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Articolo 10 Statuto dei lavoratori

(L. 20 maggio 1970, n. 300)

[Aggiornato al 26/05/2022]

Lavoratori studenti

Dispositivo dell'art. 10 Statuto dei lavoratori

I lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali, hanno diritto a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami e non sono obbligati a prestazioni di lavoro straordinario o durante i riposi settimanali.

I lavoratori studenti, compresi quelli universitari, che devono sostenere prove di esame, hanno diritto a fruire di permessi giornalieri retribuiti.

Il datore di lavoro potrà richiedere la produzione delle certificazioni necessarie all'esercizio dei diritti di cui al primo e secondo comma.

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Consulenze legali
relative all'articolo 10 Statuto dei lavoratori

Seguono tutti i quesiti posti dagli utenti del sito che hanno ricevuto una risposta da parte della redazione giuridica di Brocardi.it usufruendo del servizio di consulenza legale. Si precisa che l'elenco non è completo, poiché non risultano pubblicati i pareri legali resi a tutti quei clienti che, per varie ragioni, hanno espressamente richiesto la riservatezza.

A. P. I. chiede
mercoledì 10/07/2024
“Buongiorno
La presente per richiedere conferma di spettanza a mio favore di permessi dal lavoro retribuiti per diritto allo studio a fronte dell’avvenuta immatricolazione dal corso di Laurea Magistrale MASEC c/o UNIVPM di Ancona.
Faccio presente che sono già laureata (Laurea Specialistica in Economia Aziendale conseguita il 7/07/2000), per cui il mio obiettivo è il conseguimento della II Laurea.
Allego:
- Ultima busta paga per verifica CCNL/Inqualdramento/Qualifica… applicati (sono Resp.le Amministrazione Finanza e Controllo)
- Dettagli Corso MASEC
Sono in regola con il pagamento dele tasse universitarie
Rimango in attesa di vs cortese riscontro ed a disposizione per eventuali integrazioni.
Saluti e grazie”
Consulenza legale i 22/07/2024
Il diritto allo studio per gli studenti lavoratori è previsto dallo Statuto dei Lavoratori, Legge 300 del 1970 all’articolo10, che recita:
I lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali, hanno diritto a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami e non sono obbligati a prestazioni di lavoro straordinario o durante i riposi settimanali.
I lavoratori studenti, compresi quelli universitari, che devono sostenere prove di esame, hanno diritto a fruire di permessi giornalieri retribuiti.
l datore di lavoro potrà richiedere la produzione delle certificazioni necessarie all’esercizio dei diritti di cui al primo e secondo comma".

I contratti collettivi possono intervenire con previsioni di miglior favore.

I permessi studio possono essere utilizzati esclusivamente per la frequenza dei corsi e per sostenere gli esami; ciò comporta che le ore di permesso retribuite previste dai contratti collettivi potranno essere fruite solo per la frequenza di quei corsi di studio che abbiano orari coincidenti con quelli di lavoro e non per le necessità connesse alla preparazione degli esami o per altre attività complementari.

Secondo quanto previsto dallo Statuto dei lavoratori i permessi spettano anche se il dipendente è già in possesso di laurea e si iscrive nuovamente all’università.

Il datore di lavoro può richiedere le certificazioni comprovanti l’effettiva frequenza dei corsi.

Si precisa che, secondo le Sezioni Unite, non spettano i permessi retribuiti, qualora lo studente lavoratore non abbia l’obbligo di frequenza per il superamento del corso universitario a cui è iscritto (C. Cass., SS. UU., 10/7/2013 n. 17128).

I permessi sono riconoscibili solo a quei lavoratori che frequentano un corso, al termine del quale viene rilasciato un attestato avente valore legale.

Si tenga conto, tuttavia, che il diritto allo studio deve confrontarsi e contemperarsi con l’interesse del datore di lavoro sia pubblico che privato. L’iniziativa economica privata gode di tutele altrettanto solide nel nostro ordinamento.

Ogni contratto collettivo prevede, infatti, un numero massimo di lavoratori che può assentarsi per motivi di studio.

In particolare, l’art. 8 del CCNL Industria metalmeccanica ed installazione di impianti prevede:
A far data dal 1° gennaio 2017 sarà determinato, all'inizio di ogni triennio, il monte ore messo a disposizione di tutti i dipendenti per l'esercizio del diritto allo studio, moltiplicando ore 7 annue per tre e per il numero totale dei dipendenti occupati nell'azienda in quella data ovvero nell'unità produttiva secondo la prassi già in atto, salvo i conguagli successivi in relazione alle variazioni del numero dei dipendenti.
I lavoratori che contemporaneamente potranno assentarsi dall'unità produttiva per frequentare i corsi di studio in seguito elencati o per frequentare i corsi di formazione continua di cui all'art 7 saranno di norma il 3% complessivo della forza occupata nell'unità produttiva, coerentemente con le esigenze tecnico-organizzative. Nelle aziende fino a 200 dipendenti gli eventuali valori frazionari risultanti dall'applicazione della suddetta percentuale saranno arrotondati all'unità superiore. Sono esclusi dal computo della percentuale di assenza, i permessi per i giorni di esame.
I lavoratori che, al fine di migliorare la propria cultura, intendono frequentare corsi finalizzati a conseguire un titolo legale di studio riferibile al Quadro Europeo delle Qualifiche per l'apprendimento permanente (QEQ), di cui alla Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008, così come recepita dall'Accordo sottoscritto in sede di Conferenza Stato-Regioni il 20 dicembre 2012 e recepito dal Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca del 13 febbraio 2013 (riportato in calce al presente articolo), hanno diritto, con le precisazioni indicate, di usufruire di permessi retribuiti a carico del monte ore triennale come sopra definito. Tali permessi, quantificati nella tabella seguente, potranno essere fruiti anche in un solo anno”.

In particolare, l’art. 8 prevede i Corsi volti a conseguire un titolo di istruzione terziaria (livelli 5, 6, 7, 8 del QEQ), erogati dalle Università, tra le tipologie di corsi ammissibili. Il monte ore per tale tipologia di corsi è 150 ore triennali.

Pertanto, il corso di laurea di cui al presente parere rientra tra quelli per cui è possibile chiedere i permessi.

Inoltre, secondo il CCNL di riferimento, gli studenti di tali corsi potranno fruire di 16 ore retribuite, non a carico del monte ore di cui al comma 1, per la preparazione di ogni ulteriore esame qualora siano già state fruite le 150 ore e superati 9 esami nel triennio. A tali fini non sono considerati esami tutte le cosiddette prove in itinere, quali, ad esempio, esoneri parziali, idoneità.

Inoltre, potranno fruire, ogni triennio o frazione, dei permessi retribuiti per un periodo pari al doppio della durata del corso.

Per usufruire di tali permessi è necessario che il lavoratore faccia richiesta scritta almeno 1 mese prima dell'inizio del corso al quale intende partecipare e 15 giorni prima dell'esame che intende sostenere.
A richiesta dell'azienda il lavoratore dovrà produrre le certificazioni necessarie all'esercizio del diritto di cui all’art. 8.

Le aziende erogheranno, durante la frequenza dei corsi, acconti mensili conguagliabili, commisurati alle ore di permesso usufruito, fermo restando che il presupposto per il pagamento di dette ore, nei limiti ed alle condizioni indicate, è costituito dalla regolare frequenza dell'intero corso.

I permessi retribuiti sopra definiti si intendono cumulabili limitatamente al conseguimento di livelli successivi del QEQ.

I lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio finalizzati all'acquisizione di titoli di studio riferibili a tutti i livelli del QEQ presso gli istituti erogatori su elencati, saranno immessi, su loro richiesta, in turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami.

Sempre su loro richiesta saranno esonerati dal prestare lavoro straordinario e durante i riposi settimanali.

I lavoratori studenti, che devono sostenere prove di esame, possono usufruire, su richiesta, di permessi retribuiti per tutti i giorni di prova che costituiscono l'esame. Questi permessi non sono a carico del monte ore di cui al comma 1 del presente articolo.

I permessi non saranno retribuiti per gli esami universitari che siano stati sostenuti per più di due volte nello stesso anno accademico.

In conclusione, in base alla normativa di riferimento, confermiamo il diritto a usufruire con i limiti sopra descritti dei permessi retribuiti per diritto allo studio per la frequenza e per sostenere gli esami del corso di Laurea Magistrale MASEC, come previsto dall'articolo 10 della Legge 300/1970 e dalle disposizioni del CCNL applicato.


F. R. chiede
martedì 06/09/2022 - Sicilia
“Sono un dipendente pubblico di ruolo e a tempo indeterminato di un piccolo ente regionale (Ente Parco), sono stato ammesso ad un dottorato di ricerca in una università straniera e ho fatto istanza al mio ente di aspettativa retribuita (il dottorato è senza assegni). Il mio ente mi nega l'aspettativa con la motivazione della carenza del personale (nell'area tecnica del mio ente ci sono solo due dipendenti). Il quesito è questo: ci potrebbero essere soluzioni alternative del tipo aspettativa parziale, cioè consentire l'aspettativa per lo studio del dottorato a condizione che si svolga almeno 12 ore settimanali di lavoro presso l'ente e a fronte dell'intera retribuzione percepita? una tale soluzione, ammesso che possa essere accettata dall'Università, si può considerare in linea con la norma o presenterebbe aspetti di illegalità che potrebbero nuocere al dipendente oppure all'ente?”
Consulenza legale i 14/09/2022

L’istituto del congedo straordinario per dottorato di ricerca per i dipendenti pubblici è disciplinato dall’art. 2 della Legge n. 476 del 13.8.1984 recante “Norme in materia di borse di studio e dottorato di ricerca nelle Università”, così come modificato ed integrato dall’art. 52, comma 57, della Legge n. 488 del 28.12.2001, dall’art. 19, comma 3, della Legge n. 240 del 30.12.2010 e dall’art. 5, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 119 del 18.7.2011. Il citato art. 2 stabilisce che: “il pubblico dipendente ammesso ai corsi di dottorato di ricerca è collocato, a domanda, compatibilmente con le esigenze di servizio dell’Amministrazione, in congedo straordinario per motivi di studio, senza assegni, per il periodo di durata del corso ed usufruisce della borsa di studio ove ricorrano le condizioni richieste. In caso di ammissione a corsi di dottorato di ricerca senza borsa di studio o di rinuncia a questa, l’interessato in aspettativa conserva il trattamento economico, previdenziale e di quiescenza in godimento da parte dell’amministrazione pubblica presso la quale è instaurato il rapporto di lavoro”.

Il congedo straordinario è concesso per la durata del corso di studi ed è comunque subordinato alla compatibilità con le esigenze dell’Amministrazione: il dipendente è titolare non di un diritto alla concessione dello stesso, ma solo di “una posizione giuridica soggettiva condizionata, la cui realizzazione è subordinata alle esigenze di buon andamento” (cfr. Circolare Dipartimento della Funzione Pubblica n. 12/2011).

La legge non prevede il caso di congedo straordinario parziale che permetta da una parte di frequentare il dottorato part-time e dall’altra di prestare servizio presso l’Ente senza perdere la retribuzione.

Non sembra, peraltro, che in tal caso si possa parlare di congedo, in quanto quest’ultimo presuppone la conservazione del posto di lavoro a fronte dell’assenza della prestazione lavorativa.

Il dipendente pubblico ammesso ai corsi di dottorato di ricerca, in alternativa al congedo straordinario, può chiedere la fruizione dei permessi per il diritto allo studio, di cui all’art. 46 del CCNL Funzioni Centrali, anch'essi retribuiti.
Il limite per i permessi è di 150 ore annue.
Anche la fruizione dei permessi, tuttavia, trova un limite nelle esigenze organizzative dell'ente.

P. L. P. chiede
giovedì 26/05/2022 - Lombardia
“Buongiorno, scrivo per sottoporvi un quesito nell'ambito del diritto del lavoro.
Sono uno studente universitario ed un lavoratore, avvicinandosi la sessione estiva degli esami volevo usufruire dei permessi studio (150 ore) di cui alcuni lavoratori possono usufruire per potermi assentare da lavoro e poter preparare e sostenere gli esami.
inizio col dire che il mio inquadramento contrattuale fa parte del CCNL commercio, e sono un lavoratore a tempo determinato part-time in somministrazione assunto da un'agenzia interinale, ho già fatto richiesta per poter usufruire di questi permessi e mi è stata accordata, dicendomi che avevo diritto a 150 ore l'anno di cui potevo beneficiare.
la seconda volta in cui ho presentato richiesta mi è stata negata con la motivazione che la lunghezza del permesso, che comunque rientrava nelle 150 ore, era elevata (andava dal 6 giugno al 14 luglio) e che per una questione di copertura turni e carico di lavoro non poteva essere accordata. Oltre a questo mi è stato detto che i dipendenti a tempo determinato non hanno diritto a questi permessi.
Il mio dubbio è se, con il mio contratto e nella mia situazione, posso o meno usufruire di questi permessi, in che ammontare all'anno e soprattuto se la motivazione addotta dal mio datore di lavoro circa il diniego del permesso sia legittima oppure no.
oltre a questo vorrei anche sapere esplicitamente quali sono i casi in cui il permesso può essere negato, così da saperlo anche per il futuro.
Vi ringrazio anticipatamente e vi auguro una buona giornata.”
Consulenza legale i 05/06/2022
I permessi studio possono essere utilizzati esclusivamente per la frequenza dei corsi e per sostenere gli esami; ciò comporta che le ore di permesso retribuite previste dai contratti collettivi potranno essere fruite solo per la frequenza di quei corsi di studio che abbiano orari coincidenti con quelli di lavoro e non per le necessità connesse alla preparazione degli esami o per altre attività complementari.

Il datore di lavoro può richiedere le certificazioni comprovanti l’effettiva frequenza dei corsi.

Inoltre, il diritto allo studio deve confrontarsi e contemperarsi con l’interesse del datore di lavoro sia pubblico che privato. L’iniziativa economica privata, così come il buon andamento e l’efficienza dell’amministrazione e degli enti pubblici, gode di tutele altrettanto solide nel nostro ordinamento.

Ogni contratto collettivo prevede, infatti, un numero massimo di lavoratori che può assentarsi per motivi di studio.

Inoltre, si deve considerare che solitamente i permessi studio non spettano ai lavoratori a tempo determinato. Infatti, i lavoratori a tempo determinato godono di parità di trattamento rispetto a quelli a tempo indeterminato, ma “sempre che non sia obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a termine” (art. 6, D. Lgs. 368/2001), che è quella di sopperire ad esigenze temporanee ed oggettive dell'azienda. Un'assenza prolungata di tale lavoratore sarebbe incompatibile con tali esigenze.

Pertanto, la motivazione addotta dal datore di lavoro, riguardante il carico di lavoro e la copertura di turni, ben potrebbe essere considerata legittima.

Allo stesso modo, il diniego sarebbe legittimo nel caso in cui il permesso sia stato chiesto per la preparazione dell’esame. Si ribadisce che il permesso può essere accordato solo per la frequenza di corsi e per il giorno dell’esame.

Dario M. chiede
venerdì 04/11/2016 - Sicilia
“Buongiorno Vorrei sapere con documentazione (sentenze, ed altro) se si può prendere il permesso relativo alle 150 ore per il diritto allo studio per coloro che frequentano uno studio legale per praticantato per avvocato o esistono altri tipi di permessi per coloro che sono lavoratori dipendenti. Grazie”
Consulenza legale i 08/11/2016
Il c.d. permesso per diritto allo studio viene previsto dall’art. 10 dello Statuto dei Lavoratori, il quale afferma testualmente: «I lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali, hanno diritto a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami e non sono obbligati a prestazioni di lavoro straordinario o durante i riposi settimanali.
I lavoratori studenti, compresi quelli universitari, che devono sostenere prove di esame, hanno diritto a fruire di permessi giornalieri retribuiti.
Il datore di lavoro potrà richiedere la produzione delle certificazioni necessarie all'esercizio dei diritti di cui al primo e secondo comma».
Oltre al dato legislativo, il permesso in questione viene ribadito da quasi tutti i CCNL di settore, tanto nell’ambito del lavoro pubblico quanto nell’ambito del lavoro subordinato privato.

Il fatto stesso che tale permesso sia previsto dallo Statuto dei Lavoratori e dai un CCNL fa propendere per una risposta negativa al Suo quesito: il praticante presso uno studio legale, infatti, non intrattiene alcun tipo di rapporto di lavoro subordinato, essendo il tirocinio un’attività (anche) formativa che consente di accedere all’esame di abilitazione. In altre parole, non si instaura alcun tipo di rapporto di lavoro subordinato tra il praticante e il dominus, ciò che è altresì contrario alle norme della deontologia forense laddove si prescrive l’incompatibilità tra l’attività di avvocato e di praticante e qualsivoglia attività lavorativa subordinata (art. 18 L.P.F. – 31/12/2012 n. 247).

Inoltre, le Sezioni Unite (in un caso diverso, riguardante un dipendente pubblico) hanno statuito che non spettano detti permessi retribuiti, qualora lo studente lavoratore non abbia l’obbligo di frequenza per il superamento del corso universitario a cui è iscritto (C. Cass., SS. UU., 10/7/2013 n. 17128).
Infine, si ribadisce come il tetto massimo di 150 ore sia riconoscibile solo per quei lavoratori che frequentano un corso, al termine del quale viene rilasciato un attestato avente valore legale: cosa che di fatto non accade per l’espletamento della pratica forense.