(massima n. 1)
Nella società in accomandita semplice il potere di amministrazione non costituisce requisito connaturale ed essenziale del socio accomandatario, dal momento che l'art. 2318, secondo comma, c.c., non prevedendo il necessario conferimento di detto potere a tutti gli accomandatari, ammette che il socio possa assumere i diritti e gli obblighi dell'accomandatario con la esclusione di quelli inerenti alla posizione di amministratore; ne consegue che le dimissioni da amministratore del socio accomandatario, che sia l'unico socio di tale categoria, non implicano, di per sé, né il recesso dalla società, né, la perdita della veste di accomandatario. In siffatta ipotesi la società viene a trovarsi in una posizione di stallo che, ove non risolta con l'immissione di un nuovo socio accomandatario o con una modifica dell'atto costitutivo, nel senso della trasformazione del socio accomandante in accomandatario, può essere eventualmente apprezzata come causa di scioglimento della società per sopravvenuta impossibilità di conseguire l'oggetto sociale, ovvero per il venir meno della pluralità dei soci, ai sensi, rispettivamente dei numeri 2 e 4 dell'art. 2272 c.c.