Al pari di una disposizione testamentaria, anche una donazione può esser fatta a favore o di chi è soltanto concepito, oppure dei figli che saranno concepiti da una determinata persona vivente al tempo della donazione. Come si possa spiegare questa donazione che manca del soggetto a cui favore è compiuta, non è possibile qui esporre: va qui solo rilevato l’errore di chi vede nell’ipotesi in esame un caso di anticipazione di personalità, poiché la legge non riconosce capacità giuridica a chi non è ancora nato, anche se si abbia già un embrione di vita.
Prima della nascita sono possibili soltanto riserve di diritti: non si attribuisce, cioè, attualmente, alcun diritto ad un soggetto che ancora non esiste, ma in vantaggio di questo soggetto futuro si conservano quei diritti che si vogliono a lui attribuire e che, se fosse già nato, acquisterebbe immediatamente. Il concepito ha, quindi, una capacità giuridica subordinata all’evento della nascita, con la quale soltanto egli viene ad assumere la qualifica di persona. In precedenza della nascita, come c’è solo una spes hominis, così vi è solo una speranza di attribuzione di diritti.
Ma se queste considerazioni, alle quali si ispira il tradizionale principio conceptus pro iam nato habetur, quotient de eius commodis (iuribus) agatur, possono giustificare e spiegarci una donazione fatta a chi non è ancora nato ma è già concepito, non sono sufficienti a darci teoricamente ragione del motivo per cui è consentito far donazione a favore di chi sarà concepito da una determinata persona vivente. Analoga situazione si verifica in materia successoria, dove è attribuita la capacità di ricevere direttamente per testamento ai figli di una determinata persona vivente al tempo della morte del testatore, sebbene a quel tempo non ancora concepiti. Ora, se quest’ultima eccezione può in un certo modo spiegarsi storicamente in relazione all’abolizione del fidecommesso ed all’opportunità di rendere possibile il chiamare alla successione persone che si intendeva beneficare con la sostituzione vietata, non si giustifica, però, l’eccezione analoga prevista per la donazione, salvo che per esigenze pratiche.
Era oggetto di disputa, sotto il vecchio codice del 1865, lo stabilire se anche al genitore cui la legge attribuiva il potere di accettare donazioni fatte ai suoi figli nascituri spettasse l’amministrazione delle cose donate o se questa dovesse essere attribuita ad un curatore nominato ad hoc; la controversia è stata dal codice attuale risolta nel senso che, salva diversa disposizione del donante, l’amministrazione dei beni donati spetta a lui stesso e, nel caso in cui egli premuoia alla nascita del donatario, ai suoi eredi, i quali possono essere obbligati a prestare idonea garanzia.
L’amministrazione, però, non conferisce a chi ne è investito il diritto di far propri i frutti maturati dalle cose donate prima della nascita del donatario. Dunque, se la donazione è fatta a favore di un nascituro già concepito, i frutti sono riservati a quest’ultimo, se è fatta a favore di un non concepito, sono riservati al donante sino al momento della sua nascita.