Disponibilità del diritto dell'enfiteuta
Come già il codice del 1865 (art. 1562), il nuovo codice ha mantenuto fermo il principio della disponibilità del proprio diritto da parte dell'enfiteuta, sia per atto tra vivi, sia per atto di ultima volontà.
L'enfiteuta, pertanto, può consentire sul fondo enfiteutico l'iscrizione ipotecaria, oppure l'esercizio di una servitù, oppure può vendere ad altri il fondo enfiteutico. Nel caso dell'iscrizione ipotecaria, questa va a colpire il diritto che spetta all'enfiteuta e non quello che compete al proprietario; nel caso dell'esercizio della servitù questo s'intenderà limitato alla durata dell'enfiteusi, perché la servitù può imporsi solo sul diritto che appartiene all'enfiteuta sul fondo, e non su quello del proprietario; infine, nel caso di vendita, questa deve ritenersi limitata ai diritti che gli spettano sul fondo enfiteutico.
E in questo caso di alienazione, cioè del diritto dell'enfiteuta, comunque essa venga effettuata non è dovuta, giusto il disposto del primo capoverso dell'articolo, alcuna prestazione al concedente, poiché il legislatore con ciò ha voluto rimuovere qualsiasi ostacolo alla libera trasmissione dei beni.
Sue limitazioni
Poiché, però, una tale facoltà di disporre anche senza il consenso del concedente poteva rappresentare un ostacolo insormontabile alla costituzione di nuove enfiteusi, il legislatore, innovando rispetto al vecchio codice, ha ammesso la possibilità di derogarvi, riconoscendo al concedente la facoltà di stabilire un limite a tale potere di disposizione. Infatti, nel terzo comma dell'articolo, è stato stabilito che nell'atto costitutivo può essere vietato all'enfiteuta, per un tempo non superiore a vent'anni, di disporre per atto tra vivi, in tutto o in parte, del proprio diritto.
Superato questo limite, la facoltà di disporre del proprio diritto da parte dell'enfiteuta ritorna piena. Se così non fosse, da una parte i beni finirebbero con l'essere vincolati in perpetuo e perderebbero il loro valore di scambio; dall'altra, sarebbe impossibile od ostacolato il passaggio del fondo da enfiteuti meno idonei a enfiteuti più idonei, e l'enfiteuta non potrebbe liberarsi da questo vincolo se non soggiacendo volontariamente alla devoluzione.
Scopo delle limitazioni
Scopo della limitazione, d'altra parte, è soprattutto - se non unicamente - quello di frenare lo spirito di speculazione: si è infatti voluto impedire che l'enfiteuta si desse maggior cura di speculare sull'alienazione del suo diritto che migliorare il fondo. E affinché la limitazione avesse pieno effetto è stato anche sancito che l'infrazione di tale divieto avesse per effetto che l'enfiteuta non venisse liberato dai suoi obblighi verso il concedente ed è sempre tenuto a questi solidalmente con l'acquirente.
Analogamente a quanto era disposto dal codice del 1865, infine, è stata mantenuta l'esclusione di qualsiasi prestazione al concedente per l'alienazione del diritto dell'enfiteuta, costituendo il laudemio un vincolo sulla libera disponibilità del diritto stesso.