L’
imputato ricorreva allora in Cassazione, lamentando, in particolare, l'insussistenza del reato sia dal punto di vista della
condotta, mancando la prova di una sofferenza fisica inflitta alla persona offesa, sia sotto il profilo del dolo generico, poiché egli - secondo la tesi difensiva - non intendeva colpirla, ma aveva reagito in maniera inconsulta all'azione della donna, la quale tentava di strappargli di mano un foglio, nel corso di un litigio tra i due.
Al limite, secondo il
ricorrente, si sarebbe configurata un’ipotesi di "
ingiuria reale", in presenza di un semplice contatto fisico e manifesto disprezzo e sofferenza morale.
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, ritenendolo inammissibile.
Alla luce del costante orientamento giurisprudenziale, correttamente richiamata dai giudici di appello, il termine "percuotere" di cui all'art. 581 c.p.p. non è assunto nel suo significato letterale di battere, colpire, picchiare, ma in quello più lato, comprensivo di ogni violenta manomissione dell'altrui persona fisica.
Al contrario, perché possa parlarsi di ingiuria reale, è necessario che le percosse manifestino una violenza di entità inavvertibile e simbolica, indice dell'esclusivo proposito di arrecare sofferenza morale o disprezzo.
La Corte, inoltre, richiama anche un proprio precedente, relativo ad un fatto simile, in occasione del quale aveva affermato che, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 581 c.p., nella nozione di percosse rientrano anche gli
schiaffi, in quanto intrinsecamente caratterizzati da energia fisica esercitata con violenza e direttamente sulla persona, purché non siano produttivi di malattia (ricadendosi in tal caso nel reato di lesioni) o non manifestino una violenza di entità inavvertibile e simbolica, indice dell'esclusivo proposito di arrecare sofferenza morale o disprezzo (in tale ipotesi configurandosi il reato di ingiuria c.d. reale): così Cass. 43316/2014.
Invece, secondo la Cassazione, la percossa - nello specifico, lo schiaffo -, per poter presentare il carattere dell'ingiuria reale, deve essere espressione di una violenza simbolica, costituita da leggero contatto fisico, e diretta, in modo palese, a manifestare disprezzo, evitando una sia pur minima sofferenza fisica, e manifestando l'esclusivo proposito di arrecare offesa morale.
Viceversa, nel caso oggetto della pronuncia risultava che l’imputato avesse assestato uno schiaffo sulla guancia sinistra della persona offesa; i giudici di merito avevano “ben chiarito i margini concreti di manifestazione violenta della condotta ascritta al ricorrente”, escludendo dunque che questa potesse rientrare nell’ingiuria reale.
In ordine alle conseguenze dello schiaffo (l’imputato sosteneva che non vi sarebbe stata prova di sofferenza fisica della persona offesa), la Corte ha precisato altresì che, poiché il reato di percosse è reato di mera condotta, è sufficiente l'idoneità dell'azione di violenta manomissione dell'altrui persona fisica a produrre un'apprezzabile sensazione dolorifica.
Non è, invece, necessario che tale sensazione di dolore si verifichi, ferma restando sempre la distinzione rispetto al reato di lesioni personali, che ricorre quando il soggetto attivo cagioni una lesione dalla quale derivi una malattia nel corpo o nella mente.