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Articolo 4 Testo unico sul pubblico impiego (TUPI)

(D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165)

[Aggiornato al 17/09/2024]

Indirizzo politico-amministrativo. Funzioni e responsabilità

Dispositivo dell'art. 4 TUPI

1. Gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento ditali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti. Ad essi spettano, in particolare:

  1. a) le decisioni in materia di atti normativi e l'adozione dei relativi atti di indirizzo interpretativo ed applicativo;
  2. b) la definizione di obiettivi, priorità, piani, programmi e direttive generali per l'azione amministrativa e per la gestione;
  3. c) la individuazione delle risorse umane, materiali ed economico-finanziarie da destinare alle diverse finalità e la loro ripartizione tra gli uffici di livello dirigenziale generale;
  4. d) la definizione dei criteri generali in materia di ausili finanziari a terzi e di determinazione di tariffe, canoni e analoghi oneri a carico di terzi;
  5. e) le nomine, designazioni ed atti analoghi ad essi attribuiti da specifiche disposizioni;
  6. f) le richieste di pareri alle autorità amministrative indipendenti ed al Consiglio di Stato;
  7. g) gli altri atti indicati dal presente decreto.

2. Ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. Essi sono responsabili in via esclusiva dell'attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati.

3. Le attribuzioni dei dirigenti indicate dal comma 2 possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative.

4. Le amministrazioni pubbliche i cui organi di vertice non siano direttamente o indirettamente espressione di rappresentanza politica, adeguano i propri ordinamenti al principio della distinzione tra indirizzo e controllo, da un lato, e attuazione e gestione dall'altro. A tali amministrazioni è fatto divieto di istituire uffici di diretta collaborazione, posti alle dirette dipendenze dell'organo di vertice dell'ente.

Massime relative all'art. 4 TUPI

Cons. Stato n. 9/2018

Devono essere disapplicati, perché contrastanti con il diritto comunitario, l'art. 1, comma 1, D.P.C.M. n. 174 del 1994 e l'art. 2, comma 1, D.P.R. n. 487 del 1994, laddove impediscono in assoluto ai cittadini di altri Stati membri dell'UE di assumere i posti dei livelli dirigenziali delle amministrazioni dello Stato e laddove non consentono una verifica in concreto circa la sussistenza o meno del prevalente esercizio di funzioni autoritative in relazione alla singola posizione dirigenziale.

Tali norme risultano in contrasto con il par. 2 dell'art. 45 del TFUE e non possono trovare conseguentemente applicazione, mentre va data diretta applicazione a una disposizione chiara e di fatto quale il par. 3 dell'art. 45 del TFUE (il quale limita la possibilità di derogare al generale principio della libertà di circolazione dei lavoratori comunitari ad ipotesi nel complesso residuali, laddove assumano preminenza delle funzioni autoritative).

Cons. Stato n. 2603/2018

Poiché gli atti inerenti al conferimento degli incarichi dirigenziali sono da ascrivere alla categoria degli atti negoziali (e non a quella degli atti amministrativi in senso proprio), ad essi si applicano le norme del codice civile in tema di esercizio dei poteri del privato datore di lavoro, con la conseguenza che le situazioni soggettive dei dipendente interessato possono definirsi in termini di "interessi legittimi", ma di diritto privato, come tali, pur sempre rientranti nella categoria dei diritti di cui all'art. 2907 c.c. e quindi suscettibili di tutela anche in forma risarcitoria, non potendo, di regola, aversi un intervento sostitutivo del giudice ordinario, salvo i casi di attività vincolata e non discrezionale (vedi, fra le altre: Cass. 24 settembre 2015, n. 18972; Cass. 14 aprile 2015, n. 7495; Cass. 22 giugno 2007, n. 14624; Cass. 22 dicembre 2004, n. 23760; Cass. SU 19 ottobre 1998, n. 10370).

Cass. civ. n. 1417/2018

Nell'alveo privatistico rientra il provvedimento di revoca di una qualifica acquisita in seguito allo svolgimento di una procedura concorsuale o selettiva, che costituisce un atto di natura privatistica, di micro-organizzazione attinente alla gestione del rapporto di lavoro già instaurato tra il dipendente e la PA, in quanto con il superamento di un concorso pubblico e l'approvazione della relativa graduatoria, indipendentemente dalla nomina, si consolida nel patrimonio dell'interessato una situazione giuridica individuale di diritto soggettivo, alla quale vanno riferiti tutti gli atti successivi, sicché la controversia rimane devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi del D.lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 1 (Cass. SU 23 marzo 2017, n. 7483; Cass. 7 aprile 2005, n. 7219).

Cons. Stato n. 79/2018

Sugli atti macro-organizzativo prodromici all'attribuzione di incarichi dirigenziali nel S.S.N. sussiste la giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo quando il soggetto che chiede tutela non è un dipendente pubblico direttamente coinvolto nella procedura selettiva, che ne contesti le modalità preparatorie (atti macro-organizzativi) o di concreto svolgimento (atti di gestione), bensì un soggetto pubblico (gli Ordini sono enti pubblici non economici) al quale la legge ha affidato compiti di tutela di una categoria professionale, che contesti la scelta organizzativa di fondo di escludere tale categoria dal novero dei possibili partecipanti alla selezione; in caso contrario si avrebbe un difetto di tutela giurisdizionale a scapito degli Ordini professionali, che pur avendo precisi obblighi di legge a tutela delle rispettive categorie, si vedrebbero impossibilitati ad ottemperarvi, non potendo adire direttamente il giudice ordinario in veste di giudice del lavoro.

Non soltanto gli atti delle procedure di selezione per il conferimento degli incarichi dirigenziali nelle aziende sanitarie previste dall'art. 3-sexies del D.lgs. 502/1992 (non aventi carattere di "procedura concorsuale" ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 63, comma 4, del D.lgs. 165/2001 -cfr. Cass. SS.UU., n. 9281/2016; n. 28819/2011; n. 21060/2011 - ord.), ma, a differenza di ciò che accade per le altre Amministrazioni, anche gli atti di macro organizzazione nel settore sanitario sono atti adottati in base alla capacità ed ai poteri propri del datore di lavoro privato (cfr. Cass., SS.UU., n. 15304/2014; n. 17783/ 2013; n. 2031/2008- ord.) rispetto ai quali è quindi esclusa la giurisdizione del giudice amministrativo.

Cass. civ. n. 24877/2017

In tutti i casi nei quali vengano in considerazione atti amministrativi presupposti, ove si verta in tema di conferimento e revoca di incarichi dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni, è consentita esclusivamente l'instaurazione del giudizio davanti al giudice ordinario, nel quale la tutela è pienamente assicurata dall'eventuale disapplicazione (dell'atto presupposto) e dagli ampi poteri riconosciuti al giudice ordinario medesimo dal comma 2 dello stesso art. 63 (cfr., ancora, Cass. S.U. n. 3677/09 e Cass. S.U. n. 13169/06). A maggior ragione ciò valga quando non venga neppure in rilievo la potenziale disapplicazione d'un atto amministrativo presupposto (come nel caso di specie, in cui - invece - dell'atto presupposto si invoca la piena applicazione). Da ultimo, se è vero che sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo rispetto ad atti di alta amministrazione, nondimeno va considerato che, avendo il D.lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 1, espressamente attribuito alla giurisdizione del giudice ordinario anche le controversie in tema di conferimento e revoca di incarichi dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni, ormai tali atti sono da considerarsi come mere determinazioni negoziali (cfr. Cass. n. 18972/15; Cass. n. 20979/09) e non più atti di alta amministrazione, venendo in tal caso in considerazione come atti di gestione del rapporto di lavoro rispetto ai quali l'amministrazione stessa opera con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro (v. art. 5 cit. D.lgs.).

Cass. civ. n. 4881/2017

Rientrano nella giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo le controversie nelle quali, pur chiedendosi la rimozione del provvedimento di conferimento di un incarico dirigenziale (e del relativo contratto di lavoro), previa disapplicazione degli atti presupposti, la contestazione operata dal ricorrente investa direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo, che si assume non essere conforme a legge perché non lo sono gli atti di macro organizzazione mediante i quali le amministrazioni pubbliche definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici e i modi di conferimento della titolarità degli stessi.

Il riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, eccettuate le ipotesi di giurisdizione esclusiva del secondo, si fonda sulla consistenza della situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio, che è di interesse legittimo - e non di diritto soggettivo (tutelato dal giudice ordinario ai sensi dell'art. 2907 c.c.) - nei casi in cui sia correlata all'esercizio di poteri autoritativi di cui è titolare l'amministrazione.

Il G.O. può esercitare il potere di disapplicazione previsto dall'art. 63, comma 1, del D.lgs. n. 165/01, conformemente all'istituto generale di cui all'art. 5, all. E, legge n. 2248/1865, solo quando è dedotto in causa un diritto soggettivo già sorto, su cui incida un provvedimento amministrativo ritenuto illegittimo, e non anche quando si deduce una situazione giuridica suscettibile di assumere la consistenza di diritto soggettivo soltanto all'esito della rimozione del provvedimento di macro organizzazione.

Cons. Stato n. 2701/2013

Anche se è vero che la riammissione in servizio dei dipendenti pubblici, di cui all'art. 132 del D.P.R. n. 3/1957, è un istituto di carattere eccezionale, derogando alle regole generali in materia di costituzione del rapporto d'impiego e che l'Amministrazione ha la facoltà di avvalersene unicamente quando riconosca in concreto di aver interesse ad assicurarsi le prestazioni di un determinato soggetto, tuttavia deve ritenersi che nel caso in cui venga data una motivazione specifica per negare la riammissione, inevitabilmente si apre il varco al sindacato sull'eccesso di potere, se non altro in base al parametro della ragionevolezza.

Cass. civ. n. 5413/2013

Poiché la disciplina delle dimissioni dettata dall'art. 124 T.U. impiegati civ. Stato non è compatibile con il nuovo regime del rapporto di lavoro di pubblico impiego privatizzato, a quest'ultimo rapporto debbono applicarsi i criteri civilistici e deve pertanto ritenersi che la dichiarazione di dimissioni, in quanto atto unilaterale recettizio, ha l'effetto di risolvere il rapporto di lavoro dal momento in cui essa perviene a conoscenza del datore di lavoro. Deve conseguentemente ritenersi che, alla medesima stregua di quanto avviene nel rapporto di impiego privato, la cessazione del rapporto faccia venire meno l'esercizio del potere disciplinare, che può concludersi solo con un provvedimento idoneo ad incidere su di un rapporto di lavoro esistente e non già cessato.

Cass. civ. n. 3032/2011

In materia di graduatorie ad esaurimento del personale docente della scuola di cui all'art. 1, comma 605, lett. c), della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), le controversie promosse per l'accertamento del diritto dei docenti - che, già iscritti in determinate graduatorie ad esaurimento, si siano avvalsi della facoltà di essere inseriti in altre analoghe graduatorie provinciali - a non essere collocati in coda rispetto ai docenti già inclusi in queste ultime graduatorie (diritto nella specie negato dall'amministrazione in applicazione del divieto previsto dal D.M. 8 aprile 2009, n. 42), appartengono alla giurisdizione ordinaria, venendo in questione atti che rientrano tra le determinazioni assunte con la capacità e i poteri del datore di lavoro privato (art. 5, comma secondo, del D.lgs. n. 165 del 2001), a fronte dei quali sono configurabili solo diritti soggettivi, ed avendo la pretesa ad oggetto la conformità a legge degli atti di gestione della graduatoria utile per l'eventuale assunzione.

Cons. Stato n. 7007/2010

L'art. 4 del D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 nell'attribuire agli organi di governo le funzioni di indirizzo politico/amministrativo ha conferito ai dirigenti il potere di adottare tutti gli atti e i provvedimenti amministrativi, ivi compresi quelli inerenti alla gestione del personale, non escluse eventuali dichiarazioni di decadenza dall'impiego. Resta solo la possibilità, derogatoria ed eccezionale rispetto al principio generale, che singole norme affidino agli organi di governo provvedimenti di nomina o designazione, ex art. 4, comma 1, lettera e) dello stesso D.lgs. n. 165/2001.

Cass. civ. n. 10508/2010

In tema di impiego pubblico contrattualizzato, la domanda di un docente per il riconoscimento delle differenze stipendiali conseguenti ad una riduzione - asseritamente illegittima - delle ore settimanali che compongono la cattedra assegnata, con la quale non si contestino le linee di organizzazione generale dell'attività scolastica ma si richieda la corretta applicazione degli atti amministrativi di esercizio della discrezionalità, è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, ove la controversia sia successiva al 30 giugno 1998, rilevando, il provvedimento di conferimento dell'orario, nell'ambito della comune disciplina del rapporto di lavoro e configurandosi le determinazioni dei dirigenti scolastici inerenti a modificazioni unilaterali della quantità delle ore e, in genere, l'attività dell'Amministrazione scolastica di assegnazione dell'orario, come adempimento di un obbligo negoziale e non come esercizio di un potere di organizzazione.

Cass. civ. n. 8328/2010

In tema di lavoro pubblico privatizzato, nel cui ambito gli atti di gestione del rapporto di lavoro sono adottati con i poteri e le capacità del privato datore di lavoro, l'atto con cui l'Amministrazione revochi un incarico (nella specie, di insegnamento a tempo determinato), sul presupposto della nullità dell'atto di conferimento per inosservanza dell'ordine di graduatoria, equivale alla condotta del contraente che non osservi il contratto stipulato ritenendolo inefficace perché affetto da nullità, trattandosi di un comportamento con cui si fa valere l'assenza di un vincolo contrattuale, e non potendo darsi esercizio del potere di autotutela in capo all'Amministrazione datrice di lavoro.

Cons. Stato n. 815/2010

Gli atti di individuazione e di conferimento di posizioni organizzative al personale non dirigente delle pubbliche amministrazioni inquadrato nelle aree, laddove trovano fondamento nella contrattazione collettiva che ha previsto e disciplinato l'istituto demandandone l'applicazione agli enti pubblici-datori di lavoro, esulano dall'ambito delle determinazioni amministrative autoritative e si iscrivono nella categoria degli atti negoziali, adottati con la capacità e i poteri del datore di lavoro.

Cass. civ. n. 23327/2009

In tema di procedure concorsuali per l'assunzione di pubblici dipendenti, il potere di approvare la graduatoria finale è attribuito alla P.A. dal bando esclusivamente in funzione del controllo della regolarità e della verifica dell'esito della procedura, dovendosi ritenere inammissibile una clausola che condizioni l'assunzione alle successive determinazioni dell'ente circa la necessità di procedere all'assunzione medesima e del tutto inefficace, in assenza di un "contrarius actus", la volontà dell'amministrazione di annullare o revocare il bando, risultando l'autotutela esercitata in carenza di potere e con atti, sotto il profilo sostanziale, affetti da nullità per difetto dell'elemento essenziale della forma e tali, quindi, da giustificare la disapplicazione da parte del giudice.

Cass. civ. n. 6062/2009

In materia di pubblico impiego privatizzato, l'atto di assegnazione del dipendente iscritto negli elenchi del personale in disponibilità, disposto ai sensi dell'art. 34-bis del D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, rientra tra gli atti di gestione del rapporto di cui all'art. 5 del medesimo D.lgs. n. 165 e non implica esercizio di alcun potere pubblico, nè di discrezionalità amministrativa, atteso che l'Amministrazione preposta all'individuazione del dipendente da ricollocare deve soltanto verificare la congruenza tra il profilo professionale richiesto dall'Amministrazione che intende coprire il posto vacante mediante concorso pubblico e quello dei dipendenti iscritti negli elenchi del personale in disponibilità, a partire da quello con maggiore anzianità di iscrizione. Ne consegue che - in base al criterio di riparto di giurisdizione secondo l'oggetto della pronuncia, che va identificato in funzione della "causa petendi" avuto riguardo all'intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice sulla base dei fatti allegati e al correlato rapporto giuridico - appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario non solo la controversia promossa dal dipendente per ottenere l'iscrizione nei ruoli del personale dell'Amministrazione "ad quem", ma anche quella da quest'ultima avviata e diretta ad ottenere - attraverso la contestazione dell'atto di assegnazione di personale adottato dalla P.A. a ciò preposta - l'accertamento negativo dell'insussistenza dell'obbligo di provvedere a detta iscrizione.

Cass. civ. n. 57/2009

Le dimissioni del lavoratore costituiscono un negozio unilaterale recettizio, idoneo a determinare la risoluzione del rapporto di lavoro dal momento in cui venga a conoscenza del datore di lavoro e indipendentemente dalla volontà di quest'ultimo di accettarle, sicché non necessitano più, per divenire efficaci, di un provvedimento di accettazione da parte della pubblica amministrazione.

Cass. civ. n. 23567/2008

A seguito della privatizzazione del rapporto di lavoro pubblico, l'art. 27 del D.lgs. 165 del 2001 ha imposto la riorganizzazione della P.A. in relazione ai principi di cui all'art. 4 del medesimo decreto, rendendo da subito incompatibili le norme sulla dirigenza pubblica vigenti. Ne consegue che, qualora l'ente pubblico, nell'adeguarsi al nuovo modello organizzativo mantenga transitoriamente un assetto ad esso non corrispondente, la corrispondenza delle funzioni esercitate al modello dirigenziale, dovrà esser riferita alle nuove regole, non potendo darsi ultrattività o reviviscenza di regole sulla dirigenza pubblica del tutto incompatibili con il nuovo ordinamento.

Cass. civ. n. 21660/2008

L'istituto della riammissione in servizio del dipendente pubblico già dimissionario, ai sensi dell'art. 132 del D.P.R. 3 del 1957 e 516 del D.lgs. 297 del 1994, presuppone la decisione discrezionale dell'amministrazione volta alla verifica del soddisfacimento dell'interesse pubblico con la copertura del posto vacante senza concorso, sicché resta esclusa la configurabilità di un diritto soggettivo all'accettazione di quella che, a seguito della privatizzazione del rapporto di lavoro, è da qualificare in termini di proposta contrattuale; peraltro, poiché il potere amministrativo è procedimentalizzato dalla specifica disciplina legislativa, recante l'obbligo della valutazione dell'interesse pubblico, dell'esame tempestivo e secondo correttezza e buona fede della domanda nonché della motivazione della decisione di riammissione (ancorché negativa), il richiedente, se non può chiedere la stipulazione del contratto, può chiedere tuttavia il risarcimento del danno da inadempimento di tali obblighi strumentali (principio affermato con riferimento al settore scolastico e a domanda di riammissione in servizio e risarcimento del danno proposta da direttrice didattica cessata dal servizio per dimissioni).

Cass. civ. n. 16540/2008

Il conferimento delle posizioni organizzative al personale non dirigente delle pubbliche amministrazioni inquadrato nelle aree, la cui definizione è demandata dalla legge alla contrattazione collettiva, esula dall'ambito degli atti amministrativi autoritativi e si iscrive nella categoria degli atti negoziali, assunti dall'Amministrazione con la capacità ed i poteri del privato datore di lavoro, a norma dell'art. 5, comma secondo, del D.lgs. n. 165 del 2001 ; pertanto, nell'applicazione della disposizione contrattuale, l'attività dell'Amministrazione non si configura come esercizio di un potere di organizzazione, ma come adempimento di un obbligo di ricognizione e di individuazione degli aventi diritto, con conseguente devoluzione alla giurisdizione del giudice ordinario delle relative controversie, non ostandovi l'esistenza di atti amministrativi presupposti e potendo al riguardo operare la disapplicazione dell'atto ai sensi dell'art. 63, comma 1 del citato decreto.

Cass. civ. n. 12315/2008

Il conferimento delle posizioni organizzative al personale non dirigente delle pubbliche amministrazioni inquadrato nelle aree e le relative procedure di selezione, secondo il sistema disegnato dal D.lgs 165 del 2001, esulano dall'ambito degli atti amministrativi autoritativi e sono assunti dall'Amministrazione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, a norma dell'art. 5, comma secondo, dell'indicato decreto; pertanto, il controllo di conformità alla legge deve essere condotto sulla base dei principi di diritto comune, con la conseguenza che non è ravvisabile contrasto con norme imperative nella decisione dell'Amministrazione che parifichi il servizio prestato in posizione di comando a quello dei dipendenti, nell'intento di valorizzare comunque l'esperienza professionale ai fini della progressione in carriera.

Cass. pen. n. 5920/2008

La procedura di selezione avviata da una Asl per il conferimento dell'incarico di dirigente di secondo grado del ruolo sanitario - prevista dall'art. 15-ter, commi 2 e 3, del D.lgs. n. 502 del 1992, aggiunto dall'art. 13 del D.lgs. n. 229 del 1999, sulla quale non incide l'art. 2 della legge n. 45 del 1999, il quale reca soltanto la disciplina sostanziale dei requisiti per la partecipazione alla selezione medesima - non ha carattere concorsuale, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 63, comma 4, del D.lgs. n. 165 del 2001, in quanto si articola secondo uno schema che prevede non lo svolgimento di prove selettive con formazione di graduatoria finale ed individuazione del candidato vincitore, ma la scelta di carattere essenzialmente fiduciario di un professionista ad opera del direttore generale della Asl, nell'ambito di un elenco di soggetti ritenuti idonei da un'apposita commissione sulla base di requisiti di professionalità e capacità manageriali. Ne consegue che tutte le relative controversie attinenti alla procedura di selezione, (nella specie concernente l'accertamento del diritto al conferimento dell'incarico e le consequenziali richieste retributive) ovvero al provvedimento finale del direttore generale, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, in quanto hanno ad oggetto atti adottati in base alla capacità ed ai poteri propri del datore di lavoro privato, ai sensi dell'art. 5 del citato D.lgs. n. 165 del 2001.

Cons. Stato n. 1430/2007

I criteri di organizzazione fatti propri dall'art. 3 del D.lgs. n. 29/1993, ora art. 4 del D.lgs. n. 165/2001, assegnano agli organi politici di governo le funzioni di indirizzo politico amministrativo, definendo obiettivi e programmi, mentre spetta ai funzionari di livello dirigenziale l'attività di gestione e di adozione di atti e provvedimenti amministrativi con relativa responsabilità.

Cass. civ. n. 23622/2006

In tema di disciplina della circolazione sulle strade comunali, rientrano nelle competenze della dirigenza comunale i provvedimenti che - pur dovendosi adeguare agli eventuali atti normativi e di indirizzo generale emanati dagli organi di governo e ferma restando l'attività di vigilanza e verifica successiva riservata a tali organi, secondo il disposto di cui all'art. 4 del D.lgs. n. 165 del 2001, siano diretti a regolamentare gli aspetti particolari della circolazione su singole strade del centro abitato (nella specie il limite di velocità su una determinata strada), a nulla rilevando, in contrario, che il combinato disposto di cui agli art. 6 e 7 c. strad., precedentemente emanato, attribuisca al sindaco la regolamentazione della circolazione nei centri abitati e che i provvedimenti in questione non risultino specificamente tra quelli enumerati dall'art. 107, comma 3, del D.lgs. n. 267 del 2000, attesa la natura meramente esemplificativa dell'elenco contenuto in tale disposizione.

Cass. civ. n. 13538/2006

Con riferimento al direttore generale del Comune (cosiddetto "city manager"), dalla disciplina di settore - in particolare, dall'art. 108 del D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, recante il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali - e dai principi generali in tema di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni si desume l'assenza di un procedimento ad evidenza pubblica già nella fase di affidamento dell'incarico, di talché resta radicalmente esclusa la configurabilità di poteri amministrativi nella fase di esecuzione del rapporto. Da tanto deriva che è devoluta al giudice ordinario la giurisdizione sulla controversia concernente l'accertamento dell'illegittimità della revoca "ante tempus", disposta dal sindaco, dell'incarico di direttore generale del Comune (nella specie conferito ad un soggetto già in servizio quale segretario generale), e la condanna del Comune al pagamento di somme a titolo di retribuzione o di risarcimento del danno, trattandosi in ogni caso di atto, concernente l'organizzazione dell'ufficio, appartenente alla gestione del rapporto di lavoro ed assunto con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro.

Cons. Stato n. 3546/2005

La competenza ad adottare il provvedimento disciplinare della rimozione per perdita del grado deve ritenersi attribuita al dirigente in base all'art. 3 D.lgs. n. 29 del 1993 (oggi, art. 4 D.lgs. 30 marzo 2001 n. 165) che demanda, in via generale, ai dirigenti pubblici l'emanazione di tutti gli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, oltre che in base all'art. 16 dello stesso D.lgs. n. 29 del 1993 (oggi, art. 16 D.lgs. 30 marzo 2001 n. 165) che attribuisce ai dirigenti di uffici dirigenziali ogni attività di gestione del personale, in cui rientra anche qualunque fattispecie, comunque denominata, di risoluzione del rapporto di lavoro del dipendente pubblico per volontà dell'amministrazione (e dunque anche la fattispecie della rimozione del sottufficiale delle Forze armate per perdita del grado), poiché l'espressione "misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro" è tale da abbracciare tutti i molteplici profili del rapporto di lavoro (privatizzato e non) dei dipendenti delle P.A., vale a dire l'intero insieme contrapposto degli obblighi del lavoratore e del datore di lavoro.

Cass. civ. n. 9747/2004

Nel vigente assetto normativo del rapporto di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, l'amministrazione opera con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, il cui esercizio è regolato dai canoni generali di correttezza e buona fede, che comportano, anche per scelte discrezionali effettuate nell'ambito di procedure selettive, l'obbligo di una effettiva comparazione dei candidati.

Cons. Stato n. 316/2004

La determinazione finale in ordine al giudizio di compatibilità ambientale di un progetto relativo alla costruzione di una centrale termoelettrica compete all'organo politico poiché quando, al di là dell'aspetto tecnico, si valuta, a fini ambientali, la localizzazione di progetti di importanti opere pubbliche, si coopera ad un'attività di pianificazione e di programmazione che rientra nell'ambito dei poteri di indirizzo politico - amministrativo.

Cass. civ. n. 6220/2003

Per gli atti relativi all'organizzazione degli uffici e all'inquadramento in via generale del personale, di individuazione dell'organico e delle modalità per ricoprirlo, non inerendo alla disciplina dei rapporti individuabili di lavoro regolata dai contratti collettivi e integrativi, permane la giurisdizione del giudice amministrativo.

Cass. civ. n. 1807/2003

Qualora la domanda introduttiva del giudizio proposto da un dipendente pubblico abbia un petitum sostanziale che si identifichi col rapporto di lavoro, la giurisdizione compete al giudice ordinario, anche qualora la prospettazione della parte si esprima in senso impugnatorio di atti amministrativi prodromici, in quanto, l'art. 63, 1° comma, D.lgs. 30.3.2001, n. 165, prevede che la giurisdizione ordinaria non è impedita dall'eventualità che "vengano in questione atti amministrativi presupposti".

Cons. Stato n. 361/2003

Gli atti con i quali il comune chiede il pagamento degli oneri di attuazione di un p.e.e.p. ai concessionari delle aree o agli acquirenti finali degli alloggi non possano qualificarsi come negozi giuridici in quanto gli atti di intimazioni di pagamento hanno natura di atti giuridici in senso stretto e possono essere validamente compiuti anche da soggetti legalmente incapaci. Pertanto ad essi non è applicabile la previsione dell'art. 4 comma 2 del D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, per cui "ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, giacché tale disposizione si riferisce ai soli atti negoziali ed ai provvedimenti amministrativi, mentre gli atti ed i fatti che non siano riconducibili a tali categorie, come ad esempio i fatti illeciti e gli atti giuridici in senso stretto, possono essere compiuti da qualsiasi soggetto che sia attualmente inserito nell'organizzazione amministrativa e che operi nella qualità di agente o organo dell'amministrazione (nella specie, il sindaco del Comune).

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