La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30548 del 19 luglio 2016, ha fornito alcune interessanti precisazioni circa la responsabilità in capo al proprietario di un cane per i danni da questo causati, specificando e distinguendo le due situazioni in cui il padrone non sia nelle condizioni di esercitare il controllo sul proprio fido oppure lo abbia dato in custodia a persona non in grado di esercitarlo.
Nel caso esaminato dalla Corte, il giudice di Pace di Trento aveva assolto il padrone di un cane sia dal reato di “lesioni personali colpose” (art. 582 codice penale), poichè il suo cane aveva morso un bambino, sia dal reato di “minacce” (art. 612 codice penale), per aver egli rivolto al padre del bambino intimidazioni al fine di impedire che questi denunciasse l’accaduto.
Secondo il giudice, infatti, dall’istruttoria era emerso che, al momento dell’incidente, il cane era stato affidato al padre dell’imputato, il quale ne curava la custodia e la vigilanza.
Il giorno del sinistro, infatti, il cane era stato legato, dal padre dell’imputato, ad una catena, in uno spazio allo stesso riservato, con la conseguenza che l’imputato non poteva in alcun modo aver assunto una “posizione di garanzia rispetto alla cura e alla gestione dell’animale”.
La Procura della Repubblica ricorreva avverso la pronuncia di assoluzione, “assumendo che il proprietario era comunque titolare di autonome posizione di garanzia sull’animale, così che anche in ipotesi di trasferimento dell’animale ad altra persona lo stesso avrebbe dovuto rispondere per lesioni colpose per i traumi lesioni da questo provocati”.
Giunti dinanzi alla Corte di Cassazione, la Corte osservava che “in tema di lesioni colpose la posizione di garanzia assunta dal detentore di un cane impone l’obbligo di controllare e di custodire l’animale adottando ogni cautela per evitare e prevenire le possibili aggressioni a terzi anche all’interno dell’abitazione”.
Infatti, secondo la Corte, “la pericolosità del genere animale non è limitata esclusivamente ad animali feroci ma può sussistere anche in relazione ad animali domestici o di compagnia quali il cane, di regola mansueto così da obbligare il proprietario ad adottare tutte le cautele necessarie a prevenire le prevedibili reazioni dell’animale”.
Nel caso di specie, tuttavia, il giudice di pace aveva escluso la responsabilità del padrone del cane, in quanto “al momento del fatto, l’animale era custodito dal di lui padre”.
Secondo la Corte, dunque, il giudice aveva “adeguatamente e logicamente evidenziato che, in relazione a quel periodo limitato della stagione, l’animale era effettivamente custodito da persona diversa dell’imputato il quale aveva perso qualsiasi potere di vigilanza e di controllo diretto sullo stesso, così da potersi affermare che in ossequio ai principi di auto responsabilità era il genitore dell’imputato a gestire l’animale e ad assumere ogni obbligo, anche precauzionale teso a impedire che l’animale potesse nuocere a terzi”.
In altri termini, secondo la Cassazione il Giudice di Pace aveva del tutto correttamente escluso la responsabilità penale dell’imputato, dal momento che, al momento del sinistro, egli non poteva essere considerato custode e responsabile del cane, il quale era stato affidato al padre dell’imputato stesso.
Per quanto concerne, invece, il capo di imputazione relativo al reato di minacce, la Corte osservava che il primo giudice aveva “del tutto omesso di procedere a qualsiasi motivazione in relazione al secondo capo di imputazione relativo al delitto di minaccia, pure procedibile in presenza di querela (…)” e, pertanto, era “incorso in vizio di totale omissione di motivazione sul punto”.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione riteneva di dover annullare la sentenza emanata dal Giudice di Pace, solo con riferimento alla statuizione relativa al reato di minacce, rinviando la causa al Giudice di Pace stesso, al fine di un nuovo esame sul punto.
Per quanto riguardava, invece, il reato di lesioni, la Corte confermava la sentenza di primo grado, rigettando il relativo motivo di ricorso.