Nel caso esaminato dalla Cassazione, il Giudice di pace di Mantova aveva condannato il proprietario di un cane per il reato di “lesioni colpose” (art. 590 c.p.), provocate ad un altro soggetto, il quale era stato morso dal cane d proprietà dell’imputato.
Nello specifico, l’imputato era stato condannato in quanto questi non avrebbe “adottato tutti gli accorgimenti atti a tenere sotto controllo il proprio cane pastore tedesco”, che era fuggito dall’abitazione dell’imputato e aveva aggredito il danneggiato, procurandogli diverse ferite ed escoriazioni, giudicate guaribili in sette giorni.
Ritenendo la decisione ingiusta, l’imputato aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.
Secondo il ricorrente, in particolare, il Giudice avrebbe errato nel pronunciare la sentenza di condanna, dal momento che il fatto si era verificato, il giorno di Natale, in una zona di campagna, in una strada sterrata solitamente non frequentata, verso l’imbrunire, “quando un gruppo di persone, tra cui la vittima, con cani al seguito, si sono avventurati a passeggio, così venendo ad introdurre un imprevedibile elemento di anomalia e di eccezionalità tale da interrompere, quale causa sopravvenuta, il nesso di causalità tra la contestazione di omessa vigilanza sul proprio cane da parte di B.T. e l'evento concretamente occorso”.
Secondo il ricorrente, inoltre, la persona offesa, passeggiando in campagna con il proprio cane, avrebbe “palesamente accettato il rischio dell'incontro con un altro cane, non essendo infrequente che in una casa in campagna vi sia un animale libero, anche solo temporaneamente”.
Di conseguenza, a detta del ricorrente, poiché la persona offesa avrebbe dovuto prevedere la possibilità di uno scontro fra cani, la stessa avrebbe dovuto effettuare una “manovra di retromarcia, non essendo peraltro obbligato il passaggio nei pressi dell'abitazione del ricorrente”.
La Corte di Cassazione, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione al ricorrente, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.
Osservava la Cassazione, infatti, che il Giudice di pace aveva del tutto correttamente ritenuto che, nel caso di specie, la condotta della persona offesa non avesse, né interrotto il nesso causale, né integrato un’ipotesi di “caso fortuito”.
Di conseguenza, a detta della Cassazione, il Giudice di pace aveva giustamente condannato l’imputato, il quale non aveva provveduto, come suo dovere, a custodire il proprio animale, onde evitare che questo aggredisse altre persone.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dall’imputato, confermando integralmente la sentenza impugnata e condannando il ricorrente anche al pagamento delle spese processuali.