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Garanzia per i vizi della cosa venduta: le precisazioni della Corte di Cassazione

Garanzia per i vizi della cosa venduta: le precisazioni della Corte di Cassazione
Secondo la Cassazione, la garanzia per i vizi della cosa venduta non opera quando viene acquistato un appartamento facente parte di un edificio molto vecchio e mal conservato.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24343 del 16 ottobre 2017, ha fornito alcune interessanti precisazioni in tema di garanzia per i vizi della cosa venduta (art. 1490 c.c.).

Nel caso esaminato dalla Cassazione, un soggetto aveva agito in giudizio nei confronti di altri due individui, dai quali aveva acquistato un appartamento posto al terzo piano di un fabbricato.
L’appartamento, infatti, poco dopo l’acquisto, aveva manifestato la sussistenza di vizi che, al momento della vendita, erano stati taciuti all’acquirente e che non erano dallo stesso nemmeno facilmente riconoscibili.

Nello specifico, il compratore aveva rilevato che, probabilmente a causa di infiltrazioni d’acqua, una parte della copertura del fabbricato si era staccata e i muri dell’appartamento erano stati interessati da notevoli infiltrazioni di umidità.
Di conseguenza, l’acquirente dell’appartamento si era rivolto al Tribunale, al fine di ottenere la condanna dei venditori alla restituzione di una parte del prezzo di acquisto, “nella misura necessaria all'esecuzione dei lavori occorrenti per eliminare i vizi, oltre ai danni”.

I venditori avevano contestato la domanda proposta nei loro confronti, evidenziando che l’appartamento si trovava in un fabbricato risalente agli anni ’60, il quale, dunque, era stato realizzato con le tecniche costruttive del tempo. Inoltre, sottolineavano che al momento dell’acquisto, l’appartamento si trovava “in precarie condizioni di manutenzione” e che l’acquirenteaveva più volte visionato l'appartamento prima di comprarlo”.
Precisavano, ancora, che il prezzo di acquisto dell’appartamento “era stato pattuito tenendo conto di tali condizioni” e che gli inconvenienti che si erano verificati “erano riconducibili ad eventi atmosferici di eccezionale gravità ed alla omessa e carente manutenzione da parte del condominio”.

Il Tribunale di Pisa, pronunciatosi in primo grado, aveva accolto la domanda del compratore, ma la sentenza era stata riformata dalla Corte d’appello di Firenze, la quale aveva rigettato le pretese dell'acquirente.
Secondo la Corte d’appello, infatti, i vizi lamentati dal compratore non potevano essere considerati dei “vizi occulti rilevanti”, in quanto riconducibili alle tecniche con cui era stato costruito il fabbricato negli anni ’60, nonché alla mancanza di manutenzione del terrazzo.
Precisava, in proposito, che non si può parlare di “vizio occulto” in presenza di “carenze del fabbricato riconducibili alla vetustà oppure a criteri di costruzione propri di altra epoca ad oggi superati”.
In tal caso, infatti, secondo la Corte, può parlarsi unicamente “di caratteristiche non positive dell'immobile che influiscono solo sul suo valore commerciale”.

Ritenendo la decisione ingiusta, il compratore aveva deciso di rivolgersi alla Corte di Cassazione, nella speranza di ottenere l’annullamento della sentenza sfavorevole.

La Suprema Corte, tuttavia, non riteneva di poter dar ragione al compratore, rigettando il relativo ricorso, in quanto infondato.
Rilevava la Cassazione, infatti, che in caso di vendita di un bene facente parte di un condominio di “di costruzione molto risalente nel tempo, i difetti materiali conseguenti al concreto ed accertato stato di vetustà ovvero alla risalenza nel tempo delle tecniche costruttive utilizzate, non integrano un vizio rilevante ai fini previsti dall'art. 1490 c.c.”.
Precisava la Cassazione, in particolare, che la garanzia per i vizi del bene venduto è esclusa tutte le volte in cui, ai sensi dell'art. 1491 del c.c., il vizio sia “facilmente riconoscibile, salvo che, in quest'ultimo caso, il venditore non abbia dichiarato che la cosa era immune da vizi”.
Nel caso di specie, invece, la Corte d’appello aveva, del tutto adeguatamente, accertato che i venditori non avevano in alcun modo assicurato l’inesistenza dei vizi, poi riscontrati, e che l’appartamento in questione “si trovava in condizioni materiali tali (...) che la compratrice avrebbe dovuto attentamente esaminarlo (…) onde riscontrarne, se non i vizi che si sono in seguito manifestati, quanto meno le cause della loro possibile verificazione”.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso proposto dall’acquirente dell’immobile, confermando integralmente la sentenza impugnata e condannando il ricorrente anche al pagamento della spese processuali.


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