La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24990 del 23 ottobre 2017, si è occupata proprio di questa questione, fornendo alcune interessanti precisazioni sul punto.
Nel caso esaminato dalla Cassazione i proprietari di una villetta bifamiliare avevano agito in giudizio nei confronti del Comune di Lignano Sabbiadoro, evidenziando di aver occupato, per più di vent’anni, una porzione di terreno di proprietà comunale, “possedendola ininterrottamente e pacificamente come proprietari”.
I soggetti in questione avevano chiesto, dunque, al Tribunale di accertare l’avvenuto acquisto per usucapione (art. 1158 c.c.) del diritto di proprietà della porzione di terreno stessa.
Il Comune aveva contestato le domande degli attori, evidenziando che il terreno non poteva essere usucapito, in quanto bene di proprietà pubblica.
Il Tribunale di Udine, pronunciatosi in primo grado, aveva accolto la domanda di usucapione e la sentenza era stata confermata dalla Corte d’appello, con la conseguenza che il Comune aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione.
Osservava il Comune, infatti, che la Corte d’appello non avrebbe dato corretta applicazione all’art. 822 c.c., in quanto la stessa avrebbe dovuto tenere in considerazione il fatto che l’area in questione era adibita a “area verde a percorso pedonale” e a “collegamento fra il mare e la strada, quale parte integrante della sede stradale”.
Di conseguenza, secondo il Comune, il terreno doveva presumersi demaniale e doveva, pertanto, escludersi l’usucapione.
Secondo il ricorrente, inoltre, la Corte d’appello avrebbe erroneamente escluso che il terreno in questione facesse parte del “patrimonio indisponibile” del Comune, “quale bene destinato a pubblico servizio”.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione al Comune, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.
Ribadiva la Cassazione, infatti, che “i percorsi pedonali appartenenti ai Comuni rientrano nel demanio dell'ente”, ai sensi dell’art. 22, comma 2 della legge n. 2248 del 1865 ma che tale demanialità va esclusa “nel caso in cui la strada, anche se progettata, non sia stata realizzata”.
Poiché, nel caso di specie, il terreno non era ancora stato, effettivamente, adibito a pubblico servizio, secondo la Cassazione, la Corte d’appello aveva, del tutto correttamente, “escluso l'appartenenza dell'area al demanio comunale di cui all'art. 824 cod. civ. (non rientrando il bene nella previsione dell'art. 822 cod. civ.)”.
Secondo la Corte di Cassazione, inoltre, il terreno oggetto di contestazione non poteva nemmeno farsi rientrare nell’ambito del “patrimonio indisponibile” del Comune, in quanto “il vincolo a verde pubblico imposto su un'area non vale ad attribuire all'area stessa il carattere di bene indisponibile in assenza del doppio requisito della manifestazione di volontà dell'ente titolare del diritto reale pubblico (e perciò di un atto amministrativo da cui risulti la specifica volontà dell'ente di destinare quel determinato bene ad un pubblico servizio) e dell'effettiva ed attuale destinazione del bene al pubblico servizio”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dal Comune, confermando integralmente la sentenza impugnata e condannando il ricorrente anche al pagamento delle spese processuali.