Casi in cui è ammessa la devoluzione del fondo enfiteutico
Per quanto riguarda la devoluzione del fondo enfiteutico, questa, analogamente a quanto disponeva il codice del 1865, è ammessa nel caso in cui l'enfiteuta deteriori il fondo o non adempia all'obbligo di migliorarlo e nel caso in cui sia in mora nel pagamento di due annualità di canone.
La devoluzione porta con sè la cessazione dell'enfiteusi, la cessazione cioè del diritto spettante all'enfiteuta sul fondo, e il conseguente ritorno del medesimo al concedente, dal quale si era diviso a seguito della fatta concessione.
La Commissione reale per la riforma dei codici aveva ritenuto opportuno precisare che l'enfiteuta non contravviene all'obbligo di non deteriorare e di migliorare il fondo, se, in contemplazione di miglioramenti futuri, siano state compiute trasformazioni od opere che intanto ne abbiano diminuito o annullato la produttività. Ma il legislatore non ha ritenuto di accogliere una simile proposta, essendo la cosa apparsa troppo evidente e quindi non bisognevole di precisazione.
Il nuovo codice, inoltre, innovando su quello del 1865, ha ammesso che l'enfiteuta moroso possa purgare la mora finchè nel giudizio di devoluzione non sia intervenuta sentenza definitiva, e cioè la sentenza che accoglie la domanda di devoluzione, anche se essa non sia passata in giudicato. Ma, introdotta tale norma a favore dell'enfiteuta, non era più ammissibile il mantenimento in vigore della formalità dell'interpellazione richiesta dall'art. 1565, n. 1, del codice del 1865: e infatti il nuovo codice non la contempla, troncando cosi in pieno le lunghe dispute cui essa aveva dato sempre luogo circa la sua interpretazione.
Non è detto, però, che, oltre che nei due casi esplicitamente citati nella legge, la devoluzione non possa aver luogo in altri casi eventualmente previsti nel contratto. Lo scopo che il legislatore si è prefisso, dettando la disposizione in esame, non è stato tanto quello di prescrivere tassativamente i casi nei quali soltanto può esercitarsi, da parte del concedente, il diritto di domandare la devoluzione del fondo, quanto quello di ammettere senz'altro il diritto a chiedere la devoluzione nei due casi indicati, anche nell'eventualità che non ne sia fatto alcun cenno nell'atto di costituzione. E tale diritto è basato sulla presunta volontà dei contraenti, dato che se da parte dell'enfiteuta non si adempie a quelle che sono le sue principali obbligazioni, non può pretendersi che, da parte del concedente, si consenta la continuazione del contratto, poiché a questo eccesso non si sarebbe addivenuti, qualora, al momento del contratto, una simile questione fosse stata posta.
Prevalenza della domanda di affrancazione su quella di devoluzione
L'ultimo comma dell'articolo, infine, in armonia a quanto disposto dall'art. 1565, primo comma, del codice del 1865, sanziona la prevalenza della domanda di affrancazione su quella di devoluzione. Naturalmente intanto tale prevalenza può farsi valere in quanto il diritto di affrancazione possa essere esercitato: cosi, per esempio, se non sono ancora trascorsi venti anni dalla costituzione dell'enfiteusi, oppure se non è stato ancora attuato il piano di miglioramenti predisposto nell'atto costitutivo, il diritto di affrancazione non può essere esercitato. È evidente che, in tale caso, gli effetti della domanda di devoluzione non potranno essere paralizzati dalla domanda di affrancazione.
Eccezione a tale principio
Ma pur mantenendo il principio della prevalenza del diritto di affranco sulla domanda di devoluzione, già sancito dal codice del 1865 nel primo comma dell'art. 1565, il nuovo codice ha introdotto un'eccezione della quale non si aveva alcuna traccia nel vecchio codice, per il caso di contravvenzione all'obbligo di non deteriorare e di migliorare, sempre che l'inadempimento sia di considerevole gravità. E la nuova disposizione appare più che giustificata, se solo si consideri che l'obbligo di migliorare è un requisito essenziale dell'enfiteusi e che l'inadempimento, quando rivesta una certa gravita, rivela inettitudine o negligenza da parte dell'enfiteuta.
Ammessa, in questo caso, la prevalenza della domanda giudiziale di devoluzione su quella di affrancazione, tale prevalenza permane anche se la domanda di affrancazione è stata anteriormente proposta, purché non sia intervenuta sentenza definitiva.