La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13208 del 27 giugno 2016, ha fornito alcune interessanti indicazioni in tema di “rapporti di vicinato” e di immissioni rumorose (art. 844 del c.c.).
Nel caso esaminato dalla Corte, il Tribunale di Como aveva condannato una società affittuaria, esercente attività di discoteca, “all’apposizione di idonea sigillatura delle porte-finestre site al primo piano”, mentre aveva rigettato la domanda risarcitoria proposta dai locatori nei confronti della medesima, volta “al risarcimento dei danni da immissioni rumorose, percepibili dagli appartamenti degli attori, attesa l’eliminazione (o quantomeno il notevole ridimensionamento) dell’attività acustica indicata come lesiva della salute, in assenza di una prova rigorosa del danno lamentato”.
La Corte d’Appello di Milano, pronunciandosi in secondo grado, accoglieva, però, in parte, l’impugnazione proposta dai locatori “condannando la società convenuta al pagamento, in favore di ciascuno di essi, della somma di 10 mila Euro”.
Ritenendo tale pronuncia ingiusta, la società proponeva ricorso in Cassazione, il quale, tuttavia, non trovava accoglimento.
Secondo la ricorrente, la Corte di secondo grado non avrebbe dato corretta applicazione all'art. 844 del c.c., all'art. 2043 del c.c., all'art. 2059 del c.c. e all'art. 2697 del c.c. (dettati in tema di immissioni rumorose e risarcimento danni e onere della prova), in quanto non avrebbe adeguatamente considerato che “l’accertata intollerabilità delle immissioni non esonera la parte dall’onere di provare una specifica compromissione della sua salute”, non potendosi considerare risarcibili “meri fastidi naturalmente conseguenti alle immissioni moleste”.
Secondo la Cassazione, tuttavia, il giudice d’appello aveva “preliminarmente osservato come gli istanti avessero documentato con certificazioni mediche le condizioni di salute (…) patologiche conseguenti all’esposizione prolungata ad un livello eccessivo di rumore – pur specificando poi che, anche in assenza di tale documentazione, si sarebbe in ogni caso dovuto presumere il danno subito dalle persone soggette alle immissioni intollerabili”.
Di conseguenza, la sentenza appariva adeguatamente motivata e conforme a diritto, in quanto il giudice può, in materia di immissioni, “avvalersi della regola di comune esperienza secondo la quale le immissioni rumorose che eccedano la soglia della normale tollerabilità sono di per sè idonee a provocare una compromissione dell’equilibrio psico-fisico del soggetto ripetutamente esposto ad esse“, come, peraltro, affermato dalla stessa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5844 del 2007.
Alla luce di quanto sopra esposto, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dalla società ricorrente, condannando la medesima al pagamento delle spese processuali.