Appartenenza dei frutti naturali. Il diritto di godimento da parte dei terzi. L'appartenenza dei frutti secondo la loro condizione. Il possessore di buona fede. L'usufruttuario
I frutti naturali, in quanto produzione della cosa madre, appartengono al proprietario della cosa: tale principio è così ovvio che non sarebbe stato necessario menzionarlo, e infatti la ragione dell'inserimento nel codice civile dell'articolo in esame va ravvisata nella seconda sua parte: « salvo che la proprietà non sia attribuita ad altri ».
Quest'attribuzione può aver luogo o per un diritto di godimento che altri abbia sulla cosa madre, come nel caso dell' usufruttuario, dell'enfiteuta o del creditore anticretico, o per una convenzione speciale, che abbia considerato i frutti come cosa futura, già separati dalla cosa madre. In effetti, l'articolo in esame aggiunge che la proprietà si acquista con la separazione, specificando però che quest'ultima fa acquistare un diritto di proprietà sui frutti indipendente da quello sulla cosa che li ha prodotti. Un diritto autonomo quindi, che può spettare al proprietario della cosa che li ha prodotti o ad un terzo.
Finchè la separazione non ha luogo la proprietà spetta al proprietario della cosa madre: in altre parole, la separazione dei frutti è un mezzo di acquisto per i terzi, non per il proprietario della cosa produttrice.
Vengono pertanto in gioco le distinzioni dei frutti indicate nell'art.
820 c.c., come si vedrà più avanti.
Acquisto dei frutti civili
I frutti civili si acquistano giorno per giorno, in ragione della durata del diritto. Il nuovo codice non ha pertanto innovato rispetto al codice precedente e, del resto, non aveva alcuna ragione per farlo.
Restituzione dei frutti civili
Dai principi ora accennati si traggono le seguenti conseguenze:
a) Il possessore di buona fede fa suoi i frutti civili e naturali separati fino al giorno della domanda giudiziale. Egli fino alla restituzione della cosa risponde verso il rivendicante dei frutti percetti dopo la domanda giudiziale e di quelli che avrebbe potuto percepire dopo tale data usando la diligenza del buon padre di famiglia (
art. 1148 del c.c.). Ha però diritto, nel restituire i frutti indebitamente percetti, al rimborso delle spese necessarie per la produzione e il raccolto, entro i limiti del valore dei frutti (
art. 1149 del c.c.).
b) Secondo il codice del 1865 i frutti naturali che al cominciare dell'usufrutto non erano ancora separati dalla cosa che li produceva appartenevano all'usufruttuario; quelli che non erano ancora separati quando l'usufrutto finiva appartenevano al proprietario, senza compenso nell'uno e nell'altro caso dei lavori e delle sementi. Il nuovo codice ha adottato un diverso sistema (
art. 984 del c.c.), in forza del quale i
frutti civili e naturali spettano all'usufruttuario per la durata del suo diritto. Se il proprietario e l'usufruttuario si succedono nel godimento della cosa entro l'anno agrario o nel corso di un periodo produttivo di maggiore durata, l'insieme di tutti i frutti si ripartisce fra l'uno e l'altro in proporzione della durata del rispettivo diritto nel periodo stesso.
c) Il genitore che, cessato l'usufrutto legale, ha continuato a godere dei beni del figlio convivente con esso senza procura ma senza opposizione, o anche con procura ma senza obbligo di render conto dei frutti, é tenuto (in suo luogo sono tenuti gli eredi) a consegnare
soltanto i frutti sussistenti al tempo della domanda, senza obbligo per quelli già consumati (
art. 324 del c.c.).
d) Uguale norma vige per i frutti dei beni parafernali goduti dal marito senza procura se la moglie non ha fatto opposizione con atto scritto, ovvero se il marito li ha goduti con procura ma senza obbligo di rendere conto dei frutti.
La deduzione delle spese per la coltivazione e il raccolto
Per determinare l'ammontare dei frutti da restituire, come già si è accennato, occorre dedurre le spese sostenute per la produzione e il raccolto. L'attuale codice non parla di possessore di buona o di mala fede, pertanto non è più necessario distinguere fra l'uno l'altro per l'esercizio di tale diritto, vale a dire della deduzione delle spese. Si tratta della tutela del lavoro e la Commissione reale nella sua relazione osservò che un lavoro, se fatto anche da un lavoratore in mala fede, rappresenta sempre un lavoro necessario e generalmente utile. È comunque pacifico che restano salve le ragioni eventuali di danno contro il possessore di mala fede per parte del proprietario, cui la cosa è restituita.
Le spese deducibili sono quelle necessarie per la produzione e il raccolto. Se le spese necessarie superano quelle normali esse sono ugualmente dovute, purchè non superino il valore dei frutti. La legge non parla di quelle occorse per la conservazione dei frutti stessi, come fa invece qualche legislazione estera, ma deve ritenersi che anche per queste vi sia diritto di rimborso.
Quanto alle spese per riparazioni, miglioramenti e addizioni fatte dal possessore si rinvia all'
art. 1150 del c.c..
Creditore pignoratizio e terzi acquirenti dei frutti
Il principio secondo cui la proprietà dei frutti si acquista con la separazione risolve le non poche controversie sorte fra gli acquirenti dei frutti ei creditori che hanno proceduto al pignoramento dei frutti ancora pendenti. Poichè gli acquirenti non hanno ancora acquistato proprietà dei frutti pendenti non possono opporre il loro diritto ai creditori pignoranti, nè rileva che il loro acquisto abbia data anteriore rispetto al pignoramento. Invece sui frutti raccolti, ancorchè tuttora sul fondo, il diritto degli acquirenti può farsi valere contro i creditori pignoranti.