La pronunzia in esame della Corte di Cassazione, pertanto, ricapitola quanto già affermato dal legislatore all'interno del codice civile.
In particolare, all' art. 476 del c.c., si afferma che "L'accettazione è tacita quando il chiamato all'eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede".
Sulla scia della giurisprudenza maggioritaria, la sentenza in esame afferma che, al fine di aversi accettazione tacita dell'eredità (ex art. 476 c.c.), è necessaria la presenza di due diverse condizioni: la qualità di erede del soggetto che si occupa successivamente dell'asse ereditario (solo l'erede ha legittimazione piena ad accettare l'eredità); ovvero, il compimento di un attività materiale presupponente la intrinseca volontà di accettare (Cass. civ., sez. II, 7 luglio 1999, n. 7075; conf. Cass. civ., sez. II, 11 maggio 2009, n. 10796),
Così che, il comportamento materiale dell'erede idoneo ad acclarare la sua intrinseca volontà di accettare può consistere anche nell'adempimento di prestazioni di natura fiscale e tributaria relative ai beni facenti parte del lascito ereditario, attraverso cui egli porta a compimento la manutenzione e la cura del lascito in luogo del soggetto de cuius, quale originario proprietario (si pensi, ad esempio, all'attività di voltura catastale, attraverso cui il l'erede accettante, in qualità di futuro proprietario, si occupa dell'accertamento della proprietà immobiliare, curandone interamente i passaggi burocratici).
Non manifesta, dunque, l'intenzione tacita del soggetto chiamato di accettare l'eredità l'attività di concessione d'ipoteca su uno dei beni compresi nell'eredità, non essendo questa espressiva, secondo l'orientamento dominante, della volontà di divenire erede (Cass. civ., sez. VI-2, 1° marzo 2021, n. 5569): difatti la mera attività di concessione di ipoteca indica la sola intenzione del soggetto di finanziare le proprie attività economiche, e non quella di divenire titolare del bene immobile oggetto del cespite ereditario.
A contrario, è da considerarsi manifestazione tacita di accettazione dell'eredità la dichiarazione di volontà circa la cessione a terzi della proprietà del bene appartenente all'asse ereditario: ciò in quanto l'aspirante erede si comporta in qualità di proprietario, mostrando così la volontà di traslare la proprietà della res oggetto di eredità all'interno della propria sfera patrimoniale (Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1999, n. 2663).
La sentenza in esame, dunque, conclude affermando la necessità di accertare, caso per caso, la volontà intrinseca dell'erede di divenire proprietario del bene appartenente all'asse ereditario, sulla base delle circostanze di fatto che caratterizzano il rapporto tra il titolare della qualità di erede e la cosa appartenente all'eredità giacente.