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Articolo 824 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Beni delle province e dei comuni soggetti al regime dei beni demaniali

Dispositivo dell'art. 824 Codice Civile

I beni della specie di quelli indicati dal secondo comma dell'articolo 822, se appartengono alle province o ai comuni, sono soggetti al regime del demanio pubblico [823, 829 comma 1].

Allo stesso regime sono soggetti i cimiteri e i mercati comunali [11, 825].

Spiegazione dell'art. 824 Codice Civile

I beni delle province e dei comuni che sono soggetti al regime della demanialità

Il codice attuale, al pari di quello abrogato, ha voluto riservare la denominazione di pubblico demanio soltanto ai beni appartenenti allo Stato a titolo di proprietà pubblica. La tradizione e il diritto positivo hanno sempre ammesso, accanto ai beni di proprietà pubblica dello Stato, anche quelli spettanti per lo stesso titolo alle province e ai comuni. Per tale ragione il presente art. 824 c.c. non parla di demanio provinciale e comunale, ma di beni delle province e dei comuni « soggetti al regime del demanio pubblico » : si tratta più di una equiparazione che di una unificazione di condizione giuridica.

Questa equiparazione è fatta, come si vede, soltanto nei riguardi dei beni propri delle province e dei comuni e non anche di altri enti pubblici La ragione di questa limitazione deve ricercarsi in una costante tradizione, che a sua volta trova spiegazione nel concetto stesso della pro­prietà pubblica: essendo questa un diritto reale, per la cui tutela sono necessari poteri di polizia e di sovranità di carattere assoluto, esercitabili cioè erga omnes, ed essendo tali poteri propri soltanto degli enti territoriali, ne consegue che soltanto questi nel nostro diritto - oltre lo Stato, la provincia e il comune - possono essere soggetti di proprietà pubblica.

Quanto ai beni che possono formare oggetto di questo diritto fra quelli appartenenti alle province e ai comuni, essi sono gli stessi, per natura e per destinazione economica, che possono far parte del demanio dello Stato, ad eccezione naturalmente di quelli che non possono appartenere se non a quest'ultimo. Di fatto, non tutti i beni indicati nel secondo comma dell'art. 824 appartengono, oltre che allo Stato, ai due enti minori (si ricordino le strade ferrate e gli aeroporti): però, ove ciò in futuro si verificasse, sarebbero disciplinati senz’altro dall'art. 825 c.c. Ciò è già avvenuto per quanto riguarda le strade, gli acquedotti gli immobili di interesse storico ed artistico, le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi e delle biblioteche, beni e istituti tutti che possono essere, oltre che governativi, anche provinciali e comunali.

Le strade hanno sempre costituito la parte più notevole dei beni pubblici dei due enti minori: quali fra esse appartengano alle provincie e quali a comuni risulta dagli art. 13-18 della Legge sui lavori pubblici; alla classificazione sono state recate modificazioni, soprattutto ai fini della manutenzione dal decreto legislativo 15 novembre 1923, n. 2506.
Gli elenchi delle strade provinciali sono approvati con decreto reale, quelli delle strade comunali con deliberazione della giunta provinciale amministrativa: prima dell'approvazione gli elenchi sono resi pubblici con affissione negli albi dei due enti e contro di essi gli interessati possono presentare le loro deduzioni. Valgono per le strade provinciali e comunali le stesse norme di amministrazione e di polizia stabilite per tutte le strade pubbliche dal R. D. 8 dicembre 1933, n. 1740 già citato.


In particolare, degli acquedotti, dei cimiteri e dei mercati

Notevole è stata l'inclusione degli acquedotti nel demanio dei due enti territoriali. Oltre all'importanza che può avere per la conservazione di questi beni, essa presenta un interesse particolare per la soluzione della questione della demanialità delle fontane comunali, demanialità che resta chiaramente stabilita. È utile a questo proposito mettere tale soluzione in rapporto con quella adottata dal codice riguardo al problema dell'ammissibilità di un demanio idrico comunale, problema molto discusso dalla dottrina.

Per la prima parte dell'art. 823 c.c. le acque pubbliche o demaniali non possono appartenere se non al demanio dello Stato: ogni altro soggetto, e quindi anche il comune, non può essere proprietario se non di acque che mancano di quei caratteri di utilità pubblica che ne determinano la demanialità e quindi a titolo di proprietà privata. Risulta, però, dal presente art. 824 che le acque derivate dai corsi pubblici, i vasi per il loro trasporto e le fontane per la loro distribuzione, hanno carattere demaniale non solo quando appartengono allo Stato, ma anche se propri delle provincie o dei comuni.

Il capoverso dell'art. 824 contempla due categorie di beni di esclusivo demanio comunale: i cimiteri e i mercati. Per i primi la questione è stata sempre discussa e variamente risolta: il legislatore, volendo portare certezza su questo punto, ha preferito adottare la soluzione che più si concilia con le esigenze etiche ed igieniche relative alla conservazione dei cimiteri. Quanto ai mercati, la disciplina pubblicistica è giustificata dall'uso pubblico cui sono adibiti.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

393 Lo stato della legislazione e l'incertezza dei criteri indicati dagli scrittori rendevano necessaria una nuova sistemazione della materia. Nel procedere a questa sistemazione, mi sono attenuto al principio che la categoria dei beni del pubblico demanio, come quella che dipende da determinazioni di ordine politico, è eminentemente storica e di diritto positivo. Non vi sono criteri fissi e generali, ma la determinazione dipende da quella dei compiti che la pubblica amministrazione si riserva in un dato momento e dal rapporto necessario che si stabilisce tra quei compiti e dati beni: i beni che formano parte del demanio pubblico devono pertanto essere indicati in modo preciso dalla legge. Nel procedere all'elencazione di tali beni, li ho distinti in due categorie. Dei beni della prima categoria, enumerati nel primo comma dell'art. 822 del c.c., è esclusa l'appartenenza a soggetti diversi dallo Stato: tale è il caso del lido del mare, della spiaggia, delle rade e dei porti; dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia: delle opere destinate alla difesa nazionale. I beni della seconda categoria, enumerati nel secondo comma dell'art. 822, possono invece appartenere allo Stato ovvero ad altri soggetti, e come fanno parte del demanio pubblico allorché appartengono allo Stato, così sono assoggettati al regime del demanio pubblico quando appartengono alle provincie o ai comuni (art. 824 del c.c.). La demanialità dei beni dell'una e dell'altra categoria è per taluni beni inerente alla loro destinazione all'uso pubblico; per altri, invece, alla loro destinazione a fini di pubblico interesse; per altri, ancora, alla loro importanza quali elementi del patrimonio spirituale della Nazione. Tra questi ultimi beni sono comprese alcune universalità di mobili: le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi e delle biblioteche. L'importanza storica, culturale e politica di questi beni sembra giustificare tale deroga al principio tradizionale che limiterebbe la demanialità ai soli immobili; d'altra parte, le collettività dei mobili sono dalla legge equiparate anche ad altri effetti ai beni immobili: per cui la disposizione può considerarsi non del tutto in contrasto con il principio anzidetto. La demanialità investe l'universalità, non ciascun bene singolarmente considerato: avulsi, nei modi di legge, dalla raccolta, i beni che la compongono si sottraggono al regime del demanio pubblico.
394 L'enumerazione non si esaurisce nel codice civile: essa si accresce di quei beni che altre leggi dichiarano al presente o successivamente dichiareranno appartenere al pubblico demanio. All'espressa dichiarazione della loro demanialità equivale l'assoggettamento di dati beni al regime dei beni demaniali. In tal modo, quali beni siano demaniali risulta determinato in modo tassativo dalla legge: non dalla sola enumerazione del codice, ma da quella che può risultare tenendo conto di tutto il complesso della nostra legislazione. Tale regime viene esteso ai diritti reali che su beni altrui hanno lo Stato, la province e i comuni, quando i diritti stessi sono costituiti per l'utilità di alcuno dei beni demaniali o assoggettati al regime del demanio pubblico, ovvero sono costituiti per il conseguimento di fini di pubblico interesse corrispondenti a quelli a cui servono i beni medesimi (art. 825 del c.c.). L'estensione consegue dall'accessorietà, dei menzionati diritti o dall'identità del fine che essi sono destinati ad attuare. Al regime dei beni demaniali ho infine assoggettato (art. 824 del c.c., secondo comma) i mercati comunali, avuto riguardo all'uso pubblico di essi, nonché i cimiteri, di cui già sotto l'impero del codice precedente autorevoli scrittori affermavano la demanialità.

Massime relative all'art. 824 Codice Civile

Cass. civ. n. 15509/2022

Il Comune che, anche in mancanza di una titolarità "de jure", eserciti di fatto la gestione di una strada, consentendone l'utilizzazione per il pubblico transito, ha l'obbligo di assicurare che l'uso della stessa si svolga senza pericoli ed è conseguentemente responsabile verso i terzi danneggiati per l'inosservanza di tale obbligo, il quale non viene meno per il fatto che la consegna della strada all'ente gestore da parte dell'ente proprietario non sia valida in base alla normativa relativa al demanio comunale, e non abbia quindi efficacia fra le predette parti. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva rigettato la domanda risarcitoria avanzata, nei confronti di un comune, dai congiunti di un automobilista che aveva perso la vita precipitando con l'auto in un burrone, in un tratto di strada privo di barriere laterali, osservando come, ai fini della configurazione della responsabilità ex art. 2051 c.c. dell'ente convenuto, non ostasse il mancato perfezionamento della procedura espropriativa in favore del demanio, dovendosi attribuire rilevanza, piuttosto, alla circostanza che la strada in questione ricadesse nel territorio di detto comune e fosse concretamente adibita all'uso pubblico, con vocazione di strada "vicinale", assimilabile a quelle comunali).

Cass. civ. n. 21598/2018

Rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 104 del 2010, le controversie inerenti ad atti o provvedimenti relativi al riconoscimento, da parte di un Comune, della titolarità del diritto di sepoltura privata esercitato da tempo immemorabile su aree o porzioni di edificio in un cimitero pubblico, atteso che tale riconoscimento si configura quale concessione amministrativa di beni soggetti al regime demaniale. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto sussistente la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, il tema di diritto di sepoltura in relazione ad una controversia nella quale era stata prospettata illegittimità del provvedimento con il quale il Comune aveva individuato il titolare originario del rapporto concessorio risalente da tempo immemorabile, e non la contestazione del diritto tra contendenti legati da vincoli familiari).

Cass. civ. n. 8197/1994

Nel nostro ordinamento, il diritto sul sepolcro già costruito nasce da una concessione da parte dell'autorità amministrativa di un'area di terreno (o di una porzione di edificio) in un cimitero pubblico di carattere demaniale (art. 824 c.c.) e tale concessione, di natura traslativa, crea, a sua volta, nel privato concessionario, un diritto soggettivo perfetto di natura reale, e perciò, opponibile, iure privatorum, agli altri privati, assimilabile al diritto di superficie, che si affievolisce, degradando ad interesse legittimo, nei confronti della P.A. nei casi in cui esigenze di pubblico interesse per la tutela dell'ordine e del buon governo del cimitero, impongono o consigliano alla P.A. di esercitare il potere di revoca della concessione.

Cass. civ. n. 4051/1983

Rispetto alle piazze, agli spazi ed ai vicoli i quali, nell'interno delle città e dei villaggi, siano adiacenti alle strade comunali o aperti su suolo pubblico, l'art. 22, comma terzo, della L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. F), stabilisce una presunzione iuris tantum di demanialità, che ammette la prova contraria, la quale, tuttavia, è circoscritta testualmente all'esistenza di consuetudini che escludano la demanialità per il tipo di aree di cui faccia parte quella considerata, o di convenzioni che attribuiscano la proprietà a soggetto diverso dal comune, ovvero alla natura privata della proprietà dell'area stessa. La presunzione di demanialità delle aree suddette, con il conseguente assoggettamento al regime dei beni demaniali, impedisce che esse possano ritenersi acquisite in proprietà per usucapione, se non sia stata preliminarmente dimostrata, in uno dei modi indicati, la natura privata delle stesse.

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D. M. chiede
venerdì 12/07/2024
“Siamo proprietari di una casa singola con giardino, nel preparare i documenti per la vendita abbiamo scoperto che un angolo della casa per circa due metri insiste su un terreno confinante di proprietà del comune.
La casa è stata costruita nel 1939 e l'area comunale (definita relitto stradale) nel 2023 è stata classificata patrimonio disponibile per l'alienazione.
Il comune, per conflitti politici interni, non intende venderci spontaneamente l'area (di circa 100 m2).
A questo punto vi chiedo: esiste la possibilità di obbligare il comune alla vendita o in alternativa invocare l' usucapione visto che l'area è diventata patrimonio disponibile (se si, i termini decorrono dalla costruzione: 1939 o dalla conversione in patrimonio disponibile: 2023) ?.
Esistono altre soluzioni per regolarizzare la situazione ?

Vi ringrazio anticipatamente per la vostra consulenza
cordiali saluti”
Consulenza legale i 24/07/2024
La porzione di terreno, oggetto del presente quesito, è soggetta alla disciplina dei beni demaniali di cui all’art. 822 c.c. ed è dunque inalienabile e non può formare oggetto di diritti a favore di terzi (art. 823 del c.c.).

Ne consegue che non è possibile che il possesso continuato per vent’anni comporti l’usucapione del bene ai sensi dell’art. 1158 del c.c..

In linea di principio, quindi, i proprietari della casa che insiste sul terreno comunale, devono considerare come dies a quo computare il possesso per usucapione, il passaggio del bene da demaniale a patrimonio disponibile.

In base però ai principi giurisprudenziali, si ritiene che il privato possa sostenere che il tratto di strada abbia dismesso la sua natura demaniale in un tempo precedente.

Si segnalano in questo senso due pronunce giurisprudenziali che esprimono due principi interessanti.

  1. La Cassazione con la sentenza n. 12688/2023, seppure in relazione ad una porzione di edificio demaniale, ha stabilito che l’autonomia funzionale e la separazione fisica dall’edificio vincolato, ne escluda la natura demaniale.
Si ritiene che tale principio si possa applicare per analogia anche al caso di specie e possa dunque essere invocato dal privato per sostenere che il relitto stradale, dopo la costruzione dell’immobile sulla parte sovrastante, abbia perso la sua natura demaniale acquisendo una funzione autonoma ed essendo separato da quella che era originariamente la strada.

  1. La seconda sentenza invece riguarda una fattispecie simile a quella qui trattata in cui la Cassazione afferma che la presunzione di demanialità della strada riguarda “solo aree che per l'immediata accessibilità appaiono integranti la funzione viaria della rete stradale, così da costituire una pertinenza della strada stessa”.
Inoltre, sostiene che non si possa neppure invocare l’appartenenza della porzione di strada a patrimonio indisponibile dello stato perché è necessaria l’effettiva e attuale destinazione del bene al pubblico servizio (ex plurimis Cass. civ. n. 24990/2017).

Si ritiene che questi principi possano tornare utili per affermare che l’usucapione della porzione di terreno vada computata dal 1939 e non dal suo passaggio al patrimonio disponibile del Comune.
Si consiglia inoltre di valutare, in caso di mancato accordo con il Comune per il passaggio del diritto di proprietà e per evitare una controversia giudiziale, di ottenere una concessione per l’utilizzazione dell’area.