Cons. Stato n. 1541/2017
Gli atti di parte redatti, notificati o depositati in forma cartacea o sprovvisti di firma digitale dal 1° gennaio 2017, data di entrata in vigore del processo amministrativo telematico (PAT), non danno luogo a inesistenza, abnormità o nullità dei menzionati atti ma solo ad una situazione di irregolarità. Per mantenere intatte le finalità proprie del PAT ed impedirne la pratica elusione - che rischierebbe di tramutarsi in una fuga sistematica dalla forma digitale (con grave pregiudizio per le esigenze di correntezza della gestione informatica del processo amministrativo) - deve tuttavia ritenersi che, se il ricorso e il deposito sono irregolari perché non assistiti, il primo, dalla forma e dalla sottoscrizione digitale, il secondo, dalla modalità telematica, l'irregolarità che si verifica (diversa da quella per così dire "ordinaria") non può essere sanata dalla costituzione degli intimati in base allo schema divisato dalla norma sancita dall'art. 44, c. 3, c.p.a., e dunque il giudice amministrativo - ai sensi del c. 2 dell'art. 44 c.p.a. - deve, sempre e comunque, fissare al ricorrente un termine per la sua regolarizzazione nelle forme di legge. Tale termine, in quanto assegnato dal giudice (e in difetto di diversa previsione) è perentorio (art. 52, c. 1, c.p.a.). Alla sua mancata osservanza segue l'irricevibilità del ricorso. Si evidenzia che le summenzionate considerazioni sono formulate con riguardo agli atti di impulso di parte (ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, ricorso incidentale, motivi aggiunti, appello principale e incidentale, ecc.), ma, con gli adattamenti del caso, sono suscettibili di essere estese a tutte le fattispecie in cui un atto del processo - a partire dagli atti della parte intimata (il che, ad esempio, ha particolare rilievo nell'ipotesi regolata dall'art. 101, c. 2, c.p.a.), delle altre parti del processo, del giudice e dei suoi ausiliari - sia redatto in forma cartacea anziché in forma digitale.
Cons. Stato n. 1322/2017
In considerazione della sussistenza di un contrasto di indirizzi in giurisprudenza, potenzialmente idonei a pregiudicare l'equa ed uniforme applicazione della normativa di riferimento, va disposto il deferimento all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato della questione se, nel sistema anteriore all'entrata in vigore dell'art. 14 del d.P.C.M. 16 febbraio 2016, n. 40 (con il quale è stato approvato il "Regolamento recante le regole tecnico-operative per l'attuazione del processo amministrativo telematico"), fosse ammissibile, nel processo amministrativo, la notifica del ricorso introduttivo a mezzo PEC, anche in difetto di apposita autorizzazione presidenziale ex art. 52, comma 2, cod. proc. amm.
Cons. Stato n. 131/2017
L'appello al Consiglio di Stato è inammissibile se notificato all'Avvocatura soltanto mediante posta elettronica certificata. Nel processo amministrativo, infatti, in assenza di apposita autorizzazione presidenziale ai sensi dell'art. 52, comma 2, D.Lgs. n. 104/2010 (CPA), è inammissibile la notifica del ricorso giurisdizionale mediante posta elettronica certificata (la tendenza del processo amministrativo a trasformarsi in processo telematico rappresenta prima dell'1 gennaio 2017 un mero orientamento) (Conforme alla sentenza Cons. St. n. 127/2017).
Cons. Stato n. 4727/2016
È inammissibile un appello innanzi al Consiglio di Stato notificato alla controparte soltanto mediante posta elettronica certificata, atteso che, sulla scorta della più attendibile giurisprudenza, deve ritenersi che nel processo amministrativo, in assenza di apposita autorizzazione presidenziale ai sensi dell'art. 52, comma 2, c.p.a., è inammissibile la notifica del ricorso giurisdizionale mediante posta elettronica certificata ai sensi della L. 21 gennaio 1994, n. 53 essendo esclusa, in base all'art. 16-quater comma 3-bis, d.l. n. 179 del 2012, convertito dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, l'applicabilità alla giustizia amministrativa delle disposizioni idonee a consentire l'operatività nel processo civile del meccanismo di notificazione.
Cons. Stato n. 3252/2011
Quanto al caso in cui il giorno di scadenza sia festivo, la proroga di diritto al primo giorno seguente non festivo opera non solo per i termini legali, ma anche per quelli fissati dal giudice.
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Il sabato è stato equiparato ai festivi (in virtù della novella di cui all'art. 2, comma 11, D.L. n. 263 del 2005, in vigore dal 1° marzo 2006); l'equiparazione opera però al solo fine del compimento degli atti processuali svolti fuori dell'udienza che scadono di sabato, onde consentire agli avvocati di procedere ai relativi adempimenti, concernenti i termini di notifica e deposito che scadono di sabato, il successivo lunedì; a tutti gli altri effetti il sabato è considerato giorno lavorativo, anche per quanto attiene, dunque, alle attività di ufficiali giudiziari e di addetti agli uffici ricorsi, come dispone espressamente l'art. 155 c.p.c. (tanto emerge implicitamente dal decreto del presidente del Consiglio di Stato n. 83 del 2010 che ha disciplinato, con decorrenza 1° ottobre 2010, gli orari di apertura al pubblico dell'ufficio ricevimento ricorsi e delle segreterie delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato).
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L'art. 52, comma 5, c.p.a. estende al sabato solo la "proroga di cui al comma 3", ossia la proroga dei giorni che scadono di giorno festivo, e dunque non anche il meccanismo di anticipazione di cui al comma 4; ne consegue che se un termine a ritroso scade di sabato, esso non va anticipato al venerdì, così come se il termine a ritroso scade di domenica, va anticipato al sabato e non al venerdì.
Cons. Stato n. 4710/2007
La ratio della notifica per pubblici proclami disciplinata nel processo amministrativo dagli art. 14 e 16, R.D. 17 agosto 1907 n. 642 (recante regolamento per la procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, applicabile ai giudizi davanti al Tar in virtù del rinvio di cui all'art. 19, comma 1, L. Tar), è quella di consentire l'effettività della tutela giurisdizionale del ricorrente anche in presenza di una somma difficoltà di chiamare in giudizio nelle forme ordinarie un elevato numero di persone, pur considerando specifiche cautele, quali l'indicazione nell'autorizzazione di controinteressati a cui la notificazione debba farsi nei modi ordinari, tese a rendere meno labili le probabilità di fatto di una reale cognizione del ricorso, dunque a rendere compatibile l'istituto in argomento con il principio costituzionale (art. 24) del contraddittorio, a fronte del quale il medesimo istituto rappresenta di per sé un'attenuazione, pur dettata da apprezzabili ragioni. In altri termini la notifica per pubblici proclami, per sua natura eccezionale, in relazione alle minori garanzie che essa presenta rispetto alla notifica in forma ordinaria deve essere necessariamente eseguita in modo da rendere più probabile e meno disagevole la conoscenza effettiva dell'atto così notificato da parte dei destinatari; sicché in linea generale, ossia salva l'ipotesi suaccennata di difficoltà di identificazione nominativa dei controinteressati, il relativo annuncio deve contenere l'indicazione - oltre che degli estremi del ricorso, del nome del ricorrente e dell'amministrazione intimata, dei provvedimenti impugnati e di un sunto dei motivi di gravame - dei nominativi dei controinteressati, in carenza della quale la notifica è inesistente.