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Articolo 95 Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)

(D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917)

[Aggiornato al 09/10/2024]

Spese per prestazioni di lavoro

Dispositivo dell'art. 95 TUIR

1. Le spese per prestazioni di lavoro dipendente deducibili nella determinazione del reddito comprendono anche quelle sostenute in denaro o in natura a titolo di liberalità a favore dei lavoratori, salvo il disposto dell'articolo 100, comma 1.

2. Non sono deducibili i canoni di locazione anche finanziaria e le spese relative al funzionamento di strutture recettive, salvo quelle relative a servizi di mensa destinati alla generalità dei dipendenti o a servizi di alloggio destinati a dipendenti in trasferta temporanea. I canoni di locazione anche finanziaria e le spese di manutenzione dei fabbricati concessi in uso ai dipendenti sono deducibili per un importo non superiore a quello che costituisce reddito per i dipendenti stessi a norma dell'articolo 51, comma 4, lettera c). Qualora i fabbricati di cui al secondo periodo siano concessi in uso a dipendenti che abbiano trasferito la loro residenza anagrafica per esigenze di lavoro nel comune in cui prestano l'attività, per il periodo d'imposta in cui si verifica il trasferimento e nei due periodi successivi, i predetti canoni e spese sono integralmente deducibili.

3. Le spese di vitto e alloggio sostenute per le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale dai lavoratori dipendenti e dai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa sono ammesse in deduzione per un ammontare giornaliero non superiore ad euro 180,76; il predetto limite è elevato ad euro 258,23 per le trasferte all'estero. Se il dipendente o il titolare dei predetti rapporti sia stato autorizzato ad utilizzare un autoveicolo di sua proprietà ovvero noleggiato al fine di essere utilizzato per una specifica trasferta, la spesa deducibile è limitata, rispettivamente, al costo di percorrenza o alle tariffe di noleggio relative ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali, ovvero 20 se con motore diesel.

4. Le imprese autorizzate all'autotrasporto di merci, in luogo della deduzione, anche analitica, delle spese sostenute in relazione alle trasferte effettuate dal proprio dipendente fuori del territorio comunale, possono dedurre un importo pari a euro 59,65 al giorno, elevate a euro 95,80 per le trasferte all'estero, al netto delle spese di viaggio e di trasporto.

5. I compensi spettanti agli amministratori delle società ed enti di cui all'articolo 73, comma 1, sono deducibili nell'esercizio in cui sono corrisposti; quelli erogati sotto forma di partecipazione agli utili, anche spettanti ai promotori e soci fondatori, sono deducibili anche se non imputati al conto economico.

6. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 109, comma 9, lettera b) le partecipazioni agli utili spettanti ai lavoratori dipendenti, e agli associati in partecipazione sono computate in diminuzione del reddito dell'esercizio di competenza, indipendentemente dalla imputazione al conto economico.

Massime relative all'art. 95 TUIR

Cass. civ. n. 22479/2020

In tema d'imposte sul reddito d'impresa, ai sensi dell'art. 62, comma 3, (ora 95, comma 5) del d.P.R. n. 917 del 1986, i compensi spettanti agli amministratori di società di capitali sono deducibili, secondo il criterio di cassa, nell'esercizio in cui sono corrisposti, mentre le remunerazioni per le attività afferenti all'oggetto sociale, ma estranee al rapporto di gestione, le quali sono costi per prestazioni di servizi, vanno dedotte nell'esercizio di competenza, ossia quello in cui le prestazioni sono ultimate, ai sensi dell'art. 75 (ora 109), comma 2, lett. b) del decreto cit.

Cass. civ. n. 1475/2020

In tema di imposte sui redditi, la presunzione legale di onerosità per i versamenti effettuati dal socio alla società, prevista dall'art. 43 del D.P.R. n. 917 del 1986 ai fini della determinazione del reddito di capitale delle persone fisiche, è applicabile anche ai versamenti effettuati da soci imprenditori, in forma individuale o collettiva, non facendo la norma cenno alcuno ad una pretesa natura di persona solo "fisica" dei soci destinatari della presunzione ed essendo tale limitazione, in carenza di qualsivoglia concreto elemento di differenziazione, contraria ad una interpretazione normativa coerente con i precetti dettati dagli artt. 3 e 53 Cost., in quanto finirebbe per trattare diversamente situazioni economiche identiche. Ne consegue che, in caso di mancato superamento della presunzione legale, gli interessi attivi, al pari di quelli prodotti da qualsiasi finanziamento a terzi, concorrono a formare il reddito prodotto dall'impresa (individuale o collettiva), come espressamente previsto dall'art. 45 del D.P.R. n. 917 cit. e confermato dall'art. 95, nella parte in cui considera il reddito complessivo delle società quale reddito d'impresa "da qualsiasi fonte provenga" (numerazione delle norme anteriore al D.Lgs. n. 344 del 2003).

Cass. civ. n. 24003/2019

In tema di reddito d'impresa, poiché, in virtù della regola della post numerazione, la prestazione professionale dell'avvocato ha carattere unitario e tale unitarietà deve essere rapportata ai singoli gradi nei quali si è svolto il giudizio, la relativa spesa deve essere imputata non all'esercizio in cui la prestazione è stata eseguita ma a quello nel quale è stata ultimata in ciascun grado di giudizio, con l'emanazione della pronuncia conclusiva.

Cass. civ. n. 26431/2018

In tema di redditi di impresa, in base al combinato disposto degli artt. 17, comma 1, lett. c), e 105 del d.P.R. n. 917 del 1986, possono essere dedotte in ciascun esercizio, secondo il principio di competenza, le quote accantonate per il trattamento di fine mandato, previsto in favore degli amministratori delle società, purché la previsione di detto trattamento risulti da un atto scritto avente data certa anteriore all'inizio del rapporto, che ne specifichi anche l'importo: in mancanza di tali presupposti trova applicazione il principio di cassa, come disposto dall'art. 95, comma 5, del medesimo d.P.R., che stabilisce la deducibilità dei compensi spettanti agli amministratori delle società nell'esercizio nel quale sono corrisposti.

Comm. Trib. Reg. Basilicata n. 258/2018

Nel caso di deduzione dei costi sostenuti nell’ambito di un’attività economica, per il lavoro svolto da un operaio specializzato con orario parziale di tipo “orizzontale”, non è possibile applicare una riduzione ulteriore del 20 % sul monte ore complessivo per tempi morti e pause, in quanto contraria ai principi di efficienza ed economicità tipici di un’organizzazione commerciale. Inoltre, ai fini della predetta deduzione, in assenza di una diversa prova fornita dal contribuente in merito a quanto effettivamente corrisposto, risulta corretto l’operato dell’ufficio che ha applicato la tariffa “media” di euro 18, normalmente praticata da ditte operanti nel medesimo settore.

Comm. Trib. Reg. Piemonte n. 1587/2017

Il “trattamento di fine mandato” (T.F.M.) previsto a favore degli amministratori, al contrario del trattamento di fine rapporto dei lavoratori dipendenti (T.F.R.) non è disciplinato in modo specifico e vincolante dalla normativa civilistica; ne consegue che la sua previsione è lasciata alla libertà delle parti le quali, invia contrattuale, sono libere di stabilire la sua entità.

Cass. civ. n. 23171/2017

Ai fini fiscali, il contratto atipico di "prestito d'uso d'oro" è assimilabile al contratto di mutuo, anche in ragione della comune funzione essenzialmente di finanziamento, sicché, l'esercizio di competenza cui riferire la deducibilità dei costi coincide con quello in cui si realizzano i ricavi, conseguenti alla trasformazione dell'oro ed alla vendita successiva dei prodotti che ne sono ricavati.

Cass. civ. n. 20033/2017

In tema d'imposte sul reddito d'impresa, in caso di pagamento del compenso dell'amministratore di società di capitali a mezzo di bonifico bancario, il relativo importo è deducibile, secondo il principio cd. di cassa allargato, nell'esercizio in cui le somme sono accreditate al beneficiario senza che rilevi la data della disposizione o della valuta.

Comm. Trib. II grado Trento n. 73/2017

I compensi agli amministratori, quali componenti negativi del reddito, in quanto effettivamente erogati, devono ritenersi deducibili dal reddito di impresa delle società di capitali, come emerge dall’art. 95, comma 5, del d.p.r. n. 917 del 1986, ma tale deducibilità è comunque subordinata al fatto che gli stessi siano ai medesimi “spettanti” e, pertanto, che sia intervenuta una specifica e preventiva delibera societaria. Se i compensi sono stati approvati non con una specifica delibera assembleare, ma con la delibera assembleare di approvazione del bilancio, e quindi invalida nella parte relativa alla loro determinazione, la spesa sostenuta dalla società è indeducibile dal reddito.

Cass. civ. n. 9502/2017

In tema di IVA, il diritto alla detrazione dell'imposta relativa ai costi di costruzione di un immobile, ai sensi degli artt. 19 e 19 bis.2 del d.P.R. n. 633 del 1972, sussiste se, al momento della costruzione, l'intenzione sia stata quella di utilizzarlo per operazioni imponibili, e non, invece, ove sia stato realizzato per attività non imponibili, anche se siano state effettuate successivamente operazioni imponibili. (Nella specie, la S.C., confermando la sentenza impugnata, ha negato il diritto alla detrazione per le spese sostenute per la costruzione di un Centro Polifunzionale adibito a "residenza sanitaria assistenziale", benché in un certo periodo fossero state ivi svolte attività imponibili provate dall'esistenza di una sala congressi da circa cento posti).

Cass. civ. n. 24054/2014

In tema di imposte sui redditi d'impresa, per la determinazione della plusvalenza realizzata con la vendita di un immobile, ai sensi dell'art. 54 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, occorre avere riguardo alla differenza fra il prezzo di cessione e quello di acquisto, e non, come per l'imposta di registro, al valore di mercato del bene, essendo i principi relativi alla determinazione del valore di un bene, che viene trasferito, diversi a seconda dell'imposta da applicare. Ne consegue che, in presenza di contabilità formalmente regolare, per procedere all'accertamento previsto dall'art. 39, primo comma, lettera d), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, le valutazioni effettuate dall'UTE non sono sufficienti per giustificare una rettifica in contrasto con le risultanze contabili, ma possono essere vagliate nel contesto della situazione contabile ed economica dell'impresa, e, ove concorrano con altre indicazioni documentali o presuntive gravi, precise e concordanti (quali l'assoluta sproporzione tra corrispettivo dichiarato e il valore di mercato dell'immobile), costituire elementi validi per la determinazione dei redditi da accertare. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. della Basilicata, 04/06/2007).

Cass. civ. n. 22917/2014

In tema di determinazione del reddito d'impresa, l'esenzione prevista dall'art. 55 (oggi 88), quarto comma, del d.P.R. n. 22 dicembre 1986 n. 917, che, nella versione "ratione temporis" applicabile, non considera sopravvenienze attive i versamenti dei soci in denaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle società in nome collettivo o in accomandita semplice, pur estendendosi, in virtù del combinato disposto degli artt. 95, primo comma, e 87, primo comma, del medesimo d.P.R. n. 917 del 1986 alle società di capitali, non è applicabile ai conferimenti effettuati da soggetti diversi dai soci della beneficiata, anche se da questi ultimi delegati al pagamento nell'ambito di operazioni tra società del medesimo gruppo, in quanto trattandosi di disposizione fiscale di favore, che sottrae a tassazione le suddette tipologie di versamenti, è norma di natura eccezionale e, pertanto, di stretta interpretazione. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Roma, 25/11/2009).

Cass. civ. n. 24957/2010

In tema di imposte sul reddito di impresa, l'art. 62 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (testo unico delle imposte sui redditi) - a differenza del previgente art. 59, terzo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, per il quale i compensi ai soci amministratori erano deducibili "nei limiti delle misure correnti per gli amministratori non soci" - non contiene alcun riferimento a tabelle od altre indicazioni vincolanti, che pongano limiti massimi di spesa per i compensi, superati i quali sia esclusa la deducibilità. Ne consegue che all'Amministrazione non è riconosciuto un potere di valutazione di congruità, salva la possibilità, per l'Erario, od il giudice eventualmente investito della questione, di contrastare manovre elusive della misura dell'imposta facente capo alla società, in presenza di compensi che appaiano insoliti o sproporzionati, facendo ricorso alla disciplina sulla simulazione e dei negozi in frode alla legge. (cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. sez. dist. Parma, 23/08/2006).

Cass. civ. n. 24188/2006

In tema di imposte sui redditi e con riferimento alla determinazione del reddito d'impresa, l'art. 62 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, il quale esclude l'ammissibilità di deduzioni a titolo di compenso per il lavoro prestato o l'opera svolta dall'imprenditore, limitando la deducibilità delle spese per prestazioni di lavoro a quelle sostenute per lavoro dipendente e per compensi spettanti agli amministratori di società di persone, non consente di dedurre dall'imponibile il compenso per il lavoro prestato e l'opera svolta dall'amministratore unico di società di capitali: la posizione di quest'ultimo è infatti equiparabile, sotto il profilo giuridico, a quella dell'imprenditore, non essendo individuabile, in relazione alla sua attività gestoria, la formazione di una volontà imprenditoriale distinta da quella della società, e non ricorrendo quindi l'assoggettamento all'altrui potere direttivo, di controllo e disciplinare, che costituisce il requisito tipico della subordinazione. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Bolzano, 1 Dicembre 2000).

Cass. civ. n. 21155/2005

In materia di imposte sui redditi e con riguardo al reddito d'impresa, il principio di competenza, stabilito dall'art. 75 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, prescinde dal momento nel quale il documento giustificativo del costo viene acquisito o viene esibito, giacché, se si ritenesse il contrario, si verrebbe a collegare, inammissibilmente, l'imputabilità del costo non a fatti oggettivi e ad effetti ben precisi, individuabili nel tempo alla stregua della norma, ma alla volontà di soggetti che avrebbero la possibilità di fornire il documento rappresentativo del costo nel momento più opportuno, a seconda della convenienza. Il citato art. 75 consente una deroga solo per le ipotesi nelle quali nel periodo di competenza "non sia ancora certa l'esistenza" delle spese o il loro ammontare non sia "determinabile in modo obiettivo": ipotesi, queste, che non si configurano nel caso del rimborso di spese di trasferta, le quali vengono ad esistenza in tutte le loro componenti nel momento in cui la trasferta si compie, sicché l'esibizione della relativa documentazione costituisce solo un fatto di prova, non rilevante sul piano della oggettiva determinazione della spesa. (Nella specie, la società ricorrente aveva imputato il rimborso di spese di trasferta all'esercizio successivo a quello in cui le trasferte erano avvenute, assumendo che alla chiusura dell'esercizio di competenza il relativo costo non era certo né oggettivamente determinabile, giacché la nota per il rimborso delle spese era stata presentata solo successivamente). (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Venezia, 19 Giugno 1998).

In materia di imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito di impresa, allo stato attuale della legislazione l'Amministrazione finanziaria non ha il potere di valutare la congruità dei compensi corrisposti agli amministratori di società (nella specie, di capitali) per l'attività svolta, per cui detti compensi sono deducibili come costi ai sensi dell'art. 62 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (testo unico delle imposte sui redditi). Tale ultima disposizione, nella nuova formulazione introdotta dal testo unico, non prevede più, infatti, un parametro da utilizzare nella valutazione dell'entità dei compensi: sicché, in assenza di qualsiasi metro tendenzialmente oggettivo individuato dal legislatore, l'interprete non potrebbe procedere ad alcuna valutazione di congruità senza correre il rischio dell'arbitrarietà e della disparità di trattamento, sicuramente da evitare in un ordinamento incentrato sul principio di legalità. (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Venezia, 19 Giugno 1998).

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