Legittimazione al deposito
Per la validità del deposito, è irrilevante la situazione giuridica del depositante rispetto alla cosa depositata. Non è richiesta nel depositante, oltre la capacità giuridica, quella che alcuni chiamano capacità speciale di diritto, in funzione appunto della pertinenza di diritti sulla cosa: non occorre, più propriamente, una speciale legittimazione a contrattare. Chiunque sia in condizione, sia pure in linea di mero fatto, di procurare la consegna della cosa al depositario, conclude validamente un contratto di deposito che val quanto dire che è sufficiente la detenzione della cosa al momento del deposito, come mera res facti, esclusa quindi anche la necessità di una forma giuridica di possesso.
Chiunque, quindi, abbia interesse, per qualsiasi ragione, alla custodia della cosa, può farne valido deposito. Tale formula può ritenersi esatta, ma va chiarita aggiungendo che l'esistenza dell'interesse è ritenuta dall'ordinamento giuridico in re ipsa, per il fatto stesso della detenzione e del deposito, in guisa da non poter essere assunta a criterio di validità del contratto, onde il deposito è valido ed efficace, anche se, per carenza di ogni diritto rispetto alla cosa, il depositante non abbia un interesse personale e diretto alla sua conservazione, o tale interesse sia illecito, trattandosi di cosa furtiva. Che questa costituisca una peculiarità del deposito, non v'è dubbio: quando, infatti, si parla di interesse come condizione della tutela giuridica - così in linea generale, quando si assume l'interesse del creditore come requisito dell'obbligazione (art. 1174) - si allude ad un interesse effettivo e lecito, come dimostrano le norme sulla nullità del contratto per mancanza o illiceità della causa o dell'oggetto e sull'annullabilità per errore. Tuttavia l'interesse del depositante di cosa altrui detenuta sine causa potrebbe sempre individuarsi in funzione della responsabilità per la conservazione della cosa, cui è esposto verso l'avente diritto; e comunque il riconoscimento della validità del deposito in ogni caso è giustificato dall'interesse sociale alla buona conservazione dei beni, per considerazioni analoghe a quelle che stanno a base della tutela possessoria, ed in ultima analisi nello stesso interesse del terzo avente diritto.
Fermi quindi gli effetti del deposito tra le parti, spetterà esclusivamente al terzo avente diritto di rilevare la deficienza della situazione giuridica del depositante rispetto alla cosa, e provvedere alla propria tutela, sperimentando nei confronti del depositario le stesse azioni che gli competerebbero verso il depositante, e così paralizzando le pretese contrattuali del secondo. Solo in un caso è sancito un dovere d'iniziativa a carico del depositario, ed in un altro le obbligazioni ex deposito cadono automaticamente, giusta le norme degli articoli 1778 e 1779.
Diritti di terzi sulla res deposita e posizione processuale del depositario
È ovvio che il deposito non può pregiudicare i diritti dei terzi sulla cosa o comunque relativi ad essa, dal momento che, di regola, il deposito non attribuisce al depositario alcun diritto sulla cosa, che possa confliggere con il diritto altrui.
In base al detto principio generale, invece, vanno regolati quei casi in cui il deposito sia rivolto alla tutela di un interesse del depositario mediante il diritto di questi di non restituire prima di un certo termine o condizione (vedi art. 1771), o di un interesse di un terzo (vedi art. 1773): in questi casi il diritto del depositario o del terzo non è opponibile ai terzi (in senso stretto) aventi diritto. Il proprietario può dunque esperire nei confronti del depositario, passivamente legittimato come detentore, l'azione rivendicatoria; l'usufruttuario può agire per ottenere il possesso della cosa (art. 982), il creditore pignoratizio può rivendicarla ai sensi dell'art. 2789; i titolari di un diritto personale sulla cosa, la cui attuazione richieda il possesso di questa (per es. il conduttore), ed i creditori del proprietario — sia o non sia dante causa lo stesso depositante — possono rivendicare la cosa in via surrogatoria (art. 2900); ed infine i creditori del depositante o del proprietario possono sottoporre la cosa a pignoramento o sequestro.
Intentata un'azione del genere, è ovvio che il depositario non possa, pendente il giudizio, restituire la cosa al depositante, se non vuole rispondere personalmente nei confronti dell'attore (art. 948), e che la pendenza del giudizio costituisca giusta causa di rifiuto della restituzione chiesta dal depositante. Tutto ciò deriva dai principi generali, e non occorreva espressa menzione. L'art. 1777 cpv. provvede a stabilire, in relazione alle dette ipotesi, e confermando implicitamente che il depositario non è tenuto a sostenere in giudizio le ragioni giuridiche del depositante (v. art. 1766 e art. 1768), che il depositario medesimo è obbligato a denunciare la controversia al depositante, affinché questi sia in grado di provvedere alla sua difesa. Quest'obbligo non è specifico del deposito, né in funzione della causa di esso, ma si può considerare specificazione del generale dovere di correttezza e solidarietà, sancito positivamente (art. 1175), onde il custode è tenuto a porre l'interessato in condizione di provvedere alla tutela del suo interesse, laddove esso non è tutelato dalla prestazione di custodire dovuta (che non comprende la protezione giuridica) e l'interessato non sarebbe in grado di avvertirne l'esigenza causa lo spossessamento conseguente al deposito (per altre applicazioni, cfr. articoli 1012 e 1586).
Così, sotto il profilo dell'omessa denuncia, il depositario è tenuto al risarcimento anche quando la perdita della cosa, conseguita alla rivendicazione, non possa a lui imputarsi; ma deve ritenersi salva la prova che l'azione del terzo sarebbe stata accolta anche se il depositante fosse stato parte in causa. Se il depositario rimane in causa, la sentenza farà stato anche nei suoi confronti, ed egli dovrà in esecuzione di essa restituire al rivendicante anziché al depositante. Ma la disposizione in esame gli attribuisce il diritto di farsi estromettere indicando la persona del depositante (laudatio auctoris), ammettendo in tal caso la sola possibilità, per esso, di liberarsi dall'obbligo di restituire la cosa, depositandola nei modi stabiliti dal giudice. Se quest'ultima possibilità, come apparirebbe dalla lettera della legge, presupponesse l'iniziativa del depositario, non riuscirebbe agevole spiegare, in mancanza di tale iniziativa, il passaggio della legittimazione attiva alla restituzione dal depositante soccombente al terzo rivendicante, posto che tale legittimazione non presuppone la proprietà della res deposita: si potrebbe, forse, ipotizzare una trasformazione del depositario in sequestratario, come effetto automatico della controversia insorta rispetto alla cosa.
È ovvio che la denuncia non occorra, né l'estromissione sia possibile, in quei procedimenti comportanti l'assunzione necessaria della veste di soggetto processuale da parte così del depositario come del depositante (sequestro e pignoramento presso terzi, regolati dalle norme generali del codice di procedura civile).