Cons. Stato n. 4356/2019
Al fine di verificare se una cosa mobile o immobile presenti interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, ex artt. 10, comma 3 e 13 del D.Lgs. n. 42/2004, può essere utilizzata una relazione sui detti valori redatta al diverso scopo del rilascio dell'attestato di libera circolazione del bene.
Cons. Stato n. 3927/2019
Le pubbliche piazze, le vie, le strade e gli altri spazi aperti urbani di interesse artistico o storico sono ricomprese nell'ambito dei beni culturali di cui all'art. 10, comma 4, lett. g) del D.Lgs. n. 42/2004.
Cons. Stato n. 1933/2019
Il censimento e l'inserimento nell'elenco dei locali storici del Lazio ai sensi della L.R. n. 36 del 2001 spetta alla Regione e riguarda gli esercizi commerciali ed artigianali aperti al pubblico che hanno valore storico, artistico, ambientale e la cui attività costituisce testimonianza storica, culturale, tradizionale. Al contrario, la disciplina dei negozi storici è di livello essenzialmente comunale, in quanto riguarda esercizi commerciali del Comune di Roma e l'individuazione dei medesimi è di spettanza comunale, previo parere della Commissione per la Tutela delle Botteghe Storiche e riguarda le imprese artigianali che hanno svolto per più di cinquanta anni nello stesso locale, ovvero in uno analogo per posizione e significato storico-ambientale, un'attività di vendita al dettaglio inerente lo stesso genere merceologico, anche se con arredi di non particolare pregio. Ne consegue che locali storici e negozi storici costituiscono due species del medesimo genus (attività culturali), ai quali non si applica una medesima disciplina. La disciplina dei negozi storici è qualcosa di diverso da quella dei locali storici. Si tratta, infatti, di due nozioni riconducibili sicuramente alle "attività culturali", vale a dire attività che riguardano l'elaborazione e diffusione della cultura, ma non soggette al regime giuridico dei beni culturali, in quanto non comprese nelle previsioni di cui agli artt. 10 e 11 del D.Lgs. n. 42 del 2004. I locali storici, caratterizzati dal fatto che da lunga tradizione ivi si svolgono attività commerciali tipiche, non sono beni culturali anche perché il vincolo culturale in senso stretto non può riguardare l'attività culturale in sé e per sé, e cioè considerata separatamente dal bene; il valore culturale è infatti ravvisabile solamente nel collegamento del loro uso e della loro utilizzazione pregressi con accadimenti della storia, della civiltà. Di regola, neppure per i beni culturali in senso proprio è consentito il vincolo di mera destinazione d'uso, salvo che per gli studi d'artista (in ragione della specifica previsione dell'art. 51, comma 1, del D.Lgs. n. 42 del 2004), potendosi ritenere pertanto di dubbia legittimità anche il vincolo di destinazione merceologica per i negozi storici che sicuramente costituiscono un minus, sotto il profilo della tutela, rispetto ai beni culturali.
Cons. Stato n. 5947/2018
Fino alla verifica effettiva dell'interesse culturale, i beni di cui all'art. 10 D.Lgs. n. 42/2004 rimangono comunque soggetti alle disposizioni di tutela, sicché colui che intenda eseguire su di essi opere e lavori di qualunque genere deve preliminarmente munirsi dell'autorizzazione del soprintendente, che è resa su progetto e può contenere prescrizioni. In presenza di una regolare autorizzazione ai sensi dell'art. 21 D.Lgs. n. 42/2004, non residua alcuno spazio volto all'emanazione di misure cautelari quali l'ordine di sospensione dei lavori ex art. 28 D.Lgs. n. 42/2004, a meno che questi non siano condotti in difformità dal progetto autorizzato ovvero si contesti una infedele rappresentazione dello stato originario dei luoghi o delle cose di potenziale interesse culturale.
Cons. Stato n. 347/2018
È legittima l'apposizione del vincolo archeologico su un'intera zona, quant'anche non fosse cinta da mura ma comunque abitata nell'antichità, qualora dalla motivazione del relativo atto e dall'attività istruttoria svolta emergano le concrete ragioni che giustificano la valutazione unitaria di tale area; le esigenze di salvaguardia, infatti, hanno per oggetto non solo i reperti in sé o solo se addossati gli uni agli altri, ma tutta la complessiva superficie a suo tempo destinata illo tempore all'insediamento umano.
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Il Decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio), ha come obiettivo la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale, permettendo di salvaguardare la memoria della collettività e incentivare lo sviluppo della cultura, seguendo l'art. 9 contenuto nei principi fondamentali della Costituzione Italiana che così enuncia "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione."
Cons. Stato n. 17/2018
Ai fini della tutela vincolistica archeologica, l'effettiva esistenza delle cose da tutelare può esser dimostrata anche per presunzione, essendo a tal scopo non rilevante ex se che i materiali da tutelare siano stati già portati alla luce o siano ancora interrati. È sufficiente, infatti, che il complesso delle aree archeologiche risulti adeguatamente definito e che la misura adottata col vincolo appaia adeguata alla finalità di pubblico interesse cui esso è preordinato.
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È considerata misura proporzionata e congruente alle finalità di pubblico interesse l'apposizione del vincolo archeologico, quale misura di tutela complessiva di un'area abitata nell'antichità, anche se non cinta da mura, giacché le esigenze di salvaguardia concernono non solo i reperti in sé e solo se addossati gli uni agli altri ma tutta la complessiva superficie destinata illo tempore all'insediamento umano.
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L'apprezzamento compiuto dalla P.A. preposta alla tutela archeologica, da esercitare in rapporto al principio fondamentale dell'art. 9 Cost., è sindacabile, in sede giudiziale, solo sotto i profili di logicità, coerenza e completezza della valutazione, considerati anche per l'aspetto concernente la correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto, fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche. Sicché tal sindacato può effettuarsi in sede giurisdizionale solo in presenza di profili di incongruità ed illogicità di evidenza tale da far emergere l'inattendibilità della valutazione tecnico-discrezionale compiuta.
Cass. pen. n. 47825/2017
Per i beni appartenenti allo Stato (e tali sono, secondo la previsione dell'art. 91 del D.lgs. n. 42 del 2004, tra le altre, le cose indicate nell'art. 10, da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo che fanno parte del demanio o del patrimonio indisponibile, ai sensi degli artt. 822 e 826 cod. civ.), non è richiesto l'accertamento del cosiddetto "interesse culturale" né che gli stessi siano qualificati come culturali da un provvedimento amministrativo, essendo sufficiente che la "culturalità" sia desumibile dalle caratteristiche del bene. Risulta, dallo stesso art. 10 del D.lgs. n. 42/2004, che un qualificato interesse archeologico, culturale, storico è richiesto soltanto per i beni appartenenti a privati (tanto che il comma 3 di detta norma prevede la necessità di un formale provvedimento che riconosca l'interesse culturale secondo l'iter di cui all'art. 13), ma non, appunto, per quelli appartenenti allo Stato restando peraltro salva la possibilità che il detentore fornisca la prova della legittima proprietà dei beni per essere gli stessi stati acquistati in epoca antecedente all'entrata in vigore della L. n. 364 del 1909.
Cass. civ. n. 10303/2017
I beni archeologici presenti in Italia si presumono, salvo prova contraria gravante sul privato che ne rivendichi la proprietà, provenienti dal sottosuolo o dai fondali marini italiani e conseguentemente appartengono al patrimonio indisponibile dello Stato. (Rigetta, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 03/05/2012).
Cons. Stato n. 3560/2015
Lo stato di parziale distruzione o di cattiva manutenzione o conservazione di un bene non osta alla dichiarazione di interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante ai sensi dell'art. 10 D.Lgs. n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali), restando rimesso all'apprezzamento discrezionale dell'Amministrazione preposta all'imposizione e gestione del vincolo la valutazione dell'idoneità delle rimanenze ad esprimere il valore che si intende tutelare.
Cons. Stato n. 2/2015
L'art. 10, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali) definisce come bene culturale, da sottoporre a tutela quando sia intervenuta la dichiarazione prevista dal successivo art. 13, la cosa immobile o mobile che presenta interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante: ne deriva che un bene può essere oggetto della dichiarazione in discorso anche indipendentemente dal valore della zona nella quale esso è inserito, che assume invece rilievo nella diversa valutazione presidiata dal comma 4, lett. g) del medesimo art. 10.
Corte cost. n. 210/2014
È incostituzionale l'art. 1 L. reg. Sardegna 2 agosto 2013 n. 19, nella parte in cui: a) non prevede la tempestiva comunicazione del piano straordinario di accertamento e degli altri atti modificativi dei vincoli di destinazione ai competenti organi statali, affinché lo Stato possa far valere la propria competenza a tutelare il paesaggio con la conservazione dei vincoli esistenti o l'apposizione di diversi vincoli, e affinché, in ogni caso, effetti giuridici modificativi del regime dei relativi beni non si producano prima, e al di fuori, del piano paesaggistico regionale e b) prevede che i comuni possano "attuare" processi di transazione giurisdizionale, invece che "proporre" tali processi.
Corte cost. n. 139/2013
La circostanza che una specifica cosa non venga "classificata" dallo Stato come di «interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico», e dunque non venga considerata come «bene culturale», non equivale ad escludere che essa possa, invece, presentare, sia pure residualmente, un qualche interesse "culturale" per una determinata comunità territoriale: restando questo interesse ancorato, in ipotesi, a un patrimonio identitario inalienabile, di idealità e di esperienze e perfino di simboli, di quella singola e specifica comunità.
Corte cost. n. 194/2013
Le disposizioni della Regione Lombardia che disciplinano le attività e gli interventi di ricerca, raccolta, conservazione e valorizzazione dei reperti mobili e dei cimeli storici che si trovano sul territorio regionale violano l'art. 117, commi secondo, lett. s), e terzo, Cost., in relazione agli artt. 10, 88 e 90 del D.Lgs n. 42 del 2004, recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio. Soltanto la disciplina statale, infatti, può assicurare, in funzione di tutela (e in considerazione dell'unitarietà del patrimonio culturale), le misure più adeguate rispetto a questo scopo.
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I beni archeologici presenti in Italia si presumono, salvo prova contraria gravante sul privato che ne rivendichi la proprietà, provenienti dal sottosuolo o dai fondali marini italiani e conseguentemente appartengono al patrimonio indisponibile dello Stato.
Cass. civ. n. 2995/2006
Nel giudizio di accertamento della proprietà pubblica di beni archeologici in possesso di privati, il ritrovamento o la scoperta dei beni stessi in data anteriore all'entrata in vigore della legge n. 364 del 1909, costituente ipotesi di legittimo possesso da parte di privati, deve essere provato, in quanto circostanza eccezionale, da chi l'eccepisce.