Nel caso esaminato dalla Cassazione, tre soggetti avevano agito in giudizio, evidenziando di subire da anni delle immissioni sonore, eccedenti la normale tollerabilità, provenienti dal bar situato al piano di sotto del loro appartamento.
Di conseguenza, gli attori avevano chiesto che il giudice, con provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c., disponesse l’immediata chiusura del bar, nella fascia oraria compresa tra le 22 e le 7 del mattino, almeno fino a quando non fosse stato accertato che le immissioni fossero state ricondotte entro la soglia della normale tollerabilità.
Dopo il deposito del ricorso da parte degli attori, i gestori del bar avevano provveduto all’insonorizzazione del locale e, pertanto, i ricorrenti avevano abbandonato la causa.
Tuttavia, gli attori avevano poi nuovamente agito in giudizio, al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa delle immissioni sonore intollerabili, patite prima dell’esecuzione dei lavori di insonorizzazione.
I gestori del bar si erano costituiti in giudizio, evidenziando che, anche prima dei lavori di insonorizzazione, le immissioni sonore non avevano mai ecceduto il limite della normale tollerabilità, come dimostrato dal fatto che nessuna lamentela era mai giunta da altre persone.
Il Tribunale di Pavia, pronunciatosi in primo grado, aveva rigettato la domanda risarcitoria ma la sentenza era stata riformata in grado d’appello, con la conseguenza che i gestori del bar avevano deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione.
Secondo i gestori, in particolare, non sussisteva “né la prova dell’esistenza di un danno risarcibile (…), né la prova della perdurante sussistenza di immissioni rumorose oltre la normale tollerabilità”.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione ai ricorrenti, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.
Osservava la Cassazione, in particolare, che “il danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite è risarcibile indipendentemente da un danno biologico “documentato”, quando sia riferibile alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione e del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti”.
In sostanza, secondo la Corte, in caso di immissioni che superano la normale tollerabilità, la prova del danno subito non deve essere necessariamente di natura documentale, essendo sufficiente che il danno sia dimostrato per presunzioni, “sulla base delle nozioni di comune esperienza”.
Ebbene, nel caso di specie, secondo la Cassazione, la Corte d’appello aveva del tutto correttamente riconosciuto il risarcimento del danno non patrimoniale ai soggetti che risiedevano al piano di sopra rispetto al bar, essendo stato accertato che gli stessi erano stati esposti per anni, nella loro casa di abitazione e, per di più, in orario notturno, “ad immissioni rumorose eccedenti la normale tollerabilità, di per sé fonti di stress”.
Ciò considerato, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dai gestori del bar, confermando integralmente la sentenza impugnata.