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Assegnazione casa familiare: può incidere sul mantenimento

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Assegnazione casa familiare: può incidere sul mantenimento
Per la Cassazione l’assegnazione della casa ha un innegabile risvolto economico che può determinare la revisione dell’assegno.
L’assegnazione della casa familiare è un istituto previsto dall’art. 337 sexies del c.c. volto a tutelare la prole nella fase della dissoluzione del nucleo familiare d’origine.
La norma citata, infatti, prevede che “il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli”, con lo scopo di assicurare proprio a questi ultimi una speciale protezione, consentendo loro di continuare a permanere, insieme al genitore affidatario o collocatario, nell’ambiente domestico in cui sono cresciuti senza essere sottoposti all’ulteriore trauma del distacco dal loro habitat, inteso come centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini.
Proprio in considerazione di tale ratio protettiva, per pacifica giurisprudenza, il provvedimento di assegnazione della casa coniugale in sede di separazione e divorzio è subordinato alla presenza di figli conviventi (minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti).

Tanto introduttivamente chiarito, occorre segnalare che a lungo ci si è chiesti se il provvedimento di assegnazione della casa familiare, avendo un risvolto economico a vantaggio del genitore collocatario, possa essere tenuto in considerazione dal giudice ai fini della revisione dell’assegno di mantenimento.
Ebbene, proprio su tale questione è intervenuta di recente la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 33606 del 11 novembre 2021. A riguardo, il Supremo Collegio ha affermato espressamente che l’assegnazione della casa familiare è un provvedimento distinto da quelli strettamente economici disposto in considerazione delle esigenze della prole e tuttavia essa ha una grande importanza economica in quanto “incide sulla disponibilità di un cespite suscettibile di essere utilizzato direttamente, con risparmio di risorse, o di generare un reddito attraverso atti di disposizione negoziale”. Laddove il genitore collocatario non fosse assegnatario della casa familiare, infatti, egli sarebbe costretto ad adibire a propria abitazione un altro immobile già di proprietà oppure a procurarsi un nuovo alloggio con l’esborso di notevoli somme di denaro, somme che restano invece nella sua disponibilità grazie al provvedimento di assegnazione della casa familiare.
Ciò deve dunque essere tenuto in specifica considerazione – secondo la Corte – nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, come il secondo periodo dell’art. 337 sexies c.c. peraltro impone espressamente.
Ne discende che, nel caso in cui l’ammontare dell’assegno di mantenimento che il genitore proprietario della casa familiare deve corrispondere all’altro sia stato fissato senza che la casa familiare fosse assegnata a quest’ultimo, l’eventuale successivo provvedimento di assegnazione della casa familiare, emesso in favore del genitore beneficiario dell’assegno, ne giustifica la revisione.

La vicenda oggetto della recente ordinanza, in particolare, riguardava l’affidamento di due minori.
Il Tribunale, nello specifico, aveva preso atto degli accordi provvisori intervenuti tra i genitori e aveva così disposto l’affidamento e il collocamento dei minori presso la madre e l’assegnazione a quest’ultima della casa familiare, ponendo in capo al padre l’obbligo di versare mensilmente la somma di euro 750,00 oltre al 50% delle spese straordinarie.
Circa un anno più tardi, lo stesso Tribunale, esperita una consulenza tecnica, aveva disposto l’affidamento congiunto a entrambi i genitori, con collocamento paritario e alternato. Con tale decreto, inoltre, il Tribunale aveva revocato l’assegnazione della casa familiare alla madre, riducendo altresì il contributo paterno al mantenimento ad euro 350,00, oltre al 50% delle spese straordinarie.
Avverso tale decreto la madre aveva allora proposto reclamo e la Corte d’appello l’aveva accolto, disponendo il collocamento prevalente dei figli presso la madre, cui assegnava la casa familiare.
Il padre aveva dunque proposto ricorso per Cassazione, dolendosi dell’erroneità della sentenza di seconde cure – limitatamente a quanto qui di interesse – nella parte in cui, pur mantenendo l’affidamento congiunto dei figli ad entrambi i genitori, aveva immotivatamente revocato il regime alternato e disposto l’assegnazione della casa familiare alla madre nonché nella parte in cui aveva comunque confermato l’obbligo del padre di versare la somma di euro 300,00 mensili.
La Corte di Cassazione, nel ritenere fondata questa ultima censura cassando la sentenza d’appello con rinvio, ha dunque svolto le importanti precisazioni di cui si è dato conto.


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