La questione sottoposta al vaglio degli Ermellini era nata in seguito alla sentenza con cui la Corte d’Appello aveva confermato la pronuncia emessa dal giudice di prime cure, la quale, su domanda della banca creditrice della de cuius, aveva accertato che il convenuto, successibile ex lege della dante causa, aveva compiuto degli atti che comportavano un’accettazione tacita dell’eredità materna.
La Corte territoriale ha, innanzitutto, condiviso la tesi del Tribunale per cui il compimento di una voltura catastale in relazione a degli immobili compresi nell’asse ereditario, comportava un’accettazione tacita dell’eredità. Oltre a ciò, gli stessi Giudici d’appello evidenziavano come il convenuto avesse trasferito la propria residenza in un alloggio caduto in successione, sostenendo anche i relativi oneri condominiali.
L’originario convenuto, presunto erede, rimasto soccombente all’esito di entrambi i gradi del giudizio di merito, decideva di ricorrere dinanzi alla Corte di Cassazione censurando, da un lato, la tesi, fatta propria dalla Corte d’Appello, secondo cui la voltura catastale di un immobile ereditario costituiva un atto di accettazione tacita dell’eredità, e, dall’altro, la ricostruzione dei fatti, proposta con la sentenza di secondo grado, in ordine alla propria immissione nel possesso di un immobile ereditario, al pagamento dei relativi oneri condominiali, nonché al trasferimento della propria residenza anagrafica.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso.
Gli Ermellini hanno evidenziato come, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, “l’accettazione tacita di eredità, che si ha quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone la sua volontà di accettare e che non avrebbe diritto di compiere se non nella qualità di erede, può essere desunta anche dal comportamento del chiamato, che abbia posto in essere una serie di atti incompatibili con la volontà di rinunciare o che siano concludenti e significativi della volontà di accettare; ne consegue che, mentre sono inidonei allo scopo gli atti di natura meramente fiscale, come la denuncia di successione, l'accettazione tacita può essere desunta dal compimento di atti che siano al contempo fiscali e civili, come la voltura catastale, che rileva non solo dal punto di vista tributario, ma anche da quello civile” (Cass. Civ., n. 22317/2014; Cass. Civ., n. 10796/2009).
Peraltro, “l’indagine relativa all’esistenza o meno di un comportamento qualificabile in termini di accettazione tacita, risolvendosi in un accertamento di fatto, va condotta dal giudice di merito caso per caso (in considerazione delle peculiarità di ogni singola fattispecie, e tenendo conto di molteplici fattori, tra cui quelli della natura e dell’importanza, oltreché della finalità, degli atti di gestione), e non è censurabile in sede di legittimità, purché la relativa motivazione risulti immune da vizi logici o da errori di diritto” (Cass. Civ., n, 12753/1999).
Alla luce di tali principi, dunque, la Cassazione, nel rigettare le doglianze avanzate dal ricorrente, non ha potuto far altro che evidenziare come, in realtà, i Giudici di merito non abbiano fatto discendere l’esistenza di un’accettazione tacita di eredità dal solo compimento di una voltura catastale, avendo considerato complessivamente tutte le circostanze di causa, ponendo l’accento, in particolare, sul fatto che il chiamato all’eredità vivesse nell’immobile ereditario e che avesse pagato i relativi oneri condominiali.