Interesse del terzo e deposito in funzione di garanzia o adempimento
Con questa disposizione il codice provvede a regolare quelle situazioni pratiche, caratterizzate dalla convergenza nel deposito, accanto all'interesse del depositante, dell'interesse di terzi estranei, come già con l'art. 1771 si è regolata l'ipotesi di interesse del depositario. Anche qui, non vi sarebbe nessuna ragione di dubitare della possibilità dell'impiego del deposito nell'interesse di terzi, come scopo ulteriore estrinseco alla fattispecie negoziale e rilevante solo sul terreno economico: i dubbi possono sorgere, e sono sorti, quando si cerca, in pratica, di assicurare la tutela di quest'interesse mediante apposite conformazioni strutturali del contratto.
L'ipotesi di maggior riscontro pratico è quella, in cui il deposito adempie ad una funzione di garanzia (in senso proprio, o in quello di assicurazione dell'adempimento in forma specifica) o di adempimento anticipato rispetto ad un diritto del terzo verso il depositante: diritto che può avere per oggetto la stessa cosa depositata - ed in tal caso si tratta di un diritto eventuale, condizionato o a termine, perché diversamente mancherebbe ogni ragione pratica del deposito (per es. deposito della cosa venduta sotto condizione sospensiva effettuato dal venditore, o del prezzo da parte dell'acquirente) - oppure, essere un diritto di qualsiasi genere avente per oggetto anche una prestazione di fare del depositante - ed in tal caso la res deposita assolve ad una funzione di garanzia, in senso stretto, del credito secondario che potrà derivare dall'inadempimento del depositante. Ma può anche darsi che il deposito serva a garantire al terzo interessato l'effettivo adempimento, da parte del depositante, di una prestazione da quest'ultimo dovuta, per conto od insieme al terzo, ad una quarta persona. Il ricorso al deposito, non presuppone necessariamente la sfiducia nel debitore, ma, specie quando si tratta di debito di cosa determinata, può essere giustificato praticamente dal maggior affidamento che dà la custodia del depositario per la sua eventuale attitudine o attrezzatura professionale, o in genere come riflesso delle sanzioni giuridiche che circondano il suo obbligo di custodire. E perciò può darsi che si ritenga sufficiente un deposito puro e semplice, senza l'inserzione di clausole particolari, preordinate ad assicurare l'effettivo conseguimento dello scopo ulteriore. Ma è ovvio che prevalga, in pratica, il ricorso a particolari adattamenti, che possono assumere la più varia configurazione.
Seguendo la falsariga di alcuni casi giurisprudenziali e dalle discussioni da essi provocate in dottrina, si possono prospettare le seguenti ipotesi: a) deposito con designazione del terzo a ricevere la restituzione, come prevista dall'art. 1777 (1865 cod. abrogato); b) deposito effettuato congiuntamente dal proprietario o possessore attuale della cosa e dal terzo, con clausola regolante la restituzione nel senso che questa debba farsi all'uno o all'altro secondo che si verifichi o meno una determinata condizione; c) deposito fatto dal proprietario o possessore attuale della cosa, con clausola di restituzione al terzo interessato o al depositante secondo che si verifichi o meno una determinata condizione; d) deposito fatto dal proprietario o possessore attuale della cosa, con obbligo del depositario di conservarla per assicurarne un successivo determinato impiego di interesse del terzo o anche del terzo, cioè sostanzialmente di non restituirla al depositante senza il consenso del terzo, secondo che si verifichi o meno una determinata condizione.
La prima ipotesi si è fatta solo per ragione di completezza. Infatti essa non poteva dar luogo a dubbi neanche sotto l'impero del codice abrogato, costituendo l'indicazione del terzo una semplice adiectio solutionis causa, revocabile ad nutum dal depositante e non vincolante per il depositario, che può sempre liberarsi restituendo al depositante. Ma, per ciò stesso, non si tratta di una misura idonea alla tutela giuridica dell'interesse del terzo.
Le due successive ipotesi possono ambedue corrispondere alla suaccennata funzione di garanzia o adempimento anticipato delle obbligazioni derivanti da una vendita condizionale, ma può essere delicata la discriminazione tra l'una e l'altra, non essendo sempre agevole stabilire in fatto se anche il creditore assuma la veste contrattuale di depositante: esse, infatti, sono state prospettate alternativamente dalla dottrina come possibili ricostruzioni giuridiche dello stesso caso pratico. Nella prima di esse si ha un deposito congiuntivo, con assunzione da parte di ambedue i soggetti della veste contrattuale di deponenti, ma con preventivo accordo circa le modalità della restituzione, come implicitamente previsto dall'art. 1772; né mi sembra che la designazione alternativa dell'uno o dell'altro, in funzione di un determinato evento, come unico legittimato alla restituzione, fosse incompatibile, vigente il vecchio codice, con lo schema del deposito, e tale da attrarre necessariamente la fattispecie verso la figura del sequestro, attraverso una larga interpretazione dell'estremo della controversia giuridica, di cui si è invece posta in chiaro, con l'articolo in esame, la superfluità. È inutile ricordare the la possibilità di questa assunzione congiuntiva della veste contrattuale di deponente deriva dalla indifferenza per il deposito dei rapporti giuridici sulla cosa depositata, bastando che la consegna di essa al depositario avvenga ad opera di ambedue i soggetti (v. artt. 1777-1779). Di questi adattanienti a funzioni anomale — e con la riserva or ora fatta per il primo di essi — una corrente dottrinale sosteneva l'incompatibilità con lo schema causale del deposito, perché essi, in ogni caso, importano la compressione o limitazione di quel diritto del depositante alla restituzione ad nutum, considerato carattere essenziale ed indefettibile del tipo negoziale, per le ragioni esposte al commento dell'art.1771. E si sosteneva perciò l'inefficacia dell'attribuzione al terzo del diritto alla restituzione, o della subordinazione di questa al suo consenso, oppure la necessità di una diversa individuazione giuridica della fattispecie, non implicante la qualificazione del diritto del terzo come diritto ex deposito. In particolare, poi, si negava la tutelabilità dell'interesse del terzo, nell'ipotesi sub d), sotto il profilo della stipulazione a favore di terzi, avente nella specie per contenuto l'obbligo di non restituire senza il suo consenso, negando che una stipulazione siffatta, incompatibile con la natura del deposito per le ragioni indicate, potesse costituire condizione o modalità del depositi stesso.
Con il codice attuale questi dubbi sono da considerarsi superati, anche indipendentemente dall'apposita disposizione in esame, dal riconoscimento in linea generale della validità del contratto a favore di terzi (art. 1411) e dalla dimostrazione positiva della non essenzialità della restituzione ad nutum rispetto allo schema del deposito, offerta dall'art. 1771. Quel riconoscimento consente di ricostruire sotto il profilo del contratto a favore del terzo non solo l'ipotesi sub d) ma anche quella sub c), non essendo più richiesto che la stipulazione per il terzo sia condizione di una stipulazione per se stesso, ma soltanto l'esistenza di un interesse dello stipulante, non discutibile nei casi in esame; e l'art. 1771, ammettendo la limitazione della restituzione ad nutum nell'interesse del depositario, a fortiori, sembra l'ammette nell'interesse di un terzo. Tuttavia l'espressa disposizione dell'art. 1773 è opportuna, con riguardo a quest'ultimo punto, per eliminare ogni ragione di dubbio, che avrebbe potuto pur sempre sorgere, in relazione alla sussistente normalità dell'interesse esclusivo del depositante e del suo diritto alla restituzione ad nutum. Essa, inoltre, consente la sicura tutela dell'interesse del terzo in tutti i casi in cui, pur risultando dal contratto la contemplazione di tale interesse, non ne sia stata espressamente o convenientemente predisposta la tutela ad opera delle parti, in uno dei modi esaminati o in altri possibili, per imperizia o trascuranza delle parti medesime; l'adesione del terzo, comunicata alle parti, avrà l'effetto di subordinare la restituzione al suo consenso, anche quando non ne derivi, ai sensi dell'art. 1411, l'acquisto irrevocabile del diritto (sia pure condizionato) alla restituzione.
L'ambito di applicazione della norma in esame è comprensivo, infine, anche dell'ipotesi di deposito di una cosa sulla quale concorrono diritti omogenei od eterogenei di diverse persone (cosa in comunione, data in pegno etc.), effettuato da una di esse nell'interesse anche delle altre, ma senza attribuzione a queste della qualità di parti del deposito.
Incidenza del rischio del fortuito o dell'inadempienza del depositario
Altra questione controversa in dottrina ed in giurisprudenza, in relazione alle ipotesi sub b) e c), era quella dell'incidenza, sul depositante o sul terzo, del rischio del perimento fortuito della res deposita o dell'inadempienza del depositario, verificatasi pendente condicione. Ma la soluzione di essa non è collegata con la sussumibilità o meno della fattispecie negoziale nello schema del deposito, risolta affermativamente in sede normativa, né attiene propriamente ai rapporti giuridici ex deposito, bensì al rapporto interno intercedente tra depositante e terzo. Essa va ricercata in base all'apprezzamento della funzione cui il deposito assolve rispetto a quel rapporto — di garanzia in senso proprio, di adempimento, di assicurazione dell'adempimento in forma specifica, e del momento in cui, in relazione a tale, il depositante consegue la liberazione dalla sua obbligazione verso il terzo — che può esser quello della dazione in deposito, del verificarsi della condizione, dell'effettiva restituzione al terzo. Si tratta quindi di una questione di interpretazione contrattuale, e comunque estranea a questa sede.