L’agente di riscossione proponeva ricorso per Cassazione, deducendo, tra gli altri motivi, la violazione dell’art. 112 del c.p.c., relativamente all’art. 360, primo comma, n.4 c.p.c., avendo, la CTR, omesso di pronunciare sul rilievo che il contribuente aveva presentato domanda di rateazione in relazione alla cartella di pagamento; condotta ritenuta dal ricorrente incompatibile con la volontà di opporsi alle pretese tributarie stesse. Ancora, su tale ultimo punto, il ricorrente deduceva, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Il Supremo Consesso, investito della questione, ha ritenuto tali doglianze inammissibili. Ha rilevato, anzitutto, la carenza di detti motivi sotto il profilo dell’autosufficienza, attesa l’assenza nel ricorso “degli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito […]”, dovendo il ricorrente indicare analiticamente, “[…] oltre il luogo in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso si fonda mediante riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura […]” (Cass. Sez. Un., n. 5698/2012).
Nel caso di specie, il ricorrente non “riportava”, direttamente o indirettamente, la domanda di rateazione e non indicava, oltremodo, il luogo della produzione. La Commissione tributaria regionale, inoltre, si era pronunciata sull’eccezione riguardante la domanda di rateazione. Essa, invero, aveva precisato che: “[…] la conoscibilità della cartella deve avvenire nelle forme prescritte dalla legge, essendo irrilevante che la società ne possa avere avuto conoscenza al di fuori della prescritta notifica, essendo la stessa presupposto per l’instaurazione di un corretto contraddittorio”.
Il Supremo Consesso ha concluso richiamando l’indirizzo di legittimità dominante in materia (Cass. n. 3347/2017), e confermando, peraltro, la posizione presa dalla CTR: “In materia tributaria, non costituisce acquiescenza, da parte del contribuente, l’aver chiesto ed ottenuto, senza alcuna riserva, la rateizzazione degli importi indicati nella cartella di pagamento, atteso che non può attribuirsi al puro e semplice riconoscimento d’essere tenuto al pagamento di un tributo, contenuto in atti della procedura di accertamento e di riscossione (denunce, adesioni, pagamenti, domande di rateizzazione o di altri benefici), l’effetto di precludere ogni contestazione in ordine all’”an debeatur”, salvo che non siano scaduti i termini di impugnazione e non possa considerarsi estinto il rapporto tributario”.