I beni delle province e dei comuni che sono soggetti al regime della demanialità
Il codice attuale, al pari di quello abrogato, ha voluto riservare la denominazione di
pubblico demanio soltanto ai beni appartenenti allo Stato a titolo di proprietà pubblica. La tradizione e il diritto positivo hanno sempre ammesso, accanto ai beni di proprietà pubblica dello Stato, anche quelli spettanti per lo stesso titolo alle province e ai comuni. Per tale ragione il presente art. 824 c.c. non parla di demanio provinciale e comunale, ma di
beni delle province e dei comuni «
soggetti al regime del demanio pubblico » : si tratta più di una equiparazione che di una unificazione di condizione giuridica.
Questa equiparazione è fatta, come si vede, soltanto nei riguardi dei beni propri delle province e dei comuni e non anche di altri enti pubblici La
ragione di questa limitazione deve ricercarsi in una costante tradizione, che a sua volta trova spiegazione nel concetto stesso della proprietà pubblica: essendo questa un diritto reale, per la cui tutela sono necessari poteri di polizia e di sovranità di carattere assoluto, esercitabili cioè
erga omnes, ed essendo tali poteri propri soltanto degli enti territoriali, ne consegue che soltanto questi nel nostro diritto - oltre lo Stato, la provincia e il comune - possono essere soggetti di proprietà pubblica.
Quanto ai
beni che possono formare oggetto di questo diritto fra quelli appartenenti alle province e ai comuni, essi sono gli stessi, per natura e per destinazione economica, che possono far parte del demanio dello Stato, ad eccezione naturalmente di quelli che non possono appartenere se non a quest'ultimo. Di fatto, non tutti i beni indicati nel secondo comma dell'art. 824 appartengono, oltre che allo Stato, ai due enti minori (si ricordino le strade ferrate e gli aeroporti): però, ove ciò in futuro si verificasse, sarebbero disciplinati senz’altro dall'art.
825 c.c. Ciò è già avvenuto per quanto riguarda le strade, gli acquedotti gli immobili di interesse storico ed artistico, le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi e delle biblioteche, beni e istituti tutti che possono essere, oltre che governativi, anche provinciali e comunali.
Le
strade hanno sempre costituito la parte più notevole dei beni pubblici dei due enti minori: quali fra esse appartengano alle provincie e quali a comuni risulta dagli art. 13-18 della Legge sui lavori pubblici; alla classificazione sono state recate modificazioni, soprattutto ai fini della manutenzione dal decreto legislativo 15 novembre 1923, n. 2506.
Gli elenchi delle strade provinciali sono approvati con decreto reale, quelli delle strade comunali con deliberazione della giunta provinciale amministrativa: prima dell'approvazione gli elenchi sono resi pubblici con affissione negli albi dei due enti e contro di essi gli interessati possono presentare le loro deduzioni. Valgono per le strade provinciali e comunali le stesse norme di amministrazione e di polizia stabilite per tutte le strade pubbliche dal R. D. 8 dicembre 1933, n. 1740 già citato.
In particolare, degli acquedotti, dei cimiteri e dei mercati
Notevole è stata l'inclusione degli
acquedotti nel demanio dei due enti territoriali. Oltre all'importanza che può avere per la conservazione di questi beni, essa presenta un interesse particolare per la soluzione della questione della demanialità delle
fontane comunali, demanialità che resta chiaramente stabilita. È utile a questo proposito mettere tale soluzione in rapporto con quella adottata dal codice riguardo al problema dell'ammissibilità di un demanio idrico comunale, problema molto discusso dalla dottrina.
Per la prima parte dell'art.
823 c.c. le acque pubbliche o demaniali non possono appartenere se non al demanio dello Stato: ogni altro soggetto, e quindi anche il comune, non può essere proprietario se non di acque che mancano di quei caratteri di utilità pubblica che ne determinano la demanialità e quindi a titolo di proprietà privata. Risulta, però, dal presente art. 824 che le acque derivate dai corsi pubblici, i vasi per il loro trasporto e le fontane per la loro distribuzione, hanno carattere demaniale non solo quando appartengono allo Stato, ma anche se propri delle provincie o dei comuni.
Il capoverso dell'art. 824 contempla due categorie di beni di esclusivo demanio comunale:
i cimiteri e i mercati. Per i primi la questione è stata sempre discussa e variamente risolta: il legislatore, volendo portare certezza su questo punto, ha preferito adottare la soluzione che più si concilia con le esigenze etiche ed igieniche relative alla conservazione dei cimiteri. Quanto ai mercati, la disciplina pubblicistica è giustificata dall'uso pubblico cui sono adibiti.