabile anche ai procedimenti (come quello a quo) pendenti alla data della sua entrata in vigore - incide direttamente su tutte le disposizioni denunciate, rendendole applicabili anche alle elezioni delle Città metropolitane.
Cass. civ. n. 21262/2016
La domanda avente come "petitum" sostanziale la tutela del diritto di elettorato attivo, proposta prima ed al di fuori del relativo procedimento elettorale, spetta alla cognizione del giudice ordinario, quale giudice naturale dei diritti fondamentali e, tra questi, dei diritti politici, atteso che la giurisdizione amministrativa in materia di contenzioso elettorale non è esclusiva, e che l'eventuale carenza di interesse ad un'azione di mero accertamento del diritto di voto non si colloca sul piano dell'individuazione del giudice munito di "potestas iudicandi", ma riguarda il diverso ambito della riscontrabilità, o meno, nella causa così come proposta, di detta condizione dell'azione, la cui valutazione è riservata al giudice adito. (Regola giurisdizione).
Cass. civ. n. 19911/2016
Nel regime dell'assetto della giurisdizione di cui all'art. 7 della L. n. 205 del 2000, la controversia introdotta da un consigliere regionale per ottenere il risarcimento dei danni sofferti in conseguenza del ritardo nella consecuzione della carica, a causa di errori commessi dagli organi amministrativi preposti alle operazioni elettorali, appartiene alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo, ancorché la domanda fosse stata proposta successivamente alla sentenza di quest'ultimo che, accertata l'erroneità delle operazioni elettorali e dei suoi risultati quanto alla posizione del consigliere, ne aveva disposto la correzione in senso a lui favorevole, rigettando, per ragioni di rito afferenti alla sua tardiva proposizione, l'istanza risarcitoria formulata nel giudizio di impugnazione del risultato elettorale. (Rigetta e dichiara giurisdizione, App. Campobasso, 10/10/2014).
Cons. Stato n. 32/2014
In materia di ricorso elettorale, con particolare riguardo a quanto prescritto dall'art. 40, comma 1, lett. c), del codice del processo amministrativo, occorre tenere distinte le problematiche in tema di onere di specificità dei motivi di ricorso e di indicazione dei mezzi di prova. Tali problematiche, sebbene frequentemente accomunate in giurisprudenza quanto alle ragioni che giustificano l'attenuazione dell'onere gravante sul ricorrente, riguardano istituti processuali sostanzialmente diversi. Esse, pertanto, vanno tenute distinte ed esaminate separatamente.
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In materia di ricorso elettorale, il requisito della specificità dei motivi deve essere valutato con rigore attenuato, posto che l'interessato, non avendo la facoltà di esaminare direttamente il materiale in contestazione, deve rimettersi alle indicazioni provenienti da terzi (che possono essere imprecise o non esaurienti); l'onere in questione si intende osservato quando l'atto introduttivo indichi la natura dei vizi denunziati, il numero delle schede contestate e le sezioni cui si riferiscono le medesime.
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In materia di ricorsi elettorali, l'osservanza dell'onere di specificità dei motivi non assorbe l'onere della prova, posto che anche una denuncia estremamente circostanziata dell'irregolarità in cui sia incorsa la sezione elettorale, deve pur sempre essere sorretta da allegazioni ulteriori rispetto alle affermazioni del ricorrente; e, per altro verso, che un motivo anche strutturato in termini specifici può rendere inammissibile il ricorso allorché questo presenti caratteri tali da doversi qualificare come esplorativo.
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In ogni giudizio di legittimità, ma in modo particolare nel caso di ricorso elettorale, l'onere della prova subisce una attenuazione, analogamente a quanto si è detto per la diversa prescrizione concernente la specificità dei motivi di ricorso. Anche a questo riguardo, infatti, accade frequentemente che il soggetto interessato non disponga di elementi documentali idonei a provare le illegittimità in cui sia incorso il seggio elettorale, e che la prova della fondatezza della doglianza non possa essere raggiunta se non mediante l'esercizio dei poteri istruttori di cui dispone il giudice. Ove l'onere della prova dovesse applicarsi con il rigore ordinariamente imposto dalle norme processuali generali, che sanzionano con l'inammissibilità il ricorso non sorretto dalla prova delle censure dedotte, l'indisponibilità degli atti da parte del ricorrente finirebbe per privarlo del diritto di difesa.
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Nel caso di ricorso elettorale, l'onere della prova gravante sul ricorrente deve considerarsi circoscritto alla allegazione di elementi indiziari, pur estranei agli atti del procedimento, ma dotati della attendibilità sufficiente a costituire un principio di prova plausibile ed idoneo a legittimare l'attività acquisitiva del giudice. In particolare, si debbono ritenere sufficienti principi di prova le dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà rilasciate, ai sensi del d.P.R. n. 445 del 2000, da rappresentanti di lista, in epoca successiva alla proclamazione dell'esito della consultazione, anche se gli stessi soggetti non abbiano svolto contestazioni in sede di spoglio delle schede.
Cons. Stato n. 4474/2013
Nel giudizio elettorale il principio della specificità dei motivi di censura e dell'onere della prova è da considerarsi attenuato in considerazione della situazione di obiettiva difficoltà in cui si trova il soggetto che ha interesse a contestare le operazioni elettorali illegittime sulla base di dati informativi di carattere indiziario e della correlata esigenza di garantire l'effettività della tutela giurisdizionale sancita dagli artt. 24 e 113 Cost., per cui è necessario e sufficiente, ai fini dell'ammissibilità del ricorso o delle singole doglianze, che l'atto introduttivo indichi, non in termini astratti ma con riferimento a fattispecie concrete, la natura dei vizi denunziati, il numero delle schede contestate e le sezioni cui si riferiscono, mentre si appalesano inammissibili azioni esplorative volte al mero riesame delle operazioni svolte.
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Nel giudizio elettorale, è generica la doglianza con cui il ricorrente, pur indicando con precisione il numero delle preferenze non attribuite e le sezioni elettorali in cui tale situazione si è verificata, ometta di esprimere quali vicende illegittime abbiano provocato tale mancata attribuzione; ciò in quanto anche nel contenzioso elettorale il ricorrente ha l'onere di prospettare con sufficiente grado di concretezza i motivi di censura - in modo da far ragionevolmente individuare i vizi che avrebbero contrassegnato l'attribuzione dei voti di preferenza - all'evidente scopo di evitare che l'indicazione dei voti contestati si trasformi in un mero espediente per provocare un generale riesame delle schede elettorali in sede di giudizio.
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Nel contenzioso elettorale, il principio della specificità dei motivi di censura, seppure lievemente temperato, richiede pur sempre, ai fini dell'ammissibilità del ricorso o delle singole doglianze, che l'atto introduttivo indichi la natura dei vizi denunciati, il numero (esatto) delle schede contestate e le Sezioni cui si riferiscono le schede medesime, con la precisazione però che tutto ciò non va enunciato in termini astratti, ma con riferimento a fattispecie concrete, e cioè in modo tale che la vaghezza delle critiche non riveli la natura esplorativa della doglianza.
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Nel giudizio elettorale, mentre di norma non si riconosce alcun valore di principio di prova alle dichiarazioni rese da cittadini elettori, si attribuisce tale valore alle dichiarazioni rese dai rappresentanti di lista in quanto gli stessi, pur non essendo componenti del seggio elettorale, sono tuttavia soggetti che svolgono nei seggi funzioni regolate dalla normativa elettorale, partecipano a tutte le operazioni del seggio e svolgono funzioni di controllo del procedimento elettorale; pertanto, l'intervento dei rappresentanti di lista si giustifica quale garanzia ulteriore predisposta dall'ordinamento per assicurare, nell'interesse generale, il corretto svolgimento delle operazioni di scrutinio.
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Nel procedimento elettorale i verbali di sezione non devono contenere i motivi di annullamento delle singole schede, né vi è l'onere che uno o più rappresentanti di lista contestino singole decisioni del seggio, obbligando questo alla verbalizzazione perché, in caso contrario, i ricorrenti sarebbero tenuti a dimostrazioni probatorie virtualmente impossibili ed inoltre l'assenza di propri rappresentanti di lista o di eventuali altri soggetti presenti allo scrutinio vanificherebbe l'esercizio della tutela giurisdizionale in campo elettorale.
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La circostanza che i verbali delle operazioni elettorali in quanto atti pubblici, ai sensi dell'art. 2700 Cod. civ., fanno piena prova sino a querela di falso di quanto il presidente di seggio, in qualità di pubblico ufficiale, attesta di avere compiuto ed essere avvenuto in sua presenza non significa che non possa essere messo in discussione, non quanto il pubblico ufficiale attesta essere avvenuto e da lui compiuto, ma piuttosto l'esattezza dei dati trascritti, da verificare alla luce di altri atti anch'essi facenti parte del procedimento elettorale, ovvero la conformità alle norme di quanto risultante dal verbale; in tale caso, infatti, non viene dedotta la falsità delle attestazioni e la fede privilegiata di cui gode il verbale ed è consentito al giudice amministrativo di compiere tutti gli accertamenti istruttori ritenuti necessari, nei limiti dei motivi del ricorso proposto, al fine di verificare l'effettiva volontà espressa dal corpo elettorale.
Cons. Stato n. 2500/2013
L'art. 129 comma 1 c.p.a. consente l'impugnazione immediata solo dei provvedimenti di esclusione di liste o candidati relativi al procedimento preparatorio delle elezioni amministrative ed esclusivamente su ricorso dei delegati di liste o dei gruppi di candidati esclusi. Tuttavia, nel caso di specie, sarebbe impossibile per i cittadini elettori tutelare le proprie ragioni in via ordinaria, dopo la proclamazione degli eletti, qualora sul procedimento ex art. 129 c.p.a. si dovesse formare il giudicato circa l'ammissibilità o meno delle lista. Questi sono pertanto legittimati ad appellare la sentenza del Tar di ammissione della lista de quo, in quanto, in tema di contenzioso elettorale, il giudicato formatosi acquista autorità ed efficacia erga omnes.
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Ai sensi dell'art. 129, comma 1 c.p.a., l'unica specialità, quanto alla legittimazione attiva, del rito elettorale preparatorio riguarda la fase introduttiva del giudizio di primo grado in quanto, una volta incardinato il rapporto processuale, tutti i soggetti legittimati possono contrastare il ricorso originario o appellare la sentenza di accoglimento al fine di evitare la formazione di un giudicato a loro opponibile.
Cons. Stato n. 2145/2012
In tema di elezioni comunali, è ammissibile l'impugnativa, proposta ex art. 129 c.p.a., avverso l'ammissione di una lista e non contro la sua esclusione.
Cons. Stato n. 2559/2011
L'interpretazione della disposizione contenuta nella lettera b) del secondo comma dell'articolo 129 c.p.a., (a mente del quale il ricorso in materia elettorale deve essere notificato all'ufficio che ha emanato l'atto e alla Prefettura), coerente con la ratio acceleratoria cui è ispirato il giudizio elettorale, ne determina l'incompatibilità con l'applicazione della normativa generale in tema di notifica dei ricorsi alle amministrazioni e agli uffici statali presso la competente Avvocatura Distrettuale dello Stato: ciò sia in ragione della ristrettezza dei termini imposti dal legislatore sia dagli specifici compiti cui deve adempiere, proprio secondo il citato articolo 129 c.p.a., l'ufficio che ha emanato l'atto impugnato, adempimenti inconciliabili con la natura e le funzioni dell'Avvocatura dello Stato e strettamente conseguente alla ricevuta notificazione del ricorso.
Cons. Stato n. 2541/2011
Nel giudizio elettorale devono ritenersi ammissibili anche censure parzialmente generiche, oppure destinate a risultare poi affette da errata individuazione del fatto che ha provocato la determinazione illegittima: diversamente, l'attenuazione dell'onere probatorio nel processo amministrativo elettorale risulterebbe priva di concreta incidenza e si risolverebbe in una sterile dichiarazione di intenti.
Cons. Stato n. 1766/2011
Nel giudizio elettorale sono ammissibili i motivi aggiunti che costituiscano svolgimento di censure tempestivamente proposte, con la conseguenza che non sono ammessi i nuovi motivi di ricorso derivanti da ulteriori vizi emersi a seguito delle verifiche istruttorie disposte dal giudice in relazione alle originarie censure.