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Articolo 348 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Scelta del tutore

Dispositivo dell'art. 348 Codice Civile

Il giudice tutelare nomina tutore la persona designata dal genitore che ha esercitato per ultimo la responsabilità genitoriale [316]. La designazione può essere fatta per testamento [587], per atto pubblico [2699] o per scrittura privata autenticata [2703](1).

Se manca la designazione ovvero se gravi motivi(2) si oppongono alla nomina della persona designata, la scelta del tutore avviene preferibilmente tra gli ascendenti o tra gli altri prossimi parenti [74] o affini [78] del minore, i quali, in quanto sia opportuno, devono essere sentiti.

Il giudice, prima di procedere alla nomina del tutore, dispone l'ascolto del minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento.

In ogni caso la scelta deve cadere su persona idonea all'ufficio, di ineccepibile condotta, la quale dia affidamento di educare e istruire il minore conformemente a quanto è prescritto nell'articolo 147(3).

Note

(1) Il comma è stato così modificato dall'art. 146 della L. 24 novembre 1981 n. 689.
(2) Qualora manchi la designazione od ostino gravi motivi (di cui all'ultima parte della disposizione in esame), la scelta avverrà con preferenza per gli ascendenti o gli altri prossimi parenti o affini del minore. E' questo un esempio di tutela dativa, ossia in assenza di designazione ma con nomina (provvedimento costitutivo) da parte del giudice di un soggetto estraneo alla cerchia familiare del minore (si veda quanto esplicitato sub commento art. 343 del c.c.).
(3) Era inizialmente previsto un quinto comma, concernente la tutela dei cittadini di razza ariana, abrogato dall'art. 1 del R.D.L. 20 gennaio 1944 n. 25, riguardante i cittadini di razza ebraica, e dall'art. 3 del D. Lgs. Lgt. 14 settembre 1944 n. 287, relativo alla riforma della legislazione civile.

Spiegazione dell'art. 348 Codice Civile

La vera ed unica causa (formale) di delazione della tutela, nell'attuale legislazione, e l'atto dell' autorità: la nomina da parte del giudice tutelare (art. 346). Vi sono soltanto dei limiti entro i quali il potere del giudice tutelare deve essere contenuto relativamente alla scelta della persona da nominare.
Da questo punto di vista è possibile delineare una graduatoria delle persone tra le quali si deve scegliere il tutore.
Innanzitutto il giudice tutelare nomina tutore la persona designata dal genitore che ha esercitato per ultimo la responsabilità genitoriale. Tale designazione deve ritenersi vincolante per il giudice tutelare, il quale, in presenza di essa, perde la libertà di scelta. Deve pure ritenersi che la parola "genitore" sia da interpretare estensivamente, come termine usato per designare la persona alla quale è attribuita la responsabilità genitoriale; e quindi la facoltà di designare il tutore va pure riconosciuta all'adottante. La designazione, come è evidente, cesserà di avere efficacia se si dia luogo al riacquisto della responsabilità genitoriale da parte dei genitori.
La designazione del genitore è esercizio di un potere derivante direttamente dalla responsabilità genitoriale e che trova il suo correlato nel potere, concesso al genitore, di escludere dalla tutela determinate persone (art. 350). È da rilevare che mentre la esclusione impedisce in modo assoluto al giudice tutelare di scegliere la persona esclusa, la designazione ha invece forza vincolante meno assoluta. Al giudice tutelare è infatti concesso il potere discrezionale di valutare se non si oppongano gravi motivi alla nomina della persona designata, nel qual caso egli può non tener conto della designazione. In questa ipotesi e in quella in cui la designazione manchi del tutto, la scelta del tutore ha luogo preferibilmente tra gli ascendenti o tra gli altri prossimi parenti o affini del minore. Il giudice tutelare, dunque, ha libertà di scelta e di apprezzamento poiché la legge non stabilisce limiti assoluti. La prossimità della parentela e dell'affinità (l'unico aggettivo "prossimi" regge i due sostantivi "parenti o affini") va apprezzata con criterio discrezionale, e non era opportuno dettare regole definite, dato che si tratta solo di indicazioni preferenziali, non assolutamente vincolanti.
Di fronte alla rigida formulazione dell'art. #246# del codice del 1865, che sanciva in modo categorico la impossibilità di nominare più di un tutore, qualunque fosse il numero dei figli, si dimostra opportuna la disposizione del corrispondente art. 347 cod. civ., che invece pone il principio secondo cui "è nominato un solo tutore a più fratelli e sorelle", aggiungendo: "salvo particolari circostanze consiglino la nomina di più tutori". È questa un'esigenza che si è anche avvertita sotto l'impero del vecchio codice, per alcune situazioni speciali: ad esempio quando il coniuge superstite, nel momento in cui si apre la tutela, lasci più figli nati da altro matrimonio, e possedenti patrimoni separati ricevuti dal loro genitore premorto o dagli avi. È infatti prudente in questi casi, data la mancanza di unità patrimoniale, che esclude la possibilità di un'unità di amministrazione, affidare a diversi tutori la cura delle persone e dei beni dei figli nati da diversi matrimoni.
Da ciò deriva anche la possibilità che siano designati, dal genitore che per ultimo abbia esercitato la patria potestà, più tutori destinati ad assumere l'ufficio contemporaneamente, sempre che vengano nominati dal giudice tutelare. In questo caso, rimane sempre salva al giudice tutelare la facoltà di apprezzare le circostanze che possano consigliare o meno la nomina di uno solo o di tutti i tutori designati.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

180 E' stata accolta nell'art. 348 del c.c. la modificazione proposta riguardo al primo comma dell'art. 356 del progetto, e si è poi disposto, nel quarto comma dello stesso art. 348, che la persona, scelta come tutore, deve dare affidamento di potere educare e istruire il minore secondo i principi della morale e il sentimento nazionale fascista. Non si è ritenuto, invece, conveniente spostare detto comma nell'art. 350 del c.c., che tratta delle incapacità all'ufficio di tutore: è, infatti, preferibile mantenere distinto il criterio direttivo dato al giudice per l'esercizio del potere discrezionale di scelta del tutore dalla norma che prevede l'incapacità all'ufficio tutelare. L'ultimo comma dell'art. 348, a protezione dei minori, cittadini di razza ariana, fissa il principio che la tutela di costoro debba essere affidata esclusivamente a persona della stessa razza. Tale principio potrà provvidamente essere applicato specialmente nel caso di minori nati da matrimonio misto, per evitare che la tutela di costoro sia affidata ai parenti del genitore defunto, che fosse di razza diversa da quella a cui il minore stesso appartiene.

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